SARDEGNA, CORSICA E MONTECARLO ALLEATE CONTRO IL PROGETTO DI UNA SOCIETA’ NORVEGESE: BOMBE PER TROVARE IL PETROLIO NEL SANTUARIO DELLE BALENE

di Nicola Pinna

Ci sono persino le orche, ma avvistarle non è sempre facile. Le balene, i delfini, i capodogli e le stenelle fanno la loro nuotata quotidiana tra le imbarcazioni che ogni giorno attraversano il loro santuario. Tra Sardegna, Corsica, Liguria e Toscana i cetacei di tutto il Mediterraneo hanno trovato un riparo sicuro: una specie di rifugio in cui fermarsi durante i grandi viaggi. Ci sono anche le tartarughe marine, quelle che sempre più spesso scelgono le nostre spiagge per deporre le uova e ripetere una riproduzione che ogni volta sembra miracolosa. Nel paradiso del silenzio ora incombe il pericolo di un bombardamento violento: un assalto sottomarino che ha l’obiettivo di cercare (e magari estrarre) petrolio e gas. Nel blu più profondo, a 24 miglia dalle coste della Sardegna, una società norvegese è convinta di trovare un tesoro. E lo vorrebbe sfruttare al più presto. Con un metodo che gli esperti chiamano “air-gun”: bombe di aria compressa, da sparare a ripetizione sui fondali, a un’intensità sonora che potrebbe variare tra i 240 e i 260 decibel. Una potenza assordante, che in natura – spiegano gli scienziati – può essere superata soltanto dai terremoti o dai vulcani sottomarini.  Per i giganti del mare, dicono i biologi, le bombe d’aria possono provocare effetti più gravi di un violentissimo sisma. Assediati dagli spari, cetacei e tartarughe rischiano di perdere l’orientamento e così il grande parco può trasformarsi in una specie di deserto marino. Il progetto della società Tgs-Nopec comprende un tratto di mare enorme: 20.900 chilometri quadrati, dalla costa di Propriano fino al Golfo di Oristano, sfiorando anche le acque cristalline intorno all’Asinara. Una fetta di azzurro che confina con il Santuario dei Cetacei, istituito nel ’91 grazie all’accordo tra Italia, Francia e Principato di Monaco. E proprio i tre governi ora si uniscono per tentare di fermare il bombardamento ad aria compressa. Il ministero dell’Ambiente sta completando l’iter della valutazione d’impatto ambientale, ma in attesa che da Roma si prenda una decisione, nasce il fronte comune tra Corsica, Sardegna e Principato di Monaco. «Dobbiamo lavorare – dice il presidente corso Gilles Simeoni – per un divieto totale di tutti i nuovi permessi di ricerca o sfruttamento di idrocarburi nel Mediterraneo. Le esplorazioni off-shore potrebbero danneggiare gravemente il santuario marino protetto Pelagos. Un incidente sulle piattaforme di trivellazione potrebbe causare un disastro ecologico, economico e sociale». «Siamo con la Corsica in questa battaglia – sottolinea da Cagliari, il governatore Francesco Pigaliaru – Un progetto di prospezione geofisica nei nostri mari potrebbe provocare gravi rischi per tutto l’ambiente marino limitrofo alle coste». I biologi Gabriele Costa e Greca Calamita dell’Università di Sassari hanno fatto uno studio: «I mammiferi marini sono i soggetti più sensibili, ma non gli unici a subire gli effetti dei bombardamenti. Le conseguenze più semplici da prevedere per le varie specie sono numerose: cambiamenti nel comportamento, elevato livello di stress, indebolimento del sistema immunitario, allontanamento dall’habitat, temporanea o permanente perdita dell’udito, morte o danneggiamento delle larve dei pesci e degli invertebrati marini». I norvegesi rassicurano. «L’area di indagine – scrive la Tgs-Nopec nella relazione tecnica allegata alla richiesta – è stata studiata in modo tale che le operazioni si svolgano in un’area posta entro una linea di rispetto di 15 miglia dal confine meridionale dell’Area marina protetta». «Non basta – ribatte l’assessore all’Ambiente della Sardegna, Donatella Spano – La Regione applica il principio di precauzione, dal progetto non si evince chiaramente quali possono essere gli effetti e quanto sia alto il rischio: questo già basta per fermare tutto». Gli ambientalisti hanno già presentato le loro osservazioni e chiedono al ministero dell’Ambiente di bloccare il piano: «Non è la prima volta che ci provano – dice Stefano Deliperi del Gruppo d’intervento giuridico – Lascino vivere in pace balene, delfini e tartarughe».

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