IL DOCUMENTARIO “BALENTES” DI LISA CAMILLO, GIOVANE REGISTA SARDO-AUSTRALIANA: FILMANDO LA SARDEGNA, PER RACCONTARNE PROBLEMI E MERAVIGLIE

ph: Lisa Camillo

di MARIA PATRIZIA FLORIS

Lisa Camillo giovane regista sardo-australiana presenta il documentario girato con maestria e con una fotografia di altissima risoluzione che propone uno spaccato sulla Sardegna attraverso il suo sguardo originale e diretto che la ritrova dopo quattordici anni, raccontandone il paradosso riscontrato tra la sua bellezza incontaminata ed i cambiamenti sofferti che la stanno minando. Balentes, in sardo sono i valorosi, i coraggiosi. Questo il titolo dedicato ai tanti sardi che non si piangono addosso e combattono per salvare la nostra terra, un documentario sociale di speranza e denuncia. Un lavoro che cerca delle risposte e pone domande per coloro che sono responsabili di queste morti e questo disastro ambientale”.

Cosi Lisa intraprende questo viaggio  tra i grandi problemi sardi, la fine dell’economia agropastorale, la disoccupazione, il turismo da sviluppare. Un film che Lisa presenterà nelle rassegne più importanti: Cannes, Tribeca di New York, Sundance Film Festival di Los Angeles, al festival di Venezia e a quello di Berlino, per portare all’attenzione del mondo il caso emblematico della Sardegna. Professionalità anglosassone e una struggente poetica mediterranea. I Balentes raccontati da Lisa Camillo, antropologa e registra sardo australiana, un film sulla Sardegna, per capirne tutte  le possibili soluzioni, per distruggere ciò che non va bene, distruggere per poi creare. Vuole abolire un sistema non idoneo ad una terra cosi bella ma che offre tanto e potrebbe offrire ancora di più se si sviluppassero industrie più consone all’ambiente e ai suoi abitanti. Lisa,  con una cultura che spazia dall’antropologia alla regia cinematografica,  con i  “Balentes” vuole mostrare  al mondo quello che già possediamo di altissima e rara qualità: un patrimonio culturale, ambientale, umano, archeologico, eno-gastronimico e tecnologico di grande valore.

Lisa dagli studi di antropologia alla regia cinematografica, come nascono queste passioni?“Quando ero bambina, mia madre preparò a me e a mio fratello un toast. Lo tagliò in 4 parti uguali. Mio fratello arrivò al cibo prima di me e se ne mangiò tre pezzi invece di due. A me ne restò solo uno. Questa è stata la mia prima significativa esperienza di ingiustizia sociale. Perché alcuni si prendono più di quello che a loro spetta ed egoisticamente lasciano altri con molto meno? Questo anche se un piccolo e banale episodio familiare, mi fece riflettere sulle ingiustizie che ci sono nel mondo e a mano a mano il senso di lotta per le persone più deboli e sfruttate e’ cresciuto dentro di me ed e’ diventato l’obiettivo principale della mia vita. Mi sono dedicata a varie esperienze di volontariato nei paesi più poveri di questo mondo che mi hanno portato a prendere un Master per aiutare a sviluppare questi Popoli e per proteggerne i loro diritti umani ed ambientali. Lavorando con diverse Non Profit, con il governo Australiano e con le Nazioni Unite, ho capito che per avere maggior impatto oggigiorno i documentari e i film hanno un impatto immediato, effettivo e su larga scala.Cosi ho preso la decisione di lasciare un buon lavoro, che inoltre pagava molto bene e mi dava tante soddisfazioni, per iscrivermi alla scuola di film, ricominciare da zero e imbarcarmi in questa nuova avventura per raccontare quello che avevo visto in quegli anni di lavoro da antropologa.”

Hai frequentato l’università e poi la scuola di cinematografia a Sydney, come mai hai scelto l’Australia per i tuoi studi? “Mio padre è Australiano ma da una vita in Sardegna, quindi ho doppia cittadinanza e, crescendo in una famiglia mezzo australiana, mi sono sempre sentita un po’ di laggiù. In più avevo voglia di vedere come me la cavavo a ricominciare da capo, da sola, dall’altra parte del mondo, senza conoscere nessuno. C’e’ molta più soddisfazione nell’aver successo avendo contato sempre e solo sulle proprie forze, anche se e’ stata una gran fatica e tanto sacrificio”

Cosa hai appreso nel tuo percorso?“Non voglio essere banale ma ci credo davvero. Nella vita bisogna essere coraggiosi, pronti a ricominciare da capo, mai arrendersi e credere sempre che tutto sia possibile, anche quando sembra impossibile, dedicare anima e corpo in ciò che si crede.”

Dopo tanti anni sei rientrata in Sardegna e hai deciso di girare “Balentes” un documentario sulla Sardegna , la tua terra, colpita dalla crisi economica, ricca di risorse umane ma piena di contraddizioni. Come nasce l’idea di questo ambizioso progetto?“Inizialmente volevo passare più tempo con la mia famiglia, nella mia terra. Il tempo passa e tutti invecchiamo. Queste sono le cose importanti della vita. Poi da una ragione personale, la situazione e’ cambiata quando ho trovato la Sardegna in condizioni penose. Da lì e’ nata la voglia di fare qualcosa di più per aiutare a migliorare questa triste situazione, anche se nel mio piccolo; lo devo ad una terra che mi ha dato la vita ed una cultura importante.”

Cosa vuoi raccontare?“Voglio capire e raccontare i problemi che stiamo attualmente affrontando, per capirne le possibili soluzioni. Voglio distruggere per poi creare. Distruggere un sistema che e’ stato stabilito, con buone intenzioni probabilmente, ma non idoneo ad una terra cosi bella, che davvero offre tanto e potrebbe offrire ancora di più se si sviluppassero industrie più consone all’ambiente e ai suoi abitanti. E voglio creare. Creare un futuro migliore, facendo vedere al mondo quello che già possediamo di altissima, rara qualità: un patrimonio culturale, ambientale, umano, archeologico, eno-gastronimico e tecnologico”.

Cosa hai imparato durate le riprese del documentario?“Ho imparato a non darmi vinta, anche quando le cose si fanno difficili. Il lavoro di documentarista e’ duro, soprattutto quando si e’ auto-finanziati e quando la vita ti tira delle pallonate in faccia (durante questo periodo mi sono rotta una caviglia, mi hanno svaligiato casa a Sydney e mi hanno distrutto il motorino). Con tutto ciò non mi sono mai arresa o fermata e continuavo il mio cammino anche zoppicando, senza risorse finanziarie.”

Dal punto di vista antropologico su cosa a parer tuo bisognerebbe puntare per valorizzare il territorio?“Lavorare con quello che già abbiamo, che e’ tantissimo. Non c’e’ bisogno di inventarsi niente di nuovo. Basta solo credere in noi stessi, rimanere ottimisti, essere uniti e pronti a lavorare sodo per raggiungere gli obbiettivi di una Sardegna più felice, più sana e più prosperosa”

Australia e Sardegna due luoghi lontani ma c’è qualcosa che li accomuna?“Si, tanto. Tutte e due sono isole, in quanto tali rimangono isolate dal resto del mondo, chi per latitudine e longitudine (l’Australia), chi per i pessimi trasporti (la Sardegna). Tutte e due con popoli (aborigeno e sardo) che hanno sofferto la colonizzazione e in quanto tali, sono sofferenti delle tipiche caratteristiche delle popolazioni sottomesse: insicure, disunite e sfruttate.”

Cosa la Sardegna potrebbe acquisire dall’Australia per migliorare il territorio e viceversa?Lezioni dall’Australia: eliminare inutili frenanti burocrazie, la corruzione e il nepotismo, che stanno uccidendo questa terra e intralciano i nostri sogni; migliorare l’ospitalità e i servizi turistici (ospitalità non e’ accoglienza): siamo generosi ma non con chi paga (leggi turisti); investire sui giovani, che purtroppo stanno scappando tutti all’estero; essere più uniti, senza gelosie, invidie e insicurezze che ci frenano e impediscono di crescere, ma bisognerebbe lottare insieme per un futuro migliore. Mai più accettare quello che viene imposto dall’alto alla nostra terra, che danneggia sia l’ambiente sia la nostra gente!Lezioni dalla Sardegna: avere la nostra profondità umana, affettiva e culturale, la generosità dell’ospitalità sarda, che condivide anche il poco che possiede; l’amore che abbiamo tutti per questa terra e che dobbiamo imparare a proteggerla.”

Il tuo prossimo lavoro? “Sto lavorando su una nuova serie televisiva una ‘crime series’ Aborigena, sulla pedofilia. Anni fa il governo Australiano prendeva i bambini aborigeni e li mettevano in famiglie di bianchi per farli assimilare e molti di questi purtroppo sono stati adottati da pedofili e quindi molestati. Uno di questi è un mio amico Aborigeno che sta cercando giustizia da 40 anni e che vuole riportare in Australia il suo molestatore che adesso vive nelle Filippine, libero di continuare i suoi crimini imperturbato. Noi vogliamo andare là e cercarlo per poi aiutare l’ Austalian Federal Police a consegnarlo per l’estradizione e per poi andare in processo per i suoi crimini commessi.”

http://www.rivistadonna.com/

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Un commento

  1. Gianfranco Omar Meloni

    T’ apo connotu oje e so abaitande totu sa die su chi naras tue. Ti ho conosciuto oggi e sto leggendo tutto quello che parla di te. Sono molto contento che ci siano persone così coraggiose. Io ho vissuto sin da piccolo il sardo balente e l’ ho visto sparire piano piano. Vorre i sapere come fare per farti conoschere alla massa dei sardi. Proprio in questi giorni si parla di basi militari ma allla gente pare non importargli niente.Anno paura.

Rispondi a Gianfranco Omar Meloni Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *