RACCONTARE LA SARDEGNA ATTRAVERSO IL CINEMA: L’INIZIATIVA A ROMA CON L’ASSOCIAZIONE “IL GREMIO DEI SARDI”

 

di Antonio Maria Masala

Al cinema Trevi, grande successo dell’ Incontro con il Cinema Sardo, a cura del Gremio di Roma in collaborazione con Cineteca Nazionale, Fasi (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia) e Cineteca Sarda: Rossana Cingolani, Antonio Sanna e Umberto Siotto, Sergio Naitza raccontano la Sardegna.   

Tre docu-film proiettati sabato 4 marzo scorso, ci hanno dato  la  possibilità di conoscere meglio e approfondire la recente storia sociale, politica, economica e artistica della Sardegna e di dedicare un sabato pomeriggio ai temi della nostra isola. La serata è stata impreziosita dalla presenza dei registi in sala che alla fine degli spettacoli hanno offerto ulteriore motivo di riflessione ed emozione.  Si tratta di alcuni tra i più interessanti autori nel panorama del cinema del reale, che anche in Sardegna si è sviluppato negli ultimi anni, in un territorio fortemente radicato nei suoi riti e nelle sue tradizioni. Rossana Cingolani (non sarda di nascita ma sarda nel cuore), Antonio Sanna e Umberto Siotto, Sergio Naitza scavano nel passato dell’isola, chi alla ricerca di un prezioso filo d’oro intessuto nel mare, chi per analizzare una rinascita economica industriale, mai pienamente realizzata, chi, infine, per raccontare uno parte della vita sociale della Sardegna attraverso lo scambio di le lettere tra due fratelli.

La suggestione magica della sala sotterranea, come una grande conchiglia adagiata sulla “Città dell’acqua”, così si chiama l’area archeologica intorno, e la vicinanza della meravigliosa Fontana di Trevi rendono questi incontri sempre speciali. La location sommata alla ricchezza del programma ha reso una serata particolarmente partecipata. L’affluenza è stata tale da costringere  addirittura la curatrice della rassegna, la nostra socia e dirigente Franca Farina, e la stessa regista Rossana Cingolani a uscire per cedere il posto a qualche spettatore in più.

Il filo dell’acqua di Rossana Cingolani (2016, 72’) “Chiara Vigo è un Maestro, unica al mondo, a conoscere il segreto della seta del mare, il bisso. Un filo prezioso che non si compra e non si vende perché appartiene al mare: in pratica la bava della grande conchiglia pinna nobilis. Il giuramento dell’acqua, pronunciato a Sant’Antioco, in Sardegna, lega il Maestro con un altro, metaforico filo, quello di settemila anni di storia, lungo cui le generazioni si tramandano il segreto della raccolta e lavorazione del bisso marino. Una maestria che non può andare perduta e che Chiara Vigo custodisce, unica depositaria, mentre racconta ai visitatori le mille storie di questa tradizione antica. Il film, girato nel Museo del bisso e negli stupendi ambienti dell’isola, ci porta nel cuore di un rito affascinante, sospeso tra una rara abilità artistica e la sacralità delle leggi che legano uomo e natura” (mymovies.it).  Purtroppo, attualmente, su ordinanza del sindaco e con un discutibile pretesto, il Museo è stato chiuso e il Maestro sfrattato dai locali. Forti le reazioni dell’opinione pubblica in proposito contro tale iniquo provvedimento. L’attrice Maria Grazia Cucinotta s’è fatta portavoce di una larga raccolta di firme, tanti raccolte dal nostro Gremio, portate all’attenzione del Presidente della Repubblica.

Senza passare dal VIA di Antonio Sanna e Umberto Siotto (2016, 88’) “Sul finire degli anni sessanta in una Sardegna che marcia a due velocità, con i poli di Cagliari-Macchiareddu-Sarroch e Portovesme e Sassari-Porto Torres, al centro dell’isola un gruppo di giovani democristiani contesta le scelte politiche della Regione e inscena una campagna di ribellione che si manifesterà con l’occupazione di una ventina di Municipi, delle strade e delle piazze. Il nuorese chiedeva sviluppo e occasioni di lavoro che in quel momento solo le fabbriche sembravano essere in grado di garantire. E fabbriche furono. Accogliendo le proposte del gruppo ribelle, capeggiato da Ariuccio Carta, allora consigliere regionale, la Regione decide di impiantare una fabbrica petrolchimica nella Media Valle del Tirso che avrebbe poi dovuto avere una serie di poli ad essa collegati così da spalmare sull’intero territorio le centinaia di miliardi che arrivavano dalle Partecipazioni Statali, erogati attraverso la Cassa per il Mezzogiorno. Il problema di Ottana è che nasce per fornire una risposta in termini sociali e non economici e questo caratterizzerà la sua storia pluridecennale. Nel corso degli anni sul polo industriale vengono letteralmente scaricati miliardi di lire e poi di euro per sanare perenni stati di crisi e avvicendamenti produttivi. Risorse e attenzioni particolari che vengono sottratte alla crescita di altri settori importanti dell’economia, come turismo, artigianato e naturalmente l’agricoltura e la pastorizia…” (Sanna-Siotto).

Le nostre storie ci guardano di Sergio Naitza (2013, 90’) Il documentario racconta 25 anni di storia sociale della Sardegna, dalla fine degli anni Cinquanta al 1970: è il periodo cruciale in cui si esce da una economia agropastorale per entrare, complice il Piano di Rinascita, nell’epoca della trasformazione industriale. Ogni cambiamento fa i conti con i retaggi della tradizione e del passato. Questo cortocircuito fra antico e moderno emerge nel rapporto epistolare tra un fratello, costretto a trasferirsi a Cagliari per cercare lavoro, e una sorella, rimasta invece nel piccolo paese dell’interno: nelle loro lettere si specchiano i grandi temi che agitano la storia sarda, dalle miniere all’emigrazione, dalla pesca negli stagni alle prime cooperative, dal banditismo alla nascita della Costa Smeralda, dall’industrializzazione al Cagliari dello scudetto. Il cuore pulsante del documentario sono le immagini custodite nell’archivio della Rai sede regionale per la Sardegna: un montaggio rapido assembla sequenze da inchieste, documentari, servizi giornalistici, lasciando ampio spazio a spezzoni originali di interviste. Una commistione di vero e verosimile che diventa chiave narrativa per esplorare la nostra storia recente capace però di interrogarci – nel riproporre temi e problemi ancora oggi irrisolti – e di invitarci alla riflessione. 

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