“LA DANZA DEI FIORI SECCHI”: AMORE E INQUIETUDINE NELL’ULTIMO COINVOLGENTE LIBRO DI CARMEN SALIS

ph: Carmen Salis

di MASSIMILIANO PERLATO

Queste parole che seguono non hanno la pretesa di essere definite “recensione”. Sono riflessioni che raccontano uno stato d’animo. Ho spento il computer circa un’ora fa. Prima di andare a letto. Non necessariamente per dormire. Stasera avevo un libro da terminare. Quello di Carmen Salis “La danza dei fiori secchi”. E l’ho concluso lasciandomi completamente avvolgere dall’esposizione tanto semplice quanto penetrante. Inesorabilmente acuminato. Ho riacceso il pc subito dopo per far emergere pensieri e parole.

Mi sento tanto dalla parte di Bibi, personaggio principale del libro con la sua impacciata innocenza. Con la sua sensibilità fuori dal comune. E quella dolcezza acerba e congenita che la scaraventa protagonista suo malgrado di un tragitto poco morigerato nell’adolescenza più articolata. L’ho respirata e scortata come se fosse mia figlia per tutto il libro. Ne ho inspirato a pieni polmoni l’ingenua serenità dei suoi anni. Ma anche la malinconia di fondo di non essere una bimba come tutte le altre.

Leggere un libro talvolta è come proiettare il racconto nella propria realtà. Individuarne inevitabilmente legami e coincidenze. Il pensiero pagina dopo pagina mi ha sempre trasportato a ponderare meditazioni su mio figlio e alla sua peculiare esistenza, di bimbo di genitori separati e di come sia cresciuto anche troppo in fretta in diversi punti di vista. Seppur la sua vita sia fortunatamente insaporita da limpidezza e attorniato da tutto l’affetto immaginabile, è comunque un’esistenza un po’ contraddistinta rispetto a tutti gli altri bambini della sua età.

Ho palpitato per Bibi nel crudo racconto di Carmen Salis, sino al momento saliente della crescita in cui i “perché” giocoforza si sono presentati al suo tenero cospetto. Le risposte complicate sul percorso di vita di una madre poco atavica, ricercate nei suoi sguardi e nei suoi silenzi e nelle carezze della nonna, vero patrimonio e punto di forza di una famiglia “rinsecchita” così come si elude dal titolo del romanzo. E la  spietatezza delle coetanee a scuola, dove la giovane interprete ha sempre dato il meglio di sè.

E poi l’epilogo,  disperato ed angosciante della giovane nel ritorno a casa vent’anni dopo. La mia coscienza ne ha seguito la vicenda con coinvolgimento totale e trepidazione. Mi sono ritrovato con il viso colmo di lacrime tanto è stato appassionante il libro della Salis.

Ho chiuso il libro e gli occhi in contemporanea e sono rimasto così, in uno stato di apnea incessante per recuperare fiato e dar linfa ai pensieri.

Il libro di Carmen è stato commovente nelle continue evoluzioni intrecciate delle tre protagoniste. E ha alimentato emotività dalla prima all’ultima pagina, con un pathos affusolato ed indelebile. Tre presenze di generazioni diverse e miserabili, congiunte da un itinerario personale tra sofferenza, mestizia e afflizione nei confronti della vita e del prossimo.

Ho cercato sostegno nella seconda di copertina ancora soggiogato dalle vicende del libro, più per un parallelo intimo per racchiudere la percezioni di quanto letto, fossero reali e non frutto della mia riservata e spossata fantasia. Il supporto è arrivato puntuale e mi ha donato solidarietà pensando al destino di questa bambina, sicuramente adorata e preservata dalla nonna Anna dal male del mondo che l’assedia sino a non farle avvertire i messaggi negativi che l’esistenza poteva causarle.  Viene menzionato il termine inquietudine nella presentazione del volume. Un termine fortemente azzeccato soprattutto in virtù del fatto che tali vicissitudini fanno parte del quotidiano di ognuno di noi. Seppur in forme diverse.

Di cuore esprimo gratitudine Carmen per il dono che mi ha fatto con questo libro. Un presente straordinario su uno spaccato di vita sociale intricata e priva di banali stereotipi, che s’inabissa nel profondo dell’animo umano fino a carpire il concetto più recondito della parola amore.

Amore per una giovane creatura che trova il virtuoso riscatto nelle pagine di chiusura, in un confronto diretto e tenace con il proprio passato. Attraverso il reperimento nella casa adolescenziale di due diari scritti vent’anni prima: quello della madre Silvia, in costante affanno e in conflitto con se stessa e con l’universo impietoso che l’ha offuscata. E soprattutto quello di Bibi divenuta ormai Roberta, donna ricca di spunti e d’animo buono,  a cui la vita finalmente ha sorriso.

Questo libro di Carmen Salis, edito da “AmicoLibro”, fa seguito a “Sa Levadora – la maestra del parto sardo” del 2014 scritto con Ivan Murgana e “Gianna. Lei, era mia sorella” del 2016.

Carmen Salis ha pubblicato in passato per “Davide Zedda” editore: Ex eros – racconti (2005), Cose da condominio – racconti (2006), Colloqui invisibili – romanzo (2007), Ti regalo il mio cuore – poesia (2009), Senso, essenze di Donna – poesia (2010), I racconti di Carmè – racconti (2012).

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3 commenti

  1. Toccanti le parole del giornalista Massimiliano Perlato, concordo con lui che non si possa definirla recensione, a mio dire perché sarebbe riduttivo. Parole che emozionano. Fa venir voglia di avere già il libro tra le mani. Anche se per me Carmen Salis é gia una certezza . Sarà l’ennesima conferma ❤

  2. meravigliosa, e giustissima, recensione 😇

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