DAL CONGRESSO DELLA FEDERAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI SARDE IN SVIZZERA A ZURIGO: LA RELAZIONE DEL VICE PRESIDENTE VICARIO DELLA CONSULTA DELL’EMIGRAZIONE

ph: Domenico Scala


di Domenico Scala

A 7 anni di distanza dal precedente Congresso che si tenne a Lucerna nel 2010 siamo qui a celebrare il V Congresso della Federazione dei Circoli sardi in Svizzera. A soli 7 anni da Lucerna ci guardiamo attorno e troviamo una realtà socio-politica ancora mutata.  È cambiata la situazione in Sardegna, in Italia, in Europa. L’onda lunga della crisi economica che investe l’Occidente continua a farsi sentire in modo speciale in Paesi come l’Italia che appaiono meno attrezzati a farvi fronte.  Se l’Europa va a due velocità, come dice Mario Draghi, troviamo il Belpaese nel fanalino di coda, a causa di mancate riforme e di un mercato del lavoro rigido, farraginoso, poco competitivo.  Da qui lo spettro della disoccupazione che si aggira per l’Italia e per la nostra Sardegna.

Ci sono altri fattori che caratterizzano la crisi presente su cui non mi posso fermare, ma che è utile citare:

– la crisi della classe media, cioè di quella classe che nel ‘900 è stata la protagonista dello sviluppo sociale

–  il declino dell’Unione Europea che sembra aver messo in ombra la sua spinta propulsiva

–  le ondate migratorie provenienti da diversi Paesi

–  l’insicurezza sociale

–  il populismo che è associato all’insicurezza e alla minaccia per le identità

–  infine una politica nazionale che sembra scegliere il ruolo di comparsa anziché quello di protagonista. Una politica troppo spesso autoreferenziale, che cerca l’audience anziché la soluzione dei problemi reali che affliggono la gente comune. Dicevamo dello spettro della disoccupazione e aggiungiamo adesso che noi stessi – come Federazione svizzera – abbiamo registrato un incremento dell’ondata migratoria dalla Sardegna verso le città della Confederazione Elvetica; ma questo è un fattore su cui torneremo.

Un Congresso, lo sappiamo, costituisce sempre un’occasione preziosa per incontrarsi, fare il punto del lavoro compiuto, confrontarsi e tracciare le linee per il futuro. Un Congresso indica perciò una stagione di bilanci.  Ci guardiamo indietro e non possiamo non ricordare con legittima soddisfazione il lavoro fatto, le iniziative promosse, le manifestazioni realizzate.  Ma lasciatemi almeno ricordare due iniziative, fra l’altro piuttosto recenti: la prima è quella dello SPORTELLO della Sardegna in Svizzera che si è rivelata assai utile per mettere in contatto le Imprese della Sardegna con il mercato svizzero. Si è trattato di fornire un supporto normativo e legislativo alle Aziende della nostra Terra che puntavano alla internazionalizzazione.

È ben chiaro che l’apertura di nuovi mercati significa favorire la creazione di nuovi posti di lavoro.

La seconda iniziativa molto qualificante è stata quella dell’ISOLA DELLE TORRI. Una mostra ospitata per alcuni mesi nelle sale dell’Università di Zurigo, che ha costituito un’occasione di grande prestigio per far conoscere il patrimonio culturale, artistico, archeologico, naturalistico (con una appendice enogastronomica…) della nostra Isola. L’elevato numero di visitatori sta a dimostrare quanto ampio e duraturo nel tempo sia stato l’interesse suscitato. Gli echi molto positivi rimbalzati sulla stampa quotidiana e periodica confermano il successo assoluto della mostra.

Ricordando questi aspetti voglio rimarcare il fatto che, nonostante la crisi e le altre molteplici difficoltà, la nostra Federazione ha mantenuto vive le finalità che ne giustificano la sua costituzione. Tali finalità, ricordiamolo, sono quelle della valorizzazione culturale ed economica della Sardegna in Svizzera, la tutela e l’incremento dei legami identitari fra i sardi che vivono e operano in Svizzera e coloro che risiedono in Sardegna.   E infine l’attivazione di tutte le forme di solidarietà, assistenza, condivisione e crescita della nostra comunità sarda e non solo, residente nella Confederazione Elvetica.

Crediamo che l’impegno, l’organizzazione, la caparbia volontà di far bene abbiano consentito alla nostra Federazione di conseguire risultati di gran qualità che hanno affermato e consolidato il prestigio della nostra Terra presso l’opinione pubblica e presso le stesse istituzioni svizzere. Ne sono testimonianza gli echi che i mass media, e in particolare la televisione svizzera, riservano alla Sardegna che viene presentata, illustrata e divulgata ai telespettatori con sensibile rispetto e viva simpatia.

Detto questo non possiamo però dimenticare le sofferenze e le criticità che riguardano la Federazione dei circoli dei sardi in Svizzera e anche tutto il mondo della emigrazione.

Non possiamo non essere preoccupati nell’assistere alla chiusura di Circoli che operavano con capacità e impegno in altri Paesi europei. Come è stato possibile, ci chiediamo. Le risposte sono che

–  per esigenze di bilancio bisogna operare dei tagli,                         

– che occorre razionalizzare la rete dei Circoli,                                                 

–  che occorre essere dinamici e fare marketing,                                               

 –  che occorre svecchiare e innovare.

E CHE PERTANTO BISOGNA CHIUDERE.  Viene da pensare che non siano stati soppesati alcuni fattori molto importanti come il fatto che L’EMIGRATO PER ECCELLENZA È COLUI CHE VA A LAVORARE ALL’ESTERO, in condizioni non facili, con problemi di lingua, di conoscenza di leggi, norme e costumi; quell’emigrato che soffre per difficoltà di inserimento facilmente immaginabili.  Balza evidente il fatto che se occorre avere un occhio di riguardo, questo riguardo deve rivolgersi a chi, vivendo in terra straniera in condizioni difficili e ingrate, tuttavia opera con capacità, energia ed efficacia per mantenere vivo il legame identitario con la nostra Isola.

La Regione Sardegna, nel suo piano triennale, esorta al ricambio generazionale e a noi sembra che questa sia una giusta, sacrosanta indicazione.  Ma analizziamo con più attenzione. Nel corso degli anni i Circoli sono stati gestiti da noi che abbiamo tenuto sempre aperte le porte alle giovani generazioni. E notiamo, inoltre, ancora oggi, che quando i giovani sono invitati rispondono, si impegnano, partecipano.  Certo i giovani tendono a non prestare continuativamente la loro opera. Il loro rapporto con la terra natale, con le tradizioni e le usanze delle origini è meno forte rispetto a quello che sentivamo noi negli anni e nei decenni passati. Noi sentivamo il bisogno di tenere costantemente acceso il focolare della identità.

Tuttavia, come dicevo, la risposta dei giovani c’è. Ma questa loro risposta non trova sempre un adeguato riscontro con la Regione, meglio: CON LA BUROCRAZIA REGIONALE. Accade infatti che gli adempimenti burocratici, CAMBINO SPESSO. Il tempo, la cura e la dedizione necessari, tendono a stancare e a scoraggiare i giovani che sono abituati a contatti più facili, diretti, immediati e semplificati. E’ questo l’ostacolo col quale ci si scontra: cambiano frequentemente le regole, le norme, i moduli e gli interlocutori.

Mancando continuità nei riferimenti i giovani si allontanano frettolosamente, senza troppi indugi e senza troppi rimpianti. Questo mio riferimento ai giovani non vuol essere casuale, anche per il fatto che va ad essi il richiamo che campeggia nello slogan del nostro Congresso che parla delle “conoscenze e competenze” dei giovani per il progresso della Sardegna. Guardare ai giovani significa guardare con speranza e fiducia al futuro, che è l’unica dimensione che abbiamo davanti. Ma è un futuro che vogliamo sia di PROGRESSO, cioè di crescita per le nostre famiglie, per la nostra comunità, per la nostra Sardegna, per il nostro Paese.

Ma se i giovani sono i protagonisti, qual è la via da seguire? Credo che non ci siano dubbi: è LA VIA POLITICA. Occorre che la politica faccia la sua parte sforzandosi e attrezzandosi per comprendere i problemi locali e concreti di una società complessa e globalizzata.

Ma ai politici che fanno chiudere i circoli e che chiedono il ricambio generazionale, io vorrei chiedere: che cosa fate voi politici, voi che siete responsabili della cosa pubblica, che cosa fate per evitare che i giovani emigrino? CHE COSA FATE PER CREARE POSTI DI LAVORO IN SARDEGNA? Perché, cari amici, ci si dimentica che il primo diritto che il giovane chiede non è quello di emigrare, bensì quello di potersi realizzare nella propria Terra attraverso il lavoro.  IL LAVORO, è questo il problema più urgente. Penso che nessuno possa parlarne, con la competenza che la contraddistingue, come potrebbe fare l’Assessora regionale dott.ssa Virginia Mura. Quali siano le caratteristiche e le difficoltà di questo comparto, quali siano le prospettive e le vie da percorrere, quali siano le ragioni che oggi spingono i giovani e i meno giovani ad emigrare, nessuno meglio dell’Assessora potrebbe spiegarcelo.

Ma io volevo qui fare un richiamo alto e forte al fatto che il lavoro è precisamente L’IDEA FONDATIVA DELLA REPUBBLICA ITALIANA. L’articolo 1° della Costituzione, dal quale tutti gli altri discendono, proclama che L’ITALIA È UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO.

Siamo ben consapevoli che non ci potrà essere alcun progresso per nessuno senza una disseminazione del lavoro che deve puntare a coinvolgere tutti, a cominciare dai giovani. Ma non solo: sappiamo bene che c’è una disoccupazione che ha i capelli grigi, ma ha anche il mutuo da pagare e una famiglia da mantenere! In tale contesto mi permetto di aggiungere che compito dei politici deve essere quello di individuare tutti i modi e tutte le vie per stipulare un’alleanza tra vecchie e giovani generazioni.

È compito e dovere del politico governare il presente guardando al futuro. Questa alleanza intergenerazionale riguarda tutta la società, ma nello specifico riguarda anche noi qui riuniti, oggi, non possono metterci alla porta.

Essa riguarda infatti la vecchia emigrazione e la nuova. La realtà e la funzione degli organismi di rappresentanza dei sardi e degli italiani all’estero non può essere messa in discussione, infatti è vero che il momento essenziale della democrazia, cioè il voto,(e mi riferisco AL VOTO DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO) non solo è una realtà ma, come sappiamo, risulta DECISIVO per i più delicati equilibri politici nazionali, regionali e locali e noi dobbiamo saperlo valorizzare in tutta la sua importanza e in tutta le sue potenzialità. Certo occorre trovare le forme più opportune ed efficaci per favorire questa alleanza tra generazioni, per facilitare il passaggio del testimone, per rendere più attivo l’operato dei circoli dei sardi all’estero. Ho fatto riferimento alla democrazia che è la nostra conquista, che è la forma delle nostre istituzioni, che è il nostro costume costante. E mi chiedo e vi chiedo:

–  com’è possibile che si rifletta su questi gravi problemi,

–  com’è possibile che si stili una programmazione a medio termine

–  com’è possibile che si mettano sul tappeto le numerose problematiche del mondo dell’emigrazione

–  com’è possibile fare tutte queste cose CONVOCANDO UNA SOLA RIUNIONE DELLA CONSULTA PER L’EMIGRAZIONE ALL’ANNO? Qui, dal tavolo del nostro 5° Congresso desidero rivolgere un appello ai politici regionali, che tanta sensibilità hanno dimostrato in passato.  Desidero rivolgermi ai responsabili della Giunta e del Consiglio regionale chiedendo loro di mantenere viva e operante

–  la funzione della democrazia,

–  il confronto che è il metodo della democrazia,

–  la partecipazione che è il sale della democrazia.

Desidero rivolgere un appello affinché vengano convocati e operino attivamente e frequentemente gli organismi di rappresentanza della emigrazione sarda nel mondo.

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