SARDEGNA, L’ALBA DI UNA CIVILTA’: L’ULTIMO LIBRO DI PIERLUIGI MONTALBANO ALLA “SEBASTIANO SATTA” DI VERONA

Pierluigi Montalbano e Salvatore Pau (foto di Andrea Zonca)

di ANNALISA ATZORI e FRANCESCA SANNA

Alla “Sebastiano Satta” di Verona è arrivato Pierluigi Montalbano, scrittore cagliaritano, grandissimo appassionato di archeologia sarda, a presentare il suo libro che racconta, con un linguaggio divulgativo accessibile a tutti, l’archeologia della Sardegna, dal Neolitico alla Civiltà Nuragica.

Montalbano ringrazia il presidente Salvatore Pau per l’opportunità offerta e subito si addentra nell’illustrare le testimonianze arrivate fino ai nostri giorni, a partire dall’ Età della Pietra (Paleolitico e Neolitico), a quella del Rame  e a quella del Bronzo (durante la quale possiamo collocare l’inizio della Civiltà Nuragica).

Partendo dal  Neolitico Antico, cita i ritrovamenti fatti a Capo Caccia: punte di freccia in ossidiana, “l’oro nero dell’antichità”, utilizzata nelle varie operazioni di caccia, come per la scuoiatura degli animali.  L’ossidiana sarda ( vetro vulcanico) veniva esportata in tutto il Mediterraneo e proveniva dai vulcani spenti (Monte Arci, Oristano). Ritrovata in questi siti la “Conchiglia Cardium” (6000 a.C. ), utilizzata per realizzare delle incisioni seghettate nelle ceramiche”cardiane”, esportate anch’esse in tutto il Mediterraneo. Sono state rinvenute  anche alcune anfore, decorate con immagini della Dea Madre, simbolo dal forte richiamo religioso.

Al Neolitico Medio appartengono invece le “Domus de Janas”, le famose tombe a pozzetto a giorno, costruite scalpellando le rocce per poi depositarvi i defunti con tutto il corredo funerario. Si credeva nel ciclo della vita e anche qui compaiono le statuette della Dea Madre (rappresentata come una fanciulla in avanzato stato di gravidanza).

Le Domus de Janas a camera sono invece databili al Neolitico Finale.

Intorno al 3000 a.C. (età del Rame) in Sardegna compaiono gli “ziggurat” (o ziqqurath), le piramidi a gradoni che si trovano anche in Mesopotamia. Il guscio in pietra (2000 a.C. ) e l’altare rosso di Monte D’Accoddi (Sassari) ne sono chiara testimonianza.  L’altare sulla torre era considerato il punto di incontro tra umano e divino.

Particolari i ritrovamenti di resti umani fatti presso i “Dolmen” sardi, sparsi in tutta la Sardegna (Mores, Benetutti, Buddusò, Berchidda, Luras, Arzachena): attribuiti alle “genti campaniformi”  (le ricche genti della cultura del Vaso Campaniforme, che arrivavano da fuori Sardegna e che avrebbero costruito anche Stonehenge).  I Dolmen erano sepolture collettive, sicuramente di tipo “gentilizio” quindi riservate a persone ricche. A questo periodo sono attribuiti i vasi campaniformi e i pugnali “brassard” ritrovati nella tomba di Marinaru (Sassari).

Alla fine dell’Età del Rame, in Sardegna erano presenti tre popoli: i Corsi (a nord-est), i  Balari (nell’attuale Lugodoro, provenivano dalla Francia meridionale e dalla Penisola Iberica ed erano i portatori della cultura del Vaso Campaniforme)  e al centro-sud gli Iliensi (o Iolei), provenienti dall’Africa.

All’Età del Bronzo Antico (2000 a.C.) vengono fatte risalire le “Tombe dei Giganti”, che si possono trovare disseminate in tutta la Sardegna. Particolari strutture funerarie collettive, con parte frontale a semicerchio, al centro del quale si trova una stele.  I culti legati alle tombe dei giganti sono da collegarsi al dio Toro e alla Dea Madre (la morte era legata alla nascita).

E arriviamo all’Età del  Bronzo Medio (1800-1500 a.C.) per trovare i Nuraghe, costruzioni in pietra di forma tronco conica,  posizionati in punti strategici in tutta la Sardegna.  I nuraghe più complessi risalgono all’Età del Bronzo Recente (1500 a.C.): ne è un esempio il Nuraghe Losa (Abbasanta) con una torre centrale e altre due (bilobato). A questa struttura erano addossate altre stanze per conservare le dispense. Il Nuraghe Arrubiu (Orroli – Cagliari) è addirittura un complesso nuragico, costituito da torri sovrapposte. E’ l’unico nuraghe pentalobato, con una torre centrale e altre cinque torri attorno alle quali si trova una cinta muraria esterna con altre sette torri. Seguono altre cinte murarie e altre torri, per un totale di ventuno torri!! Il Nuraghe Santu Antine (Sa domu de su re, la casa del re) a Torralba è trilobato e ha addirittura un orientamento astronomico, sud – sud/est.

Passando all’Età del Bronzo finale, in Sardegna come anche in Egitto non si utilizza più l’architrave, ma l’ogiva (come poi si farà nelle volte a crociera romaniche o gotiche).

All’Età del Ferro sono databili i pozzi sacri (es. Santa Cristina a Paulilatino, Santa Vittoria a Serri, Sa Testa a Olbia e moltissimi altri). In essi, erano sempre presenti tre caratteristiche: l’acqua, la bellezza e le offerte votive.

Il Nuraghe di Barumini (detto Su Nuraxi) è un insediamento umano cresciuto intorno a un nuraghe quadrilobato (tra il XIII e il VI secolo a.C.). Qui pare che gli edifici contenessero dei tesori, era praticamente un bunker, realizzato per custodire i preziosi derivati degli scambi di merci con i Fenici. Nascono infatti le “città mercato” , come l’insediamento di Su Gorrupu (Tiscali) e il complesso nuragico di Sa Sedda ‘e sor Carros (Oliena), una città del commercio.

Montalbano termina il suo viaggio nella storia della Sardegna con un approfondimento sui bronzetti, utilizzati per comunicare per immagini: i bronzetti raccontano una storia fatta di tanti personaggi. Ed ecco le regine sedute sul trono, i maschi che andavano a fare la guerra, gli arcieri e tanti altri ancora.

Un viaggio nella magia, nell’alba della civiltà.

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Un commento

  1. Non per niente è il mio insegnante di archeologia. Persona che stimo per la sua onestà intellettuale.
    E…visto che ci sono…un. aro saluto a Marcellino Ligas e famiglia e, naturalmente, a tutti i SARDI di Verona.

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