RICORDIAMO IL PROFESSOR MANLIO BRIGAGLIA A DUE ANNI DALLA SCOMPARSA (10 MAGGIO 2018): PROFESSORE CARISMATICO E MAESTRO MAIEUTA

Foto di Giovanni Giovannetti. Pavia, Università degli Studi, anni Novanta. Il professor Brigaglia con Paolo Pulina.

di PAOLO PULINA

Il 10 maggio 2020 ricorre il secondo anniversario della scomparsa del professor Manlio Brigaglia. In questi due anni le comunità alle quali era più legato – Sassari in primo luogo, dove aveva trascorso tutta la vita, Tempio e Arzachena, dove affondava le radici la sua famiglia, Santa Teresa, dove trascorreva le vacanze con la moglie – si sono impegnate nel rievocare e fare onore a una personalità così ricca e sfaccettata.

E altre manifestazioni sono in programma: è solo rimandata causa epidemia la presentazione agli studenti del liceo di Sassari “Azuni” della seconda edizione di un originale libretto di istruzioni per la maturità che aveva regalato a suo tempo ai suoi allievi; le istituzioni culturali, dal canto loro, dovranno approfondire in appositi convegni i risvolti delle sue attività fondamentali: di storico, di giornalista, di “facitore di libri” come amava chiamarsi.

“Tottus in Pari” contribuisce a questo lavoro di rievocazione e di approfondimento pubblicando gli interventi di Salvatore Tola e di Paolo Pulina, che del professore sono stati allievi (il primo fuori dalla scuola, il secondo proprio all’“Azuni”, per tre anni); e il testo della bella intervista televisiva intitolata “Ottanta anni di storie” che il giornalista della Rai Tonino Oppes gli fece all’ottantesimo compleanno (2009).      

   

La seconda edizione (novembre 2019), nella  “Piccola collana di memorie” diretta da Salvatore Tola, di Tempo d’esami. Qualche consiglio per andare a fare la maturità e l’abilitazione («librino» del prof. Manlio Brigaglia pubblicato la prima volta nel giugno 1967), riporta un mio ricordo del professore.

Con questo scritto ho voluto testimoniare la sua “magistrale” capacità di insegnante nei tre anni che la mia classe lo ha avuto come docente di Italiano nel Liceo “Domenico Alberto Azuni” di Sassari a metà degli anni Sessanta del Novecento.

Brigaglia, Professore carismatico.Ho usato l’aggettivo “magistrale” per qualificare la sua competenza pedagogica “da maestro”, in quanto “padrone” indiscusso della materia del cui insegnamento ex cathedra era titolare ma anche in quanto esperto conoscitore dei meccanismi attraverso i quali riuscire ad interessare ad essa i propri allievi. Cosciente di questo suo carisma, il professore amava ripetere sempre con divertimento il concetto che, dato il fatto che generazioni e generazioni di studenti di Sassari e dei paesi intorno erano stati alunni suoi o di sua moglie, erano comunque non molti quelli che, non essendolo stati, non sapevano che cosa si erano persi…

La premessa della battuta gli serviva anche per amichevolmente ironizzare su chi, come me, nelle proprie note biografiche specificava di essere stato alunno del prof. Brigaglia (e lui ridendo immancabilmente commentava: «sì, uno dei diecimila e più»…). Ovviamente con quella formula io ho sempre inteso significare che ho cercato di fare tesoro dell’insegnamento erga omnes impartitoci dal professore nelle sue ore di lezione (essendo nato in una famiglia di pastori, sono stato il primo a fruire dell’istruzione oltre le elementari e non volevo certo perdere l’occasione dell’adempimento puntuale dei doveri scolastici se volevo salire su quello che viene chiamato l’“ascensore sociale” …).

Il mio impegno scolastico coronato da ottimi voti, anche in Italiano, alla fine della seconda Liceo, e qualche scritto giornalistico per la “Pagina dei giovani” curata da Alberto Pinna per il quotidiano “La Nuova Sardegna” furono sicuramente alla base della decisione del professore di convocarmi a Sassari, agli inizi delle vacanze dell’ estate 1966, con una lettera (a casa non avevamo certo il telefono …) che mi fu consegnata da mia madre mentre zappettavo nella vigna che avevamo nella campagna di “Codinattu” (altro “passatempo” rurale era quello di fare la guardia ai maiali per evitare che prendessero il largo dopo che li avevo portati ad abbeverarsi…).

Foto di Enzo Cugusi. Olbia, stazione marittima, 23 novembre 2002, convegno della F.A.S.I., “Per cielo, per mare e per terra. Diritto alla continuità territoriale e alla mobilità per la Sardegna”.

Il professore mi parlò del bando del Premio “Ozieri” che per l’ edizione 1966 prevedeva un riconoscimento anche economico per un’opera di saggistica su “La vita economica e sociale della Sardegna nella poesia dialettale” ed io, sardofono, avrei potuto indagare le poesie in limba pubblicate sul quotidiano “La Nuova Sardegna”, sulla rivista “S’Ischiglia” e quelle  premiate nelle precedenti dieci edizioni dell’ “Ozieri” per verificare il “rispecchiamento” che i temi del Piano di Rinascita avevano avuto in esse negli anni 1963-1965 (naturalmente dovevo partire dalla base documentaria costituita dagli accadimenti più significativi verificatisi nell’isola nei tre anni presi in esame e registrati dal quotidiano).

Fui lusingato dal fatto che il professore avesse scelto me per un lavoro così impegnativo, ma da giovane non ancora diciottenne, afflitto da timidezza (e da una maledetta acne che non aiutava certo a superare il problema…) e timoroso di non essere all’altezza dell’incarico, manifestai le mie resistenze ma, alla fine, incoraggiato dal professore e confortato dalla sua fiducia, accettai di mettermi alla prova.

Le difficoltà della raccolta dei dati – a causa della chiusura, durante il periodo estivo, anche delle biblioteche maggiori – furono superate: il professore mi venne in aiuto facendomi aprire le porte dell’archivio della “Nuova Sardegna” (non avrei potuto altrimenti né riassumere i fatti della cronistoria né schedare le poesie pubblicate) e mettendomi a disposizione a casa sua, a Sassari, in via Marsiglia 34, le raccolte poetiche in lingua sarda degli autori contemporanei e le riviste che avevano affrontato il tema del ruolo della poesia in limba nella società isolana (“Ichnusa”, “Il Democratico”, di cui il professore possedeva l’ intera collezione rilegata).

Sudando le classiche quattro camicie (non solo per il caldo di stagione!), riuscii a completare, in due mesi di intenso lavoro – giugno e luglio 1966 – un saggio di 123 pagine dattiloscritte che la giuria non ritenne che meritasse il premio in denaro ma che fu comunque dichiarato degno di una “segnalazione speciale” e del premio di un artistico bronzetto sardo.

La frequentazione extrascolastica mi permise di conoscere, stazionando per la mia ricerca nella sua stessa “officina”, i molteplici temi e i ritmi straordinari dell’infaticabile lavoro pubblicistico del professore. Interrompeva la stesura di un saggio complesso e in 20-30 minuti dattiloscriveva uno dei suoi pezzi di due intere colonne che uscivano su “L’ Unione Sarda”; non c’era bisogno di correggere niente: quelle “cartelle” erano già pronte per essere ritirate da un addetto della redazione sassarese del quotidiano cagliaritano, che poi provvedeva alla dettatura ai dimafonisti  (il fax doveva ancora arrivare …) o alla spedizione in treno “fuori sacco” per gli scritti meno urgenti.

Alla ripresa dell’anno scolastico e dei campionati dei calciatori dilettanti mi chiese di collaborare con il giornale del lunedì, “La Gazzetta Sarda”, che lui con pochi altri confezionava la domenica pomeriggio: dovevo dettare al telefono la cronaca delle partite della squadra di calcio, la “Publium”, del mio paese, Ploaghe. Durante la terza Liceo, anni 1966-1967, per “La Gazzetta” curai questi resoconti calcistici e scrissi anche qualche “pezzo” su argomenti culturali, continuando la collaborazione con la citata “Pagina dei giovani” e cominciando quella con la rivista giovanile di discussione degli studenti del Liceo intitolata “Iniziativa” (sponsor non solo culturali tre “maestri”: Antonio Pigliaru, Giuseppe Melis Bassu e, ça va sans dire, il prof. Brigaglia).

Un mio lungo intervento sugli studenti pendolari, pubblicato su “Iniziativa 3”, maggio-giugno 1967, uscì funestato da parecchi errori di stampa. Colpa mia, ancora digiuno della tecnica di segnalazione delle correzioni delle bozze, da non farsi nel corpo del testo ma al di fuori di esso con l’uso dei diversi segni identificativi. Il prof. Brigaglia mi è stato maestro anche in questo fondamentale lavoro di precisione redazionale e l’allenamento cui mi sottopose per esercitarmi (bozze di suoi saggi, di indice dei nomi di qualche suo libro; bozze di articoli per il primo numero della rivista “Autonomia cronache” da lui diretta) mi è stato prezioso, perché, dopo il mio trasferimento a Milano per frequentarvi la Facoltà di Lettere dell’Università Statale, mi ha consentito di ottenere lavori di correzione di bozze presso le redazioni delle più importanti case editrici e di guadagnare qualche lira…

Subito dopo l’esito eccellente della maturità, il professore mi aveva detto che – se avessi voluto rimanere a Sassari – si poteva impegnare a trovarmi qualche iniziale lavoretto giornalistico. Ma la mia scelta era da tempo orientata verso la Facoltà di Lettere e a Sassari questa non c’era. Da Milano non smisi certo di tenere informato il professore-maestro sulle mie nuove esperienze, sui sessantotteschi «astratti furori» (l’espressione è mutuata da Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini). Mi commissionò uno scritto per “Autonomia cronache” n. 2 (marzo 1968). Mi invitò a scrivere su “Ichnusa”, terza serie (il n. 1 è datato marzo-aprile 1982); la mia raccolta di testimonianze di emigrati sardi pubblicata dal quotidiano di Pavia “La Provincia Pavese” in vista del quarto Congresso dei Circoli della Lega Sarda tenuto a Pavia il 15 e 16 novembre 1986, ripresa integralmente da “Ichnusa”, mi fruttò il premio “Iglesias” di giornalismo sezione Emigrati, edizione 1986.

Mi chiese una scheda sulla Bibliografia sarda del Ciasca, per il volume Tutti i libri della Sardegna (1989); alcune schede per l’edizione speciale de La Grande Enciclopedia della Sardegna di Francesco Floris, uscita in abbinamento al quotidiano “La Nuova Sardegna” nel 2007; la compilazione delle voci “Ploaghe” e “Logudoro” per il Dizionario storico-geografico dei comuni della Sardegna, curato dal professore e da Salvatore Tola (Sassari, 2006-2009).

Il professore ha scritto la prefazione a due mie raccolte di articoli (Ploaghe e Santa Giuletta, cultura di paese e dintorni, 1984; Ploaghe, Sardegna, Gramsci e altri temi, 1989), al mio libro Su Ploaghe (2010) e mi ha sempre incoraggiato ad approfondire la conoscenza delle personalità ploaghesi (a partire da Giovanni Spano: si veda il suo saggio introduttivo al volume Il tesoro del canonico: vita, opere e virtù di Giovanni Spano, 1803-1878,curato da me e da Salvatore Tola nel 2005 per l’editore Delfino).

Manlio Brigaglia con la moglie Marisa Buonajuto

Da parte mia, ricambiavo dal 1974 da Pavia con ricerche bibliografiche, con invio di libri di e su Gianni Brera, con notizie sulla diffusione delle opere e del pensiero di Gramsci nel mondo (la mia tesi di laurea con il prof. Franco Fergnani è intitolata “La ricezione di Gramsci in Francia”), con inviti a tenere conferenze nei Circoli  degli emigrati sardi della F.A.S.I. (Federazione delle 70 Associazioni Sarde in Italia); di quest’ultima sua esperienza il professore racconta nella Prefazione al volume di Gianni De Candia, Sardegna: la grande diaspora: memorie e ricordi dei 40 anni della cooperativa “Messaggero sardo”, 1974-2014 (dal 1985 la mia firma si affiancò a quelle autorevoli, già presenti da anni,  del professore e di Salvatore Tola sulle pagine del mensile “Il Messaggero sardo”).

Chiudo con qualche aneddoto. Ricordo che arrossii come un peperone per due strafalcioni. Una volta, rivolgendosi alla classe, il professore chiese: «Come si chiama una strofa formata da una coppia di due versi?». La risposta era evidentemente “distico” e non “binario”, suggeritami probabilmente, come fece notare (simpaticamente, oggi nel ricordo; allora avrei voluto nascondermi) davanti a tutti il professore, dai miei viaggi quotidiani in treno sulla tratta Ploaghe-Sassari.

In prima Liceo, in un tema, l’abitudine non ancora superata all’uso dei “paroloni” mi fece scrivere “subliminale” invece che “sublime”, di uguale radice etimologica ma non proprio del medesimo significato.

Una tirata di orecchi mi fu riservata giustamente la volta che inviai per fax a “L’Unione Sarda” il ricordo che il professore mi aveva chiesto su Gianni Brera e la Sardegna (il famoso giornalista e scrittore, come si sa, è morto in un incidente stradale il 19 dicembre 1992). Scrivevo allora con la Olivetti lettera 32 ma non avevo calcolato che il nastro usurato non aveva inchiostrato a sufficienza il foglio e quindi il testo non era perfettamente leggibile da chi l’aveva ricevuto. Il professore ottenne che dalla redazione mi telefonassero e che io dettassi al dimafonista. Solo che, nell’incipit, «Sia chiaro subito, questo è un ricordo di Gianni Brera dalla parte di un sardo della diaspora», le ultime due parole sul giornale diventarono «della via Aspola» (!?!). Il professore mi trasmise via fax l’articolo mettendo in evidenza il refuso sesquipedale (avrebbe detto Brera) e invitandomi sarcasticamente a cambiare al più presto la macchina per scrivere «da terzo mondo».

Maestro nell’arte maieutica il prof. Brigaglia, dunque. Presentandomi a qualcuno non mancava di sottolineare il suo successo: «A Pulina ho detto in prima Liceo: “Se seguirai i miei consigli, vedrai che io nello scritto di Italiano ti porto dal sei al dieci”. E così è stato, hai visto, anche nel voto finale alla maturità». Il maestro-maieuta non si offendeva se timidamente io commentavo: «Professo’, qualche merito lo avrò avuto anche io!».

Paolo Pulina  Nato a Ploaghe nel 1948. Laureato in Lettere Moderne nell’Università Statale di Milano, risiede dal 1974 nell’Oltrepò pavese. Giornalista pubblicista dal 1982. Negli anni 1977-2011 funzionario dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Pavia. Dal 1996 vicepresidente del Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia. Dal 2002 componente del Comitato Esecutivo nazionale della Federazione delle 70 Associazioni Sarde in Italia (F.A.S.I.), di cui dal 2016 è uno dei due vicepresidenti con incarichi nei settori Attività culturali e Informazione e Comunicazione.

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4 commenti

  1. Belle testimonianze. Le ho lette con grande piacere. Complimenti a tutti.

  2. Mario Liccardi

    Quasi una relazione simbiotica fra te, uomo di mondo che dall’isola sei approdato in Lombardia, e Brigaglia, rimasto per tutta la vita nella sua Sardegna. Articolo interessante che rivela la profonda stima e rispetto che avevate l’uno per l’altro.

  3. virgilio mazzei

    Manlio Brigaglia si aggiunge al lungo elenco delle persone che hanno dato lustro alla Sardegna.
    Sento di dovermi complimentare con coloro che lo hanno voluto ricordare con le loro testimonianze a due anni dalla scomparsa di questo nobile cittadino sardo.
    Ho di lui un ottimo ricordo perchè ho avuto l’onore di conoscerlo persinalmente in occasione di una cena a Trinità d’Agultu, in occasione di una anifestazione culturale. E’ stato un piacevole momento. Era mio coetaneo e per di più un gallurese come me.

  4. Grazie mille caro Paolo anche a nome degli amici del Premio Ozieri
    Attilio Mastino

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