UNO CHEF DALLA FORZA STRAORDINARIA: PAOLO PALUMBO, 19ENNE DI ORISTANO MALATO DI SLA, RACCONTATO DAL PAPA’ MARCO

ph: Paolo e Marco Palumbo

di Barbara Piras Marco Palumbo, chef e ristoratore, è il papà di Paolo Palumbo, 19 anni e da due affetto da SLA. Il più giovane caso in Italia e in Europa e nella forma più aggressiva. Paolo è un giovane cuoco con tanta passione e il sogno di entrare nell’Alma, l’accademia dello chef Gualtiero Marchesi. Ma proprio mentre si sta preparando ai test di ammissione fissati per settembre del 2015 la malattia comincia a dare i primi segni e tra visite, fisioterapie e ricoveri ospedalieri passa un anno prima che i medici possano confermare la spietata diagnosi di SLA. Si tratta di una malattia a volte difficile da diagnosticare. Per comprendere le cause e scoprire trattamenti e cure efficaci è necessario investire nella ricerca scientifica. Paolo e la sua famiglia spendono il loro tempo e le loro energie in questa direzione. Molti gli eventi pensati e voluti per raccogliere fondi da destinare alla ricerca. 

Marco, presentaci Paolo, tuo figlio. “Paolo è sempre stato un ragazzo molto preparato. Studiava al Convitto Nazionale a Cagliari, faceva il liceo classico. Non ha terminato gli studi perchè la sua passione è sempre stata la cucina, passione che ha ereditato da me come io l’ho ereditata da mia madre. Paolo è un entusiasta e qualsiasi cosa lui faccia la fa con serietà, scrupolo e con tanto impegno e studio. Paolo è quello che mi ha portato dai profumi, sapori e colori della cucina mediterranea a quelli della cucina asiatica, a quelli della cucina molecolare.  E’ travolgente e ogni obiettivo che si prefigge lui lo raggiunge. E’ la persona a cui devo i maggiori riconoscimenti sulla mia cucina a livello internazionale. Mio figlio si intende di alimenti a 360°, conosce ogni tipo di cucina, da quella mediterranea a quella orientale, da quella turca a quella indiana passando per la cucina cinese e giapponese.”

Nel 2015 Paolo, che si preparava ai testi di ammissione all’Alma, l’ Accademia dello chef pluristellato Gualtiero Marchesi, comincia a stare male e, tra ripeute visite, ricoveri e accertamenti, arriva la terribile diagnosi. Paolo ha la SLA. Come avete affrontato tutto quello che vi stava succedendo?  “Sapevamo quello che avremmo dovuto affrontare, conoscevamo la SLA. Certo, non potevamo immaginare il decorso e il percorso nei minimi dettagli di una malattia che è un vero e proprio dramma. Ma è stato Paolo, lui e solo lui, a prenderci tutti sottobraccio, a dirci che ce l’avremmo fatta, che noi avremmo vinto. E’ lui che ci ha dato la forza e che ce la regala ogni giorno. Con il suo sorriso, sempre pronto 24 ore su 24, cerca in ogni modo di confortare e incoraggiare gli altri malati e le loro famiglie fatte di persone meravigliose che accudiscono ogni minuto di ogni giorno i loro cari intrappolati in una vita a metà. Paolo è un ragazzo di 19 anni che dice:” Papà, quando vado a trovare le altre persone sofferenti il mio dolore scompare, non esiste più “.”

Avere a che fare con una malattia neurodegenerativa progressiva, che lascia libera la mente e l’anima ma blocca il corpo in una prigione senza sbarre, che ripercussioni ha nella vita di tutti i giorni? Ripercussioni che immagino si manifestino a più livelli, da quello familiare a quello sociale, passando per quello economico. ”Le ripercussioni sono devastanti. La maggior parte del nostro tempo è dedicato alla ricerca. Ricerca di terapie alternative, alimenti nuovi, integratori, antiossidanti, qualunque cosa che possa rallentare in qualche misura il progredire della malattia. In questo momento a livello mondiale esistono cure che il Sistema Sanitario Nazionale non passa. Per fare un esempio, noi compriamo dal Giappone un farmaco che costa tantissimo e se non hai tutti quei soldi cerchi di procurarteli, vendi quello che possiedi, quello che hai accumulato nella vita fino a quel momento. Da un punto di vista familiare è cambiato tutto, tutto è stato stravolto. È cambiato il nostro modo di ragionare, di pensare, di guardare ai veri valori della vita. Quello che potevi fare prima ora non lo puoi più fare. È impensabile andare a cena fuori, fare una passeggiata, trascorrere una giornata al mare. Prima di tutto per non far stancare Paolo, perchè quando lui è molto stanco si accentuano notevolmente tutti i sintomi della malattia. Abbiamo dovuto stravolgere le nostre abitudini alimentari ed eliminare tutte le sostanze che possono essere nocive per Paolo. Per noi oggi non esiste più un futuro, dobbiamo pensare e vivere giorno per giorno, cercando di assistere Paolo nel miglior modo possibile e spendendo tutte le nostre risorse per aiutare la ricerca scientifica a trovare una cura, per Paolo e per tutti gli altri malati. In questo momento Paolo, per la rarità del suo caso, sta facendo da cavia e va là dove si stanno studiando varie terapie sperimentali. Perchè la speranza è veramente l’ultima a morire. Cerchiamo di sensibilizzare la comunità sull’importanza di sostenere la ricerca scientifica con eventi pensati per raccogliere fondi. Il prossimo sarà il 13 maggio in una Serata di Gala organizzata dalla ArteProgetti di Loredana Virdis al Caesar’s Hotel di Cagliari.”

Parlando sempre di ripercussioni, come è cambiato il rapporto con gli altri, con la società che vi circonda? ”Intorno a noi c’è tanta solidarietà, in molti ci manifestano il loro appoggio e non ci fanno mancare l’affetto e l’amicizia ma in fondo siamo soli. Purtroppo viviamo in una società fatta di apparenze e le persone sulle quali possiamo contare, estranee alle nostre famiglie, la mia e quella di Sonia, sono veramente poche, le contiamo sulle dita di una mano. Nella vita di tutti i giorni, nelle cose pratiche siamo soli a combattere questa dura battaglia.” Marco, spostiamo per un attimo il nostro sguardo sulla mamma di Paolo, tua moglie Sonia, e accendiamo un riflettore su di lei. ”Sonia è una donna esausta e si sfinisce ogni giorno, dalla mattina alla sera. Credo che le donne reagiscono al dolore in maniera diversa da noi uomini. Sonia è la mamma di Paolo ed è la colonna portante della famiglia. È una donna forte, coraggiosa che, insieme a Paolo, sta dando forza a tutti noi e tiene saldamente le redini di questa situazione. Insieme a lei Rosario, l’altro nostro figlio, che ormai vive in simbiosi con il fratello. È come se fossero diventati una cosa sola. E poi c’è mio zio, di 90 anni, una vera forza della natura. Un ex farmacista che continua a leggere, approfondire e studiare, per aiutare Paolo. Lui, che vive con noi da 25 anni e ha visto i ragazzi crescere, è quello che risente di più della malattia di Paolo.”

Marco, un ultima domanda: dove trovate tu e Sonia, tua moglie, la forza di andare avanti? ”Nell’amore per il nostro rapporto, per i nostri figli, per la vita. Io e Sonia ci conosciamo da bambini e siamo una coppia da quando frequentavamo la scuola media. Ci siamo sposati giovanissimi, avevamo appena 19 anni e subito sono nati Rosario e Paolo. L’amore è l’ingrediente che ha sempre, da sempre, tenuto unita la nostra famiglia. È l’amore che ci fa andare avanti, è la prima cosa che abbiamo insegnato ai nostri figli ed è sempre l’amore a dare la forza a Paolo di combattere la sua battaglia per la vita.” 

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