MAURO, IL RAGAZZO DEL VENTO: IL GIOVANE OLIVIERI, DA BOSA A TORINO, DOVE FA L’ARCHITETTO E IL SUO LIBRO

ph: Mauro Olivieri

di FIORENZO CATERINI

Finisco di presentare La Mano destra della Storia, al Salone del libro di Torino. In mezzo alla confusione si avvicina un giovane ben piazzato e sorridente. “Sai”, mi dice, “ho sempre sognato che qualcuno scrivesse due libri: uno sul disboscamento della Sardegna, e uno sull’oscurantismo della Storia. Piacere, sono Mauro”.
Mi ci scappa una risata dal cuore, a quelle parole. “Anche io”, rispondo, “e visto che c’ero, mi sono messo a farli”.
Mauro Olivieri inizia così a raccontarmi della sua Bosa, del mare, di imbarcazioni tradizionali che lui stesso costruisce e che si perdono nella notte dei tempi. Capisco solo dopo che vive ormai da tanti anni a Torino. I sardi che vivono fuori soffrono quasi sempre di quel desiderio inesplicabile di Sardegna, ne diventano i migliori “promotori”. Il giorno prima avevo presentato il libro nel Circolo dei Sardi di Rivoli, uno dei più grandi d’Italia, con oltre 900 iscritti. Colpisce la capacità organizzativa di questi circoli, al punto da diventare dei riferimenti sociali importanti per tutta la comunità, non solo quella dei sardi. Questo dato smentisce clamorosamente due stereotipi: quello sulla “chiusura” caratteriale dei sardi, e quello su “l’individualismo”. I circoli dei sardi sembrano naturalmente aperti al mondo che li circonda, e nello stesso tempo dimostrano delle capacità nell’organizzare degli eventi che gli vengono riconosciuti da tutti come insuperabili. Come mi disse un giorno un milanese, “le feste dei sardi fanno tre volte i numeri delle feste leghiste”. Scusate se è poco.
Ma torniamo a Mauro, o meglio, a Mauru, come si firma, che ha una storia da raccontare, lui che fa da anni l’architetto a Torino.

Mauru ha scritto un libro. Non è un libro qualunque, ma un poemetto in endecasillabi in terza rima, composto da circa 700 versi, scritto nella metà degli anni ’90 e pubblicato in proprio, e presentato nel 2007 a Torino. Il libro, Su Pitzinnu e su ‘Entu (Osinka Edizioni, Cagliari, 2005) introduzione compresa di Lisandru Cossu, è in sardo logudorese, arricchito dalle fotografie di un fotografo giapponese scattate nell’isola, Seiichi Enomomoto. Il libro è corredato da un CD che contiene le tracce audio della presentazione di Cossu, esperto sardofono, la lettura del testo fatta dall’autore con sottofondo dei rumori della natura sarda, e infine la lettura del contributo del grande poeta Frantziscu Masala. La scelta di scrivere un libro esclusivamente in sardo, senza traduzione, è voluta. Mauro è convinto, infatti, dopo la bocciatura nei primi anni ’90 da parte del governo della legge sulla lingua sarda, che scrivere in sardo fosse una irrinunciabile questione di principio, importante per sollevare il problema sulle minoranze linguistiche che stanno scomparendo. Il libro, con le sue tracce audio, assume la dimensione di testimonianza, di atto di passione, di fondata ricerca sulla lingua e le tradizioni popolari sarde.

Mauru porta avanti questa sua personale battaglia a difesa della lingua sarda con una determinazione sorprendente. Da dieci anni chiede il permesso allo stand della Regione Sardegna al Salone del Libro di Torino e si piazza in loco con il suo libro in un angolo, e parla con la gente. Da dieci anni, forse undici, Mauru spende il suo tempo, quattro o cinque giornate al Salone del Libro stando in un angolo dello stand Sardegna. Senza perdere un colpo, trascura il suo studio di architetto e si tuffa tra la folla dei librofili a raccontare le cose di Sardegna, armato di sorriso e sincerità. Non vi è nessuna velleità da scrittore mancato, nessun sogno di gloria personale in tutto questo, ma solo amore per la Sardegna e la sua terra, pescatori che incatramano le barche al sole, pastori che scendono dalla colline col gregge scampanellante, mufloni al galoppo, il soffiare del vento, il rumore del mare e il bambino che ascolta. Su Pitzinnu e su ‘Entu, infatti, racconta e parla di queste cose, parla del dialogo tra un bambino e il vento che lo spinge verso il mare, che è il luogo dove tutto nasce e tutto muore, e dove il bambino sviluppa una nuova consapevolezza.
Unu Pitzinnu, sighinde su ‘entu, che colpat a unu passu dae su mare.

Uccidendo la lingua, spiega l’autore, si uccide coscienza e spirito, l’orgoglio e l’autostima.
Per questo mi sono sentito in dovere di raccontare, molto brevemente, la storia di questo incontro e di questo libro.

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3 commenti

  1. bello!

  2. Grazie Fiorenzo e grazie a Tottus in Pari, un caro saluto da oltremare!

  3. bellissima storia e bellissime persone sardissime che fanno da ambasciatori della lingua e della cultura. complimenti

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