QUANDO LA MITOLOGIA ISPIRA L’ARTE. LA STORIA DI FREYA

Sara Bachmann, la piccola Freya e Gianni Crobe nella foto di Gabriele Doppiu

di Tonino Oppes

Freya è un nome della mitologia nordica. Tra i popoli scandinavi è considerata la dea dell’amore. Due grandi gatti alati guidano il suo carro che, dopo tanto girovagare nell’Europa più fredda, è approdato da alcuni anni in Sardegna, in un angolo del golfo di Olbia.

Proprio qui, nella terra misteriosa dei nuraghi, ha incontrato le janas dei racconti magici. E subito è nata una grande amicizia.

Le amiche di Freya sono entrate con lievità nel mondo dell’arte sarda, ma ora sono un punto di riferimento per chi ama stupirsi davanti alle cose semplici. E dire che tutto era cominciato come un gioco.

Sara Bachmann, artista danese, studi all’Accademia di Belle arti a Firenze, aveva disegnato su un foglio di carta una principessa per la figlia Freya, quando la bambina aveva poco più di due anni. Un volto infantile, magari da colorare ancora prima d’essere stracciato e, poi, buttato via. Succede quasi sempre così quando si gioca con i più piccoli.

Ma, l’arte, si sa, segue vie misteriose. Quel foglio di carta quasi dimenticato in un angolo della casa è stato recuperato, il giorno dopo, dal padre della bambina, l’architetto Gianni Crobe, origini di Buddusò.

“Ma è bellissimo” dice rivolgendosi alla moglie e da quel complimento, dettato dalla stima e dall’affetto, è nata tutta la storia: la storia delle amiche di Freya.

Il passaggio dalla carta alla tela, al tessuto o alla tavola, è stato immediato.

Sara Bachmann ha continuato a dipingere tenendo sempre ben saldo il disegno iniziale: il volto della principessa realizzato per la sua bambina. Ancora oggi, a otto anni da quel singolare esordio, la protagonista dei lavori è quasi sempre la donna, preferibilmente quella sarda che indossa i tradizionali costumi. Tuttavia, senza mai dimenticare le donne scandinave, c’è spazio anche per le Masai, le giapponesi e per quelle indiane: insomma per tutto l’universo femminile.

Quei volti, dipinti su tele piccole o di grandi dimensioni, sono sempre sereni, coloratissimi. Lo sguardo è dolce. Due grandi occhi, che cambiano colore tutte le volte che cambia il soggetto, illuminano facce tondeggianti che sembrano piccole lune approdate sulla terra. Sono il simbolo di uno stile inconfondibile che ha superato da tempo i confini dell’isola. Il successo porta con sé lusinghieri apprezzamenti tanto che i lavori di Sara Bachmann sono ora esposti in tutta Italia e in alcune importanti boutiques nel cuore di Mosca, mentre si susseguono le mostre.

Sì, Freya adesso ha tante amiche, sparse ovunque: dal Colorado ai Paesi Arabi. In Danimarca gioca ancora con le sirene, mentre in Sardegna preferisce la compagnia delle misteriose janas, dolci e fiere come le principesse di tutte le fiabe del mondo. “Perché, in fondo, dice Sara Bachmann, c’è sempre un intreccio tra arte pittorica e narrazione”.

Allora succede che siano proprio i vecchi contos a ispirare i lavori più belli. Seguendo i racconti dell’infanzia l’arte si trasforma in fiaba custodendo la sua magica purezza anche quando, anziché con le parole, si esprime con i colori dei bambini. Che hanno rapito anche il cuore dei grandi.

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4 commenti

  1. Veramente un bell’articolo! Complimenti all’autore e…ai soggetti ispiratori.

  2. Che bel testo, è stato un piacere leggerlo! Paesi nordici e Sardegna, niente apparentemente può sembrare più distante, eppure l’arte, è proprio vero, accorcia sempre le distanze. L’arte e la volontà delle persone e dei popoli. C’è chi vuole mantenere i confini, chi ne vuole costruire di nuovi, e per fortuna c’é una piccola grande umanità che ama i sogni, li nutre e cerca di realizzarli, abbattendo barriere di ogni genere. Davvero una bella storia, una favola vera. Grazie. Piera

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