IL FORZIERE DEI RICORDI: FESTEGGIATI A PAVIA I 90 ANNI DI FILIPPO SOGGIU. PER OTTO ANNI E’STATO PRESIDENTE DELLA F.A.S.I.

ph: Filippo Soggiu


di Tonino Oppes

90 anni festeggiati di recente, con le sue grandi famiglie. Quella messa su con la moglie Giovanna e la Fasi. C’erano l’una e l’altra, al circolo Logudoro di Pavia, per il suo  compleanno. Filippo Soggiu era commosso, ma felice. Aveva accanto la compagna di una vita e gli amici di tante battaglie combattute al fianco e nel nome degli emigrati sardi.

Gli anniversari, soprattutto quando si va avanti negli anni, ti aiutano ad aprire il forziere dei ricordi.

Si va lontano con la memoria.

Si parte da Buddusò, con il pianto nel cuore, ma con la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta. Filippo Soggiu era un ragazzo, ma con le idee precise: non voleva fare il pastore, neppure il cavatore di pietre, o l’ortolano, tutti lavori che aveva svolto alla giornata prima di partire per il servizio militare. E’ durante la leva che impara a guidare i camion dell’esercito.

Con quella patente in tasca cerca di costruire il suo futuro. Nel 1950, quando è appena rientrato nel suo paese, parte per Carbonia. La città è giovane ed è in espansione. Il lavoro nelle miniere garantisce posti di lavoro diretti e indiretti. Filippo Soggiu lavora prima con i camion, poi alla guida di pullman di linea  con la Columbus.

“Erano anni straordinari. Dal 1953 fino al 1956. La Sardegna conosceva il turismo. Certo non si poteva parlare di boom, ma in certi periodi dell’anno avevamo i pullman sempre pieni. Viaggiavamo da Carbonia fino a Castelsardo, attraversando la Sardegna nella sua la linea occidentale. Con noi viaggiava anche una hostess, era la guida turistica. Sì, si stava bene, ma non c’era certezza del futuro.”

E allora si parte ancora. Con la patente in tasca si può viaggiare ovunque. Per Filippo Soggiu la destinazione è Pavia.

“Perché Pavia?” gli chiedo.

“ Le prime trasferte degli emigrati sardi nel mondo sono tutte uguali. Si parte in un posto anziché in un altro perché c’è sempre qualcuno che ti apre una strada. E’ stata una mia cugina a dirmi: vieni a Pavia. Allora c’era la Snia Viscova che aveva bisogno di operai. Erano gli anni della grande emigrazione verso la Francia, la Svizzera e la Germania, qualcuno partiva per la lontana Australia,  in Italia si andava verso Genova, Torino, Milano. Sono partito anche io. La valigia piena si sogni. Pensavo di fare il camionista. Ho fatto l’operaio, ma non mi pento.”

“Come è stato il primo impatto con quel mondo?”

“Difficile. Sì gli inizi sono proprio stati difficili, ma non per il lavoro. Ero andato via per lavorare, e avevo trovato subito un’occupazione. Potevo ritenermi soddisfatto. Però la Sardegna mi mancava, eccome. Poi quella nebbia che ti nascondeva il sole. Un sardo non ci può vivere in un luogo senza sole. Poi ti abitui e superi tutto con il lavoro e con l’aiuto degli amici, delle persone care e della famiglia. Io e i miei amici aspettavamo con grande trepidazione l’estate. Voleva dire vacanza: il ritorno in Sardegna, in paese. Ma era altra sofferenza, all’andata e al ritorno. Forse i più giovani non lo sanno, ma quelli erano gli anni in cui prima di prendere il traghetto, per arrivare o per ripartire, significava spesso dormire nei porti di Genova, Civitavecchia, Olbia e Portotorres anche tre o quattro giorni. La politica cercava molto debolmente risposte che non otteneva, la Tirrenia, che agiva in regime di monopolio, non doveva fronteggiare i pericoli della concorrenza. Che sarà  mai un’attesa di qualche giorno in macchina, in fila, prima dell’imbarco? “

Da giovane cronista anche io ho raccontato più volte quei disagi. I bivacchi nei porti erano l’altra immagine dell’estate sarda. Giorni sottratti alle vacanze. Era il prezzo che i viaggiatori, ma soprattutto,  gli emigrati pagavano per il mal di Sardegna. Ed è andata così fino al termine degli anni Settanta.

“Quante volte, ricorda amaramente Filippo Soggiu, io con la mia famiglia abbiamo dormito per terra nel porto di Genova prima dell’imbarco per Portotorres. Due giornali come materasso, in attesa dell’imbarco che durava molte notti. Alla Tirrenia sapevano benissimo che in estate il numero dei passeggeri aumentava, ma i traghetti erano sempre gli stessi. Noi protestavamo, ma non trovavamo interlocutori né a Roma né a Cagliari. Il primo ad ascoltarci fu Giovanni Nonne da sottosegretario di Stato alla Marina.”

E’ commosso, ma anche rammaricato, Filippo Soggiu quando ricorda quegli anni.

“Erano anni di lotte dure, guidate agli inizi da Tullio Locci. Era originario di Villasor, ma abitava a Savona. E’ stato il primo a battersi con coraggio per il diritto alla navigazione degli emigrati. Poi c’è stata una mobilitazione generale, anche se la politica è stata a lungo assente.”

“Debbo dire con molta tristezza che il nostro rapporto con la politica è stato pessimo. La Sardegna con noi è stata spesso una Terra ingrata. Eppure, nel nostro piccolo, eravamo i suoi  ambasciatori fuori dall’Isola. Anche per questo sono nati i circoli. Stare insieme per contare di più e per incontrarsi e parlare. I circoli sono nati con questo spirito. Il nostro di Pavia è nato nel 1981. Lo abbiamo chiamato Logudoro. Sono stato il primo presidente. Ma non posso dimenticare chi mi ha dato una grande mano di aiuto: Gavino Ganzu di Bono, anche lui lavorava alla Snia. All’inizio eravamo pochi. Il numero è cresciuto all’improvviso dopo che abbiamo organizzato una gara di cantadores  a poesia. Dalla Sardegna erano arrivati Pepe Sozu e Antonio Pazzola. Un successo inatteso anche per noi. C’erano più di trecento persone al salone della manifestazioni di Pavia. A tutti, all’ingresso avevano distribuito i moduli per l’iscrizione al circolo. Poi sono arrivati gli uomini di cultura: Gesuino Piga, che è l’attuale presidente, Paolo Pulina, Sandro Meloni, Antonello Ruiu, Giorgio Carroni. Grazie a loro, che hanno dato una svolta importante all’attività del nostro circolo, abbiamo organizzato tanti dibattiti per parlare di Sardegna. Nel primo si è parlato di storia. Proprio così: la storia dell’isola, la nostra storia, è stata al centro di un grande dibattito al quale hanno partecipato in molti e non tutti sardi. La Sardegna raccontava se stessa agli altri. I circoli sono stati sempre un punto di riferimento per gli emigrati sardi, non per una questione di nostalgia. Certo la voglia de faeddare in sardu cuns sos amigos era forte. Ma c’erano anche problemi pratici da affrontare, come quello di aiutare i tanti nostri corregionali a trovare un lavoro, una casa, oppure a fare il biglietto per poter partire senza affanno. Ecco, all’inizio abbiamo avuto soprattutto un ruolo sociale. Ora non è più così, anche grazie agli emigrati di seconda e terza generazione.”

“Come è stata l’esperienza alla guida della Fasi?” gli chiedo.

“Ho fatto il presidente per otto anni, dopo essere stato vice per cinque. E’ stata un’esperienza fondamentale e bellissima. Ovunque andassi sentivo il bisogno di rappresentanza dei sardi. Il ricordo più bello che custodisco è il Congresso Nazionale celebrato a Olbia. Per tre giorni abbiamo discusso su una nave messa a disposizione, gratuitamente, dalla Moby e ancorata nella rada del porto gallurese.  Come sembravano lontani i ricordi delle notti passate ad aspettare il traghetto, anche se il problema dei collegamenti tra la Sardegna e la Penisola è stato tutt’altro che risolto.”

“E ora, gli chiedo, che ruolo hanno i circoli degli emigrati?”

“ I circoli sono ricchezza. Sono custodi di identità da non smarrire. Già identità. E’ una parola che soprattutto in Sardegna si sente pronunciare spesso. Noi sappiamo che cos’è. L’abbiamo sempre difesa. Sappiamo che è fatta di storia, di ambiente, di valori. E’ fatta di cose semplici e di memoria, che va salvata. Sappiamo che vive nel desiderio di incontrarsi e di parlare. Con la Sardegna sempre nel cuore. Ecco perché sbaglia quella politica che elargisce miserie ai quei circoli sparsi per il Mondo che ancora sventolano con fierezza l’orgoglio della sardità. Questo, forse, in troppi lo dimenticano.  Ma ti assicuro che la voglia di continuare a battersi per l’Isola c’è ancora. Da parte di tutti i soci.”

ph: Giovanna e Filippo

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4 commenti

  1. CARI SALUTI AL MIO AMICO E PADRE DI NOI ALLORA GIOVANI NEL LONTANO CONVEGNO A VARZI ED ANCORA AI VERTICI DELLA FASI. CIAO FILIPPO CONTINUA A FARE IL PADRE DELLA GIOVENTÙ PER LA NOSTRA ASSOCIAZIONE SARDA FORZA PARIS

  2. Giuseppe Baduena, sempre in Oltrepò Pavese, però non a Varzi, ma a Salice Terme, conferenza organizzativa dei Circoli della allora “Lega Sarda”, 17 e 18 dicembre 1988. Saluti

  3. Carissimo massimiliano,ho finito adesso di leggere il bellissimo articolo del grande comune
    amico Tonino Oppes.Sono confuso e fiero che il mio novantesimo compleanno sia stato accolto con tante testimonianze di affetto e amicizia.
    Grazie di cuore, caro max e caro Tonino, Da comune mortale,sono orgoglioso di esservi
    amico. Con affetto Filippo.

  4. Da "Il Messaggero Sardo" dell’agosto 2004 Articolo .di Giampaolo Porcu
    ….Tutto questo per lasciare immaginare l’ambiente che ha accolto la manifestazione organizzata insieme alla FASI e con la compartecipazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Vercelli; oratore ufficiale il giornalista Tonino Oppes, capo redattore del TG3 Sardegna, che ha parlato de "I paesi dell’interno e la narrativa popolare sarda". Alla presenza del Sindaco e dell’Assessore alla Cultura del Comune di Vercelli e di una platea numerosa colta ed attenta, dopo il saluto del Presidente dell’Associazione, allora "Sa Rundine", cui ha fatto seguito quello del Cav,Filippo Soggiu Presidente onorario della FASI, e quindi data la parola al dottor Oppes. Egli ha voluto incentrare la sua conferenza sull’importanza della memoria, soprattutto della memoria che il tempo tende a cancellare perché spariscono poco alla volta coloro che avevano il compito di tramandare oralmente i ricordi del passato, cioè gli anziani. Le nuove generazioni sembrano non aver tempo di fermarsi, ricordare e raccontare.
    Questo fu il primo evento svoltosi a Vercelli, da Presidente dell’attuale sodalizio "G.Dessì". A questi tre personaggi ( uno purtroppo, Giampaolo Porcu, non c’è più) devo molta gratitudine. Filippo ( a proposito AUGURONI per i tuoi 90, anche se in ritardo) è il primo che ho conosciuto, nel lontano
    febbraio-marzo del 2004, a Pavia.Parlammo per un’ora circa, mi diede parecchi consigli e nel congedarmi mi anticipò che avrebbe fatto di tutto per portare a Vercelli un giornalista da Cagliari. A giugno venne appunto Tonino Oppes, che da allora ci ha onorati della sua presenza parecchie volte.
    Da loro tre, ho appreso e apprezzato la semplicità e umanità. Grazie di cuore!
    Dino Musa

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