C’E’ UN FILO SOTTILE CHE COLLEGA MILANO ALLA SARDEGNA: IL CAMMINO DI SAN SATURNINO

San Saturnino fra le guglie del Duomo di Milano

di SERGIO PORTAS

Per scorgere la guglia di San Saturnino sul Duomo di Milano (‘unico Saturnino che ricordi: l’intramontabile “Nino” Manfredi) bisogna lasciarsi alle spalle il Palazzo Reale e proseguire per piazza Fontana, buttando su lo sguardo in alto lo si intravvede coperto da una corta tunica, la mano destra a palmo aperto e il viso rivolto verso il cielo. Possibile sia assurto a tanto onore marmoreo perché il suo culto pare godesse di grande fervore in città fin tutto il 1700 d.C., tanto che una leggenda narra delle sue spoglie che vennero traslate da Cagliari, dove ebbe martirio intorno al 304, giovanissimo, 19 anni, perseverava nel proclamarsi cristiano regnante Diocleziano imperatore , noto persecutore di tale setta eretica (ma Costantino che ne fece religione dell’impero sta per arrivare). I resti di Saturnino ( non tutti perché nella cappella sotto la cattedrale di Cagliari dovrebbero essercene una parte) arrivarono a Milano probabilmente seguendo il cammino di quelli di sant’Agostino finiti a Pavia nella splendida Basilica di san Pietro in Ciel d’ Oro. Siamo intorno al 850 d.C., trecento anni prima in Sardegna e in tutto il nord Africa regnano i Vandali, genti di stirpe germanica poco adusi ad astrattezze dogmatiche, tipiche della corte di Bisanzio e non solo,  che erano si cristiani ma, seguendo la dottrina del vescovo Ario, negavano al Cristo la medesima sostanza del Padre, in quanto creato e avente quindi un inizio, a differenza di Dio padre che era  ed è per definizione eterno, c’è da sempre. Quasi tutti i popoli cosiddetti “barbari” erano di questo avviso e, più o meno regolarmente, sterminavano o mandavano in esilio i vescovi cristiani. Che a loro volta rendevano pan per focaccia agli “ariani”, vedi Ambrogio vescovo di Milano, poi fatto santo e patrono della città.  Uno di questi vescovi e presbiteri provenienti dal nord Africa che fuggivano le persecuzioni del re vandalo Trasamondo, tale Fulgenzio (che fu anche esso fatto santo), di origine berbera ma che sapeva di greco e di latino, approdò in quel di Cagliari e “iuxta basilicam sancti martyris Saturnini (presso la basilica di san Saturnino martire) vi fondò uno “scriptorium”, un luogo dove i monaci eseguivano l’opera di trascrizione dei codici. Per lo meno così scrive il suo biografo, il diacono Ferrando. A segno che il complesso paleocristiano di san Saturnino doveva avere una importanza notevole per il culto locale, tanto che il santo fu proclamato poi patrono di Cagliari ( confesso di aver sempre pensato che patrono fosse sant’ Efisio, chiedo venia). E la sua fama si sparse poi per tutta l’isola e a lui vennero dedicate chiese e luoghi di culto, è anche patrono di Isili  la cui parrocchiale è a lui dedicata. E’ di queste incredibili  favolose storie che si racconta all’Umanitaria di Milano, perché è con la capitale lombarda (e anche con Roma) che si tende un filo che vuole legare quello che sarà, in Sardegna, il “Cammino di san Saturnino, da Cagliari verso Mandas e Siurgus Donigala, e poi Serri, Escolca, Gergei, Isili e Ussana. I saluti di tutti li porta Antonello Perra primo cittadino di Siurgus Donigala. Qui la regia dell’incontro è affidata a Rosanna Romano (ufficio stampa) e a Daniela Noli, vero motore trainante dell’iniziativa, l’assessore al turismo Barbara Argiolas parla solo tramite video. Ci pensa Maily Serra, professione archeologa, a sottolineare l’importanza di quello che rimane della chiesa originaria ad abside semicircolare (il modello è l’Apostleion di Costantinopoli, noto anche come Cimitero imperiale), e gli scavi tuttora in esecuzione del sito cagliaritano ne rivelano la medesima origine, la tomba del martire a cui venne tagliata la gola ma poi quelle di vescovi, presbiteri, diaconi. All’interno un monastero. Il culto del santo decadde dopo il 1300 e ci volle la disputa tra i vescovi di Sassari e di Cagliari a chi poteva vantare più “martiri” nella propria diocesi (siamo intorno al 1613) perché si arrivasse ad una riscoperta dei cosiddetti “corpi santi”, da tutte e due le parti in lotta. Le spoglie di San Saturnino vennero “ritrovate” nel 1621, e il culto riprese vigore. Con esso l’intitolazione di conventi e santuari nei villaggi dell’interno, che venivano uniti da sentieri che, oltre alla viabilità, contribuivano  al superamento di dissapori tra paesi spesso in lotta l’uno con l’altro per la definizione dei confini comunali. Gli scavi hanno portato alla luce le fibbie con sigillo dell’esercito bizantino che comunque occupò la Sardegna sino al periodo giudicale. Sia come sia, il tentativo è quello di inserirsi nel vorticoso giro che vede muoversi annualmente 300 milioni di persone nel mondo in un “turismo religioso”  che fattura 18 milioni di dollari. Laura Magoni, assessore al turismo della regione Lombardia ( da poco sulle prime pagine dei quotidiani lombardi per una sua improvvida uscita sulle “cose buone che ha anche fatto il fascismo”) porta l’esempio di quanto di buono si fa nel merito da queste parti, la valorizzazione dei piccoli borghi, le mete di Sotto il Monte per papa Giovanni XXIII, e ora Concesio per Paolo VI neo assunto agli altari di Santa Romana Chiesa. E naturalmente i prodotti enogastronomici che fanno da cornice, per niente secondaria. Toccherebbe a Luca Saba, presidente della Coldiretti sarda, magnificare quelli isolani ma lui preferisce esibirsi in un panegirico tutto teso a evidenziare l’importanza che in Sardegna riveste la donna. “Centro della nostra cultura” e anche “leggete Grazia Deledda per scoprire l’eccezionalità delle donne sarde”, “venite in Sardegna per scoprirlo”. La Sardegna “fuori stagione” con gli splendidi paesaggi tra Mandas, Suelli e Nurri, il ruolo centrale che ricopre l’agricoltura nell’isola, le decine di feste religiose, uniche nel loro genere, dall’Ardia di Sedilo alla corsa degli scalzi di Cabras, la Sartiglia di Oristano e tutto il Carnevale della Barbagia. Certo c’è l’annoso problema del costo dei collegamenti a frenare ogni entusiasmo, vero tallone d’Achille del turismo sardo, ne accenna anche Giovanni Cervo, presidente del circolo sardo di Milano, pur sottolineando che i soci (anche non nati in Sardegna) godono di prezzi agevolati. E anche Stefano Maullu, eletto al Parlamento europeo, a microfoni spenti si lascia sfuggire che la “battaglia per l’insularità” non gode di grande fortuna a Bruxelles. Qui ci tiene a sottolineare che lui, pure nato a Milano, con quel cognome che si ritrova non può essere che sardo a tutti gli effetti. Il padrone di casa, Alberto Iannuzzelli, salernitano, presidente della società Umanitaria (fondata dal mecenate Moisè Loria nel 1893) ricorda brevemente gli scopi che si prefigge l’associazione, i corsi professionali, le attività culturali, il programma contro la dispersione scolastica (dove la Sardegna vanta un vergognoso primato in Italia), contro l’isolamento degli anziani. Ebbene l’Umanitaria ha ben quattro sedi in Sardegna, a Cagliari tra le altre cose cura la cineteca sarda, ora con un ambizioso progetto di digitalizzazione dei filmati amatoriali delle famiglie isolane. A Sassari un ufficio che si occupa, assieme all’università, di “antropologia visuale”: produce documentazione che può essere richiesta da tutti coloro che ne facessero richiesta. La sede di Alghero fa da ponte naturale con la Spagna. E a Carbonia nella palazzina dirigenziale della vecchia miniera vi è una sorta di “fabbrica del cinema” e vi si tengono corsi atti a formare tecnici cinematografici. Ma Umanitaria è anche Coldiretti: da Wikipedia: associa 1,6 milioni di agricoltori, e ha la maggioranza delle imprese che operano nell’agricoltura italiana con circa il 70% degli iscritti alle camere di commercio tra le organizzazioni di rappresentanza. Don Mario Tanca, parroco di san Gavino a Porto Torres, è referente ecclesiastico della Coldiretti Sardegna. Racconta al pubblico cosa sia “sa paradura”, il gesto arcaico di solidarietà comunitaria del mondo pastorale sardo ( ogni pastore regala un agnello) a chi si fosse trovato in difficoltà. E anche “ il cammino che ti cambia, un invito alla riflessione, elevazione dell’anima verso Dio”. Don Walter Magnoni, Coldiretti Lombardia, si dichiara seguace dell’ecologia integrale della “Laudato sì” di papa Francesco ( io anche), anch’egli fa un elogio del cammino, che “ci permette di osservare dentro e fuori di noi”. “Quando incontriamo qualcuno ci si saluta, riconoscendosi come pellegrini su questa terra”. In Sardegna non guasterebbe ci fossero un po più di cartelli nei sentieri delle campagne, lui si stava perdendo sopra Masua nel Sulcis Inglesiente. Il “cammino” era a Cagliari dal 26 al 30 ottobre, in concomitanza le “Pink Amazons” hanno tenuto la loro regata nazionale di “Dragon Boat”. “Nessun pietismo” ci tiene a sottolineare la presidente di Milano Antonella Bottazzi, che sventola fieramente una pagaia, loro sono una associazione di donne operate di tumore al seno, sopravvissute con stile. Pagaiano insieme a gruppi di 10 o 20. Le donne in rosa non si lasciano “trasportare”, si muovono all’unisono per ottenere incredibili risultati. A Cagliari saranno più di cento. Chiude Daniela Noli, da buona pedagogista (assessore al comune di Cagliari con la giunta Floris) collega il cammino di san Saturnino al problema del mancato lavoro per i giovani. Che devono rientrare nella loro regione, che diventa ogni giorno più anziana. Invita tutti a degustare i prodotti apparecchiati dalle donne della Coldiretti sarda: salumi della “Genuina” di Ploaghe, pecorino di Dorgali, dolci campidanesi, il tutto annaffiato da Anastasia di Mogoro (un Semidano DOC) e per chiudere la Vernaccia Orro della valle del Tirso. Un minimo di provviste ci vogliono perché al camminatore spirituale non manchi improvvisamente la forza per continuare nel suo incedere, passo dopo passo.

 

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3 commenti

  1. Graziella Onnis

    Come al solito, anche stavolta Sergio ci racconta di cose che riesce a rendere interessanti a sardi e non sardi, con quel tratto un po’ ironico, un po’ curioso, stimolandoci ancora a seguirlo e magari ad approfondire in autonomia gli argomenti che propone. Grazie😊

  2. A mio parere c’è un enorme confusione tra la leggenda di San Saturno e San Saturnino. Tralasciando la dedica della statua del Duomo a San Saturnino da Tolosa, a San Tranquillino come sostengono in tanti o a San Saturnino da Cagliari come sostiene il testo qui sopra, a me sembra sfuggire stranamente quanto non dovrebbe. San Fulgenzio figura di cui è solidamente storicizzata l’esistenza e la vita, fu esiliato dai vandali in Sardegna. Egli era cartaginese (cosa che sembra si voglia ignorare) di un importante famiglia (i Gordiano), un uomo colto che, prima di diventare monaco,era stato un importante funzionario pubblico. A lui si deve il riattamento della chiesa paleocristiana di Cagliari dove, durante l’esilio, istitui una scuola per monaci cristiani. Ora Fulgenzio era cartaginese e devoto al famosissimo San Saturnino di Cartagine martirizzato a Roma il cui culto è riconosciuto dalla chiesa Romana che lo festeggia assieme a San Saturnino da Tolosa. San Saturnino da Cartagine mori nel Novembre del 304 come lascia scritto Fulgenzio e – a differenza di san Saturnino (o meglio Saturno da Cagliari) è noto alla chiesa romana e quindi sembra assolutamente ovvio pensare che essendo che il nome Saturnino compare proprio dalle citazioni di Fulgenzio che questi volesse onorare il santo a cui era devoto e non già altri santi di cui è nota solo la leggenda ma dei quali poco o nulla si conosce, al contrario del santo concittadino di Fulgenzio di cui la chiesa romana ha ampie e precise notizie ed il cui sarcofago con le reliquie è conservato a Roma nella chiesa a lui dedicata. Quindi se pur possa essere vera la leggenda del Santo Sadurru non pare si possa confonderlo con il San Saturnino da Cartagine a cui evidentemente Fulgenzio dedicò il suo impegno in terra sarda. Inoltre non è certo pensabile che il leggendario Santo Sadurru (o Saturno) Sardo sia morto nella stessa data del San Saturnino da Cartagine moto martire a Roma nel novembre del 304. Quello che non mi spiego è come si può ipotizzare che ci siano due martiri con lo stesso nome (in realtà diverso ) morti nello stesso giorno. E’ evidente che Fulgenzio faceva riferimento solo ed esclusivamente a San Saturnino da Cartagine ed alla sua data di morte che ci ha lasciato. Voler accostare il nome di Saturno a Saturnino è a mio parere un errore. A maggior ragione attribuire la stessa data di morte a questo leggendario giovane martire che di storico ha solo la leggenda dal momento che perfino le reliquie non si sa bene dove siano (ma non certo a Cagliari) e la Passio si riconosce come una copiatura di un’altra ben pià celebre che è quella di San Saturnino da Tolosa monaco che diffuse il cristianesimo in tutta la Gallia sud occidentale e nel nord della spagna dove è patrono di Pamplona e della cui Passio si ha un’importante scenario di quello che era la diffusione della religione cattolica nella gallia dell’epoca.

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