“IL REDENTORE DELLA SARDEGNA”: CON NERIA DE GIOVANNI, DANIELE BARBATO BOE, IL GRUPPO AMMERARE E IL GREMIO DEI SARDI, A ROMA PER LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO

nella foto Graziano Siotto durante la presentazione a Roma
di GRAZIANO SIOTTO

Il Redentore della Sardegna a Roma: lontano da casa eppure a casa Quando ho ricevuto l’invito a presentare il mio romanzo teatrale “Il Redentore della Sardegna”, edizioni Nemapress, il 19 gennaio a Roma, ospite dell’associazione “Il Gremio”, non nascondo che oltre all’immediato onore e orgoglio, si è manifestato un certo intimo timore per un pubblico a me totalmente sconosciuto. Ho ripensato a Vincenzo Jerace, artista calabrese con base a Napoli che in quel 1900 ideò, scolpì e forgiò il magnifico bronzo che, da inizio del secolo scorso, svetta sulla cima del Monte Ortobene. Ho ripensato alle sue preoccupazioni, ai suoi timori di artista e uomo insieme quando, chiamato a Nuoro per realizzare il monumento al Cristo Redentore per tutta la Sardegna, ebbe mille ripensamenti su quel volto da realizzare, sul come farlo, sull’esatta espressione da dargli. Fu il momento più delicato di quella realizzazione. Dare il volto corretto a Dio significava ottenere la gloria tra gli uomini, sbagliare esser condannato al fallimento. Il tutto, chiaramente, legato alla reazione dei Sardi e delle Sarde di allora, a lui popolo totalmente sconosciuto. E nonostante due tremendi lutti, quello della piccola e ritrovata Narietta, la figlia che ha voluto celare con un volto ridente dietro al piede del Redentore e la cui piccola mano infante ha nascosto, sempre sull’Ortobene, nella lapide in memoria della Contessa Luisa Pompeati, sua moglie, anch’essa deceduta mentre forgiava la statua, Vincenzo Jerace riuscì. Forse è proprio nella “cultura dell’accoglienza”, realmente permeante nei Sardi e nelle Sarde e non mero clichet, che i legittimi timori da scrittore son immediatamente scemati quando, varcando la soglia della Casa delle Associazioni in via Aldrovandi, a Roma, mi son sentito letteralmente accolto, lontano da casa eppure a casa, tra bandiere dei Quattro Mori e dipinti di donne in abiti tradizionali alle pareti. Il Presidente Antonio Maria Masia, il Consiglio Direttivo e tutti i Soci e le Socie, con quella tipica cadenza romana della parlata, ma con la lingua sarda pronta ad esser impeccabilmente sfoderata all’occorrenza, una sorpresa più che gradita. Nel raccontar alla sala delle ricerche poste a base del romanzo teatrale, che uniscono Nuoro a Trento, Napoli e Roma stessa, dove Vincenzo Jerace è sepolto, si è ricreato quel “circolo d’anime di poeti sardi” che Grazia Deledda predisse, scrivendo allo scultore e riferendosi alla sua defunta moglie, che sarebbe stata per sempre ricordata. Al termine della presentazione, in un tipico buffet “a sa sarda” con pane carasau, salsicce e formaggi della nostra Isola, son stato letteralmente affascinato dalle dissertazioni di Antonio Casu su Emilio Lussu, il Partito Sardo d’Azione e il suo: “Un anno sull’Altipiano”, così come dalle tante autrici e autori di poesie e narrativa, tutti legati alla Sardegna e che si fanno onore in quello che noi continuiamo a definire “su Continente”. Una serata ricca di emozioni pure, come gli occhi emozionati di signora Giardina, che mi ha espresso il desiderio di rivedere in fotografia la casa di quando era bambina a Nuoro, poco distante dalla Cattedrale di Santa Maria della Neve. E come non menzionare, poi, la partecipazione più che gradita di Don Albino Sanna, che fu Rettore del Seminario di Nuoro, autore di decine di libri e articoli sull’educazione e le fasce giovanili nuoresi, che ha lasciato il centro Sardegna ben dodici anni fa ed oggi opera nella Santa Sede, in Vaticano. Una serata permeata dai canti e dalle note del piano di Daniele Barbato Boe, della chitarra di Gavino Salaris e voce di Giuseppe Mele che, presentando il loro ultimo album: “Ammerare”, hanno fatto emozionare tutto il pubblico presente, con il picco della storica: “Non potho reposare”, intonata in coro da tutta la sala tra luci soffuse e lacrime di commozione. Vi son donne straordinarie come la professoressa Neria De Giovanni e uomini di elevata caratura come Antonio Maria Masia e gli amici e le amiche de “Il Gremio”, che continuano a supportare fattivamente la nostra terra, le sue produzioni culturali, enogastronomiche, industriali in ogni luogo e con ogni mezzo. A loro va il ringraziamento più sentito e l’augurio della protezione del nostro Cristo Redentore!

Neria De Giovanni e Graziano Siotto
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