L’ARCHITETTURA DELL’ARCANO: NELL’ULTIMO LIBRO DI DANILO SCINTU, IL MEGALITISMO ATLANTIDEO DIMORA DELLA DEA MADRE

ph: Danilo Scintu

di FIORENZO CATERINI

Negli ultimi anni, in Sardegna, è cresciuto molto l’interesse nei riguardi della storia antica dell’isola. Un interesse rinnovato, che pone in risalto le prerogative di una storia spesso sottovalutata e il ruolo centrale che la Sardegna antica ha avuto nel Mediterraneo. Una visione alternativa al vecchio paradigma storiografico di una Sardegna chiusa nel suo isolamento, barbarica e arretrata. In particolare è emersa una considerazione della Sardegna antica con una visione che evidenzia il significato simbolico dello straordinario numero degli edifici, in particolare di epoca nuragica ma anche precedenti, che hanno reso, a distanza di tanto tempo, per dirla proprio con le parole di Lilliu, uno straordinario “museo a cielo aperto”.
Diversi autori, pertanto, hanno interpretato questa eccezionale densità di monumenti preistorici nell’isola con un apprezzamento meno stereotipato di quello canonico della storiografia consueta, evidenziando come proprio quella densità, oltre alla tipologia di nuraghi, fonti sacre, tombe dei giganti e, in epoca prenuragica, domus de janas, menhir, dolmen, non poteva che avere una pregnante funzione simbolica e cultuale.
Uno di questi autori all’avanguardia di questo movimento culturale e scientifico in Sardegna è certamente Danilo Scintu. A cominciare dal suo “Le Torri del Cielo”, per finire con il suo ultimo libro, “L’Architettura dell’Arcano”, è certamente uno degli studiosi che maggiormente ha contribuito a questa riscoperta, studio e valorizzazione della civiltà sarda, a partire dal suo monumento simbolo, il nuraghe.
Danilo Scintu è un architetto, studioso appassionato delle più antiche espressioni dell’architettura e dell’arte della storia della Sardegna, in particolare quella che va dal Neolitico a Periodo del Bronzo. Con “Le torri del cielo”, Scintu compie una analisi metodologica e tecnica dell’edificio nuragico, con lo studio e la misurazione di oltre trecento monumenti, ipotizzando funzioni e tecniche costruttive. In questo modo Scintu ha potuto proporre la funzione prettamente cultuale del nuraghe, facendo giustizia di visioni stereotipate e riduzioniste, le stesse che oggi stanno, per l’appunto, perdendo progressivamente forza con l’emergere di studi più compiuti e approfonditi.
Con il suo nuovo libro, l’Architettura dell’Arcano, Danilo compie una sorta di viaggio in giro per il mondo alla ricerca delle analogie simboliche che uniscono edifici e manufatti preistorici simili e diversi tra loro. In realtà di giro per il mondo si tratta davvero, nel senso che per fare questo libro il vulcanico e appassionato autore ha dato fondo a risorse ed energie per vedere di persona, studiare, misurare e apprezzare, in giro per il pianeta, i resti delle culture e delle civiltà antiche che hanno lasciato vestigia notevoli.
Ne è risultato non solo uno studio approfondito sull’architettura ciclopica e megalitica del pianeta, ma una vera e propria narrazione che unisce punti diversi del mondo secondo il filo conduttore di un simbolismo che accomuna l’umanità, come quello della Dea Madre, il serpente e le grandi pietre. Un viaggio avventuroso che, partendo dalla Sardegna, si porta al resto dell’Europa atlantica e da lì viaggia nel Mediterraneo, in Egitto, nelle Americhe, in Indocina e persino nella lontana Polinesia. Sotto questa luce Scintu confronta le fonti, come quelle bibliche e egizie, con l’analisi delle civiltà megalitiche del Mediterraneo, evidenziando il ruolo dei Popoli del Mare nell’antichità e la loro provenienza.
Danilo Scintu si domanda, a questo punto, se non vi sia stata una grave sottovalutazione dell’importanza del megalitismo occidentale, e se il vizio storiografico del diffusionismo, che considera tutto quello che è tecnica e cultura proveniente dall’Oriente (vizio storiografico che io stesso critico nei miei studi), non abbia origine ancora in epoche più antiche, condizionando comparazioni, datazioni, paradigmi e analogie tra siti storici. Le competenze tecniche, matematiche ed astronomiche dei popoli del megalitismo occidentale, sono sempre state notevoli secondo l’autore, che ipotizza infatti una diffusione di questa cultura megalitica in altre parti del globo.
E’ corretto dire che il libro di Danilo Scintu è del dicembre del 2012, e pertanto precede il libro del noto giornalista d’inchiesta culturale Sergio Frau, Omphalos, che è invece recente, del 2017. Anche nel libro di Frau, infatti, si percorre una ipotesi che unisce la storia dei simboli del pianeta e anche in questo libro la Sardegna antica svolge un ruolo centrale.
Scintu, sotto questo punto di vista, col suo libro, è all’avanguardia di questo filone di studi sul significato dei simboli ancestrali che in Sardegna, negli ultimi anni, ha avuto un grande impulso grazie soprattutto a studiosi indipendenti. E’ evidente, per Scintu, che vi sia un ritardo da parte della storiografia ufficiale nel considerare i temi del simbolismo, dell’architettura megalitica, dell’archeoastronomia, eccetera.
Il caso della individuazione della Sardegna antica con l’Atlantide descritta da Platone è forse uno dei casi più eclatanti, sotto questo punto di vista, al punto da aver scatenato in Sardegna una sorta di guerra santa contro la teoria portata avanti, in particolare ma non solo, dal giornalista di Repubblica Sergio Frau.
Una guerra santa spiegabile con i ritardi nel confrontarsi tra diverse discipline di studio, una visione conservativa che chiude le porte agli approcci molteplici e interdisciplinari, come la paleo-architettura di cui Scintu si fa rappresentante.
Chi scrive ha avuto modo di spiegare gli aspetti antropologici e culturali di questo fenomeno nel suo più recente studio sul problema storiografico sardo, dimostrando come dietro le reazioni corporative e le chiusure vi sia la persistenza di un clima egemonico che permane con la tradizione, e che è l’esito delle dinamiche di nazionalizzazione della storia e dei processi economici più globali che interferiscono con la scienza e condizionano la storiografia.
E’ certamente un male che si scambi più o meno dolosamente una visione riduzionista della civiltà sarda con la tutela dei valori della scienza. E’ uno di quei casi in cui una pretestuosa tutela della scienza scade nella chiusura e nello scientismo, con un danno non solo al sapere e alla sua divulgazione, ma anche e soprattutto all’economia dell’isola, che della cultura, della sua storia e dei monumenti archeologici dovrebbe fare uno dei punti di forza per un nuovo sviluppo sociale ed economico.
Per questo il lavoro di Scintu, che parte dalla Sardegna antica e dai suoi simboli universali e ancestrali per trovare le analogie e le somiglianze in tante altre parti del pianeta, è un importante contributo all’apertura verso nuove forme di conoscenza della storia e delle attività dell’uomo.

Fiorenzo Caterini, è Antropologo e scrittore, autore del saggio “La mano destra della storia”, sul problema storiografico sardo.

 

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