“BALLA CHI COMMO BENIT CARRASECARE”: LE MASCHERE TRADIZIONALI DI ESCALAPLANO E TETI PROTAGONISTE NEL FESTIVAL INTERNAZIONALE CARNEVALESCO DI PRILEP, UNO TRA I PIU’ IMPORTANTI DELL’EST EUROPA


di Valentina Usala

Seppur non si è trattato di un ballo, come ho citato nel titolo, credo che le parole del cantautore Andrea Parodi si rifacciano appieno a quanto sto per raccontarvi.

Per ballo s’intende tutt’altro, è vero, ma il ballo è sinonimo di tradizione, di condivisione e soprattutto di memoria perpetuata nel tempo. É questo il concetto da cui vorrei partire, per illustrare quanta bellezza ci sta nella parola memoria, intesa come quella storica. E questo i sardi me lo hanno insegnato sin da bambina. C’è qualcosa di molto profondo, di incisi primordiali fatti di suoni e profumi, di credenze e riti che sanno espandersi nell’aria come le fiamme dalla bocca di uno sputa fuoco.

Buona lettura!

Domenica 26 febbraio si è tenuto l’annuale Festival Internazionale – Carnevale di Prilep, in Macedonia, organizzato dalla Federazione Europea Città dei Carnevali (FEEC). 

Si tratta di una tra le più importanti manifestazione carnevalesche dell’est Europa, dove a rappresentare l’Italia e la Sardegna sono state l’Associazione culturale Bois Fui Janna Morti di Escalaplano e l’Associazione Culturale Iscusorzu di Teti.

Un importante evento che ha visto protagoniste circa 5000 persone in maschera, che hanno tinto di colori e tradizioni quella giornata, dal sapore ancora invernale. Una foltissima moltitudine di persone fatta di colori, maschere, movimenti audaci e sguardi fieri. 

Aggiungerei anche di orgoglio nell’indossare sulla propria pelle la storia e l’identità di un popolo che si ripercuote come un eco velato di cultura mistica e arcaica, quale è la Sardegna.  

L’associazione prende il nome dalle sue maschere tradizionali: “Su Boi” il bue e su “ Fui Janna Morti” una sorta di fantasma che esce la notte del 31 luglio.

Su Boi, indossa sul capo una testa di bue con grandi corna, sulla schiena una pelle bovina e sul petto un grosso campanaccio (sonallu), sorretto da una larga cinghia in cuoio (oturada), il viso è annerito con la fuliggine di sughero, vestito di nero con calzari in pelle e un grosso corno che viene fatto risuonare per simulare il muggito del bue. Su Boi è legato con una fune in pelle (sa soga) tenuto dal domatore “Su Omadori”, vestito con i vecchi sacchi in Orbace (su saccu e coberri) o anche con un capoto in orbace dotato di cappuccio (gabanu a cuguddu), in mano tiene un bastone con laccio in pelle (su fuettu o istrumbulu) col quale frusta e punzecchia su Boi. S’omadori utilizza un ulteriore dettaglio, la maschera (sa faciola) ricavata dall’osso del bacino del bue che nella tradizione sarda più arcaica veniva indossata da chi era ritenuto in grado di comunicare con l’aldilà; l’osso di per sé è simbolo di rigenerazione a vita.

Al risuonare del corno il bue,  Su Boi, si esibisce in delle corse sfrenate per le vie del paese per incutere timore alle persone che trova sul proprio cammino; si lancia sopra le persone, cercando di incornarle, si butta per terra emettendo muggiti. Ed è qui che interviene la figura del domatore, Su Omadori, che lo trattiene con sa soga, la fune, lo tira e lo punge con su strumbulu, un bastone appuntito, colpendolo con su fuettu, il frustino. Nella parte finale il bue viene portato all’interno di un cerchio e costretto a rotolarsi per terra dopo di che, togliendosi il copricapo, riacquista  simbolicamente le sembianze umane.  In realtà il domatore è una sorta di stregone,  Su Bruxiu,  che interviene con un rito terapeutico molto potente “S’Imbruxiadura”, che ad Escalaplano viene detto  Sciaxinu. Il rituale del rotolarsi per terra viene inquadrato come terapia contro lo spavento, S’Assichidu, che si prova in seguito ad esperienze allucinatorie, che assumono l’aspetto tradizionale di un incontro con anime di defunti o altri esseri sopranaturali, o ancora uno stato di angoscia, di malessere fisico generale ed oscuro provato senza conoscerne la ragione.  Per anni, la figura del bue è stata immortalata da Zio Angelo Congiu, meglio ricordato dagli anziani come Tziu Angiulinu Cogorista, alla quale è rimasto devoto fino alla sua morte. 

Continuo questo scritto nel citare quanto segue:

Un’antica credenza, narra di alcuni uomini che, durante la notte, si trasformavano in buoi e, muggendo, si accostavano alla casa delle persone che in quella notte dovevano morire, per poi riprendere le sembianze umane all’alba. Questo bue, presagio di morte, lo ritroviamo durante la notte ad Escalaplano ad annunciare col suo prolungato muggito il carnevale (Pierina Moretti nel 1962, durante un convegno di atti ecclesiastici da lei visionati, è citata da Dolores Turchi nel suo libro Maschere di Sardegna GESMFRP 181 sgg)

Ho sempre visto Escalaplano da quassù come un paese generoso, che mi ha da sempre omaggiata di una ventata di calore che sa arrivare fino a qui, al Nord. E mica si stacca dalla pelle: un po’ come fa il maestrale quando gioca con la salsedine.

Credo risieda qui l’essenza dell’essere sardi, così come tutti i racconti narrati, che si ripercuotono nel tempo, affinché la memoria di un popolo non si esaurisca mai.

Ed è ciò che è avvenuto per il Carnevale escalaplanese: sia grazie alla ricerca seguita dall’affermata antropologa Joyce Mattu, (già autrice di diverse ricerche decennali e pubblicazioni, l’ultima delle quali Diosa, Bundu, Carrasegare), che ha svolto un lavoro di studio delle fonti e della bibliografia esistente in materia, di comparazione con altre realtà sarde, mediterranee ed europee, sia grazie all’ascolto, nonché la registrazione delle preziosissime fonti orali locali, con il coinvolgimento attivo degli anziani del paese. 

Il grande pregio e la grande fortuna della ricerca, ad Escalaplano, è infatti la memoria orale diffusa di chi ha vissuto, in prima persona, i riti e le modalità di questo carnevale, in occasione del quale, si tramandano anche racconti di divertentissime rappresentazioni teatrali.

Tra i personaggi più ricordati, troviamo Tziu Filicinu Pisano, Tziu Cogotti, Tziu Peppinu Locci, Tziu Dottoreddu (che non a caso ha preso questo soprannome) e Tziu Frorisceddu. A scrivere il nome di quest’ultimo, l’emozione fa da padrona! Tziu Frorisceddu, il suo soprannome, si chiamava Francesco Usala ed era il mio bisnonno. Se penso a un uomo molto alto, con spalle grandi, sguardo serio e severo e due folti baffi neri, impegnato nelle festività del Carnevale, credo che il detto l’apparenza inganna, nel suo caso ci stia a pennello. 

Per concludere, vorrei riportare le parole del presidente dell’Associazione culturale Bois Fui Janna Morti, Marco Prasciolu, nel riferire della giornata a Prilep:

 

“Tanto entusiasmo e grande soddisfazione per la bellissima manifestazione a cui abbiamo avuto l’onore di partecipare. Rappresentare l’Italia e la Sardegna con le nostre maschere identitarie, assieme agli amici di Teti, è stato veramente emozionante! Dopo aver partecipato a tantissime manifestazioni culturali, sagre e carnevali della nostra isola, averci chiamato in macedonia, a rappresentare e tenere alto il nome della nostra amata terra in Europa, è stato per tutti noi un momento di grande crescita, per la quale ringrazio la Fecc – Federazione Europea del Carnevale e la sua rappresentante, dott.ssa Rita M. Porcu.

Colgo l’occasione per invitarvi tutti a partecipare attivamente alla manifestazione de “Su Carnovali Antigu Scalepranesu”che si terrà, ad Escalaplano, il prossimo 30 aprile, dove potrete vederci esibire con le nostre maschere tradizionali, in collaborazione con tantissime altre maschere ospiti, e se vorrete vestirvi“a S’antiga” o con figure caratteristiche dell’800/900.” 

Un importante evento, che rende di certo fieri anche i sardi emigrati. Il cuore batte forte a sentire parlare di Sardegna, ancor di più quando le tradizioni antiche vengono portate per il mondo: a nos iscutulare sa vida.

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3 commenti

  1. Bois in Macedonia
    Grazie alla Federazione Europea Città dei Carnevali FEEC e alla sua rappresentante Rita Porcu Fecc Sardegna per averci invitato …
    Grazie agli amici di Teti, ottimi compagni di viaggio … Sennoreddu Andrea S’Iscusorzu
    Grazie ai Macedoni per l’ospitalità e accoglienza riservataci …
    Grazie alla scrittrice Valentina Usala per il bellissimo articolo.
    Aterus annus mellus

  2. “A nos iscutulare sa vida”

  3. Grazie Valentina per aver portato grande il nome del nostro paese pieno di tradizioni fino a poco tempo fa scomparse

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