A TIE SOLU BRAMO: UN GRIDO D’AMORE NELL’ULTIMO ROMANZO DI GIULIO NERI

ph: Giulio Neri

di CARMEN SALIS

Giulio Neri si affaccia di nuovo sul mercato editoriale con un altro piccolo capolavoro edito da Il Maestrale, A tie, solu bramo; un titolo che inevitabilmente ci riporta a una canzone scritta sulle parole dell’omonima poesia del 1920 di Salvatore Sini. Un titolo che musicherà con grazia e discrezione l’ingresso di ogni personaggio, ogni spazio, ogni tempo che l’autore ha scelto per dirigere questo concerto. Perché in effetti di un concerto sembra trattarsi, dove ogni personaggio ha voce per esprimersi in coro con voce diversa.

Giulio, un paesino del sud Sardegna e il destino di una donna che tiene uniti altri destini e altre città. Sì, a quel paesino è affidata l’apertura del romanzo, che ha però una geografia molto più ampia. E lungo questa dorsale di luoghi, di città anche lontane, c’è una figura che domina: Clelia, la protagonista, arriva da Torino…

Un romanzo che parla d’amore, ma che racconta senza pudori gli scontri tra culture diverse, le lotte proletarie di un tempo, le nuove guerre. Mi premeva inquadrare la vicenda amorosa, offrirle uno sfondo culturale, politico. Di base, c’è il declino di una precisa sensibilità della Storia, il tramonto di un’ideologia su cui si sono formate intere generazioni di uomini e donne. Ecco perché l’arco narrativo comincia dalla fine dell’Urss e arriva sino ai giorni nostri, con lo spauracchio dell’Isis, degli attentati.

Un romanzo dove, pur essendoci una protagonista, ogni personaggio gode di pari dignità: ha diritto a raccontarsi, con una narrazione fluida, che consente al lettore di vestire i panni ora di uno, ora di un altro. Io costruisco dei vuoti narrativi, articolo delle storie collaterali da cui, a poco a poco, si desume quella centrale. È un’operazione che rende indispensabili i comprimari; perciò ognuno dei capitoli di “A tie solu bramo” assimila il punto di vista di questi testimoni e sviluppa una storia a sé.

Alfredo, il bibliotecario, sembra quasi debba traghettare il lettore. Sarà anche l’unico a voler scoprire perché Clelia, la protagonista, se ne va in giro taciturna e pensierosa? Alfredo dà una sorta di imprinting al lettore. È al posto giusto nel momento giusto, cioè nel primo capitolo… Ma non si può negare che affianchi la protagonista in una fase cruciale, e che si affezioni a lei in modo particolarissimo.

Una storia che racconta anche l’amicizia, l’essere padre e madre, l’essere figli. È un romanzo di sentimenti, e della psicologia che li orienta, che li “aziona”, talvolta anche secondo modalità contraddittorie o ambigue. Basti pensare al ruolo delle pulsioni sessuali sottotraccia. Non ci sono eroi né atti puri. Tutto, anche la scelta estrema di Clelia, così “sublime”, passa attraverso l’umanità, che è imperfetta per definizione.

A tie solu bramu, Ti assicuro che desidero solo te. Un lamento? Un grido d’amore? Preferisco il grido, perché Clelia non mi sembra una donna che si lamenta, tout court. Ha imparato dalla vita che c’è sempre all’orizzonte l’eventualità di un fallimento. Ma tenta, non smette mai di tentare. È una donna coraggiosa, e mi auguro che i lettori possano amarla, perché il coraggio è l’unico mezzo che abbiamo per raggiungere la felicità… o qualcosa che – perlomeno – assomigli alla felicità.

 

 

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