LE “CANNE AL VENTO” NEL CUORE DELLA BARONIA: GALTELLI’ L’ANTICO BORGO MEDIEVALE CORNICE DEL ROMANZO DI GRAZIA DELEDDA

scorcio di Galtellì

di ROBERTA CARBONI

Nel cuore della Baronia, adagiato ai piedi del monte Tuttavista e bagnato dalle acque del fiume Cedrino, esiste un borgo medievale di grande bellezza, scelto da Grazia Deledda come cornice narrativa del suo romanzo “Canne al Vento”.

“Ecco ad un tratto la valle aprirsi e sulla cima a picco di una collina simile ad un enorme cumulo di ruderi, apparire le rovine del castello. L ‘occhio stesso del passato guarda il panorama melanconico, roseo di sole nascente, la pianura ondulata con le macchie grigie delle sabbie e le macchie giallognole dei giuncheti, la vena verdastra del fiume, i paesetti bianchi col campanile in mezzo come il pistillo nel fiore”.

Abitato sin dall’epoca preistorica, come testimoniano alcune domus de janas e nuraghi presenti nel territorio, tra cui Tanch’e Gaia, Zirodda, Gardu, Muru e Monticheddu, Galtellì divenne un fiorente borgo in epoca medievale, anche grazie alla presenza della diocesi, facendo parte del Giudicato di Gallura prima e, in alcuni momenti, di quello di Arborea.

Nel periodo di massima fioritura del borgo, durante l’epoca giudicale, Galtellì faceva parte della curatoria di Orosei, diventandone il centro più importante. A testimoniare questa fase restano ancora oggi i ruderi del castello di Pontes, edificato nell’XI secolo sul monte Tuttavista con lo scopo di difendere il confine meridionale del Giudicato di Gallura, sfruttando una preesistente fortificazione romana.

Nel 1296 con la morte dell’ultimo giudice di Gallura Nino Visconti – il “Nin gentile” della Divina Commedia – il territorio venne affidato al controllo della Repubblica Marinara di Pisa, che già dal 1258 aveva preso possesso della città di Cagliari.

Con il passaggio dalla dominazione pisana a quella aragonese dell’isola, il borgo attraversò un periodo di resistenza al cambio di governo, non riconoscendo l’autorità spagnola. Per quasi dieci anni, dunque, fino al 1333, il borgo resistette ad un feroce assedio, per poi piegarsi al governo d’Aragona.

Gli aragonesi ampliarono la fortificazione del castello, e nel corso delle guerre tra Aragona e Arborea la sua funzione difensiva giocò un ruolo fondamentale. Dopo la Battaglia di Sanluri, a termine della guerra sardo-catalana, Galtellì e il suo castello furono sottomessi al controllo della corona.

Preda per un secolo di baroni forestieri, divenne nel 1459 feudo dei baroni locali Guiso. Nel 1495 la Diocesi di Galtellì fu accorpata a quella di Cagliari a seguito di una bolla emanata da papa Alessandro VI e, nel 1808 il borgo diviene libero comune. 

Nel 1996 il comune di Galtellì ha istituito il Parco Letterario intitolato alla scrittrice nuorese Premio Nobel per la Letteratura 1926 Grazia Deledda, che proprio qui decise di ambientare il suo romanzo più celebre, “Canne al vento”. Nell’opera Galtellì è citato con il nome di Galte ed è descritto dalla Deledda con dovizia di particolari che permettono ancora oggi, a chiunque ne percorra le strette strade acciottolate, di vivere le atmosfere fiabesche del romanzo.

Il romanzo racconta la storia delle tre sorelle Pintor, Ruth, Ester e Noemi, rimaste sole dopo la morte del padre don Zanne. Ad occuparsi di loro è Efix, il vecchio servo del padre che, avendo assassinato il padrone, divorato dal senso di colpa, non riesce a darsi pace e dedica la vita a proteggere le tre donne.

La storia ha come sfondo naturale l’immagine delle canne che frusciano, mormorano e sospirano, quasi volessero comunicare qualcosa ai personaggi.  L’omicidio non punito dalla giustizia umana e che genera una sorta di dannazione in terra, e un tema ricorrente nelle leggende popolari sarde e nella poetica deleddiana.

Tutto è vissuto con la consapevolezza dell’affanno, con l’importanza dell’espiazione che risulta la sola cura contro il dolore derivato dalla colpa. L’essere umano è fragile, sospinto dalla sorte che scuote la sua esistenza.

“Siamo proprio come canne al vento, donna Ester mia. Ecco perchè! Siamo canne, e la sorte è il vento”.

Nel cuore del paese, tra le strette viuzze acciottolate popolate dal silenzio, sorgono alcuni monumenti degni di nota. Tra questi la chiesa del Santissimo Crocifisso, costruita nel XVI secolo, che conserva al suo interno una statua lignea trecentesca del Cristo, e la chiesa di Santa Croce, anch’essa del XVI secolo, oratorio dell’omonima confraternita. A poca distanza si trova la Chiesa seicentesca della Beata Vergine Assunta, di fronte alla quale si trovano i resti del Convento dei frati Mercedari.

Merita una visita approfondita il Museo Etnografico allestito negli ambienti della settecentesca casa “Sa domo ‘e sos Marras”. La collezione raccoglie reperti e testimonianze della vita contadina e pastorale dei secoli passati, con particolare attenzione verso gli antichi mestieri e tradizioni.

Nel centro abitato, inoltre, è possibile visitare il parco comunale Malicas che, al suo interno, racchiude il Castello Guzzetti, una costruzione dei primi del Novecento.

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Un commento

  1. E’ molto bella è ancora come allora

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