LA TESI NEL LIBRO DI PEPPINO CANNEDDU DI MAMOIADA AL GREMIO DEI SARDI DI ROMA: JUAN PERON – GIOVANNI PIRAS: DUE NOMI UNA SOLA PERSONA?

nella foto da sinistra: Antonio Maria Masia, Peppino Canneddu, Franco Siddi, Ivanoe Meloni, Giovanni Feliciani


di Antonio Maria Masia

Peppino Canneddu, visibilmente commosso per la calorosa accoglienza riservatagli dai soci e amici del Gremio, nel raccontarci le sue verità, seguite con viva attenzione dai numerosi presenti, sulla storia che vorrebbe l’umile pastorello sardo Giovanni Piras di Mamoiada identificarsi e diventare il grande Juan Domingo Peron, ci chiede di immaginare un enorme mosaico esistenziale da comporre con minuscole tracce, a volte incerte e labili a volte quasi granitiche.

 Il mosaico riguarda due persone, o forse una: il giovanotto di Mamoiada che emigra in Argentina e un giovane che in Argentina intraprende una mirabolante carriera militare e politica di enorme successo, tanto da lasciare, tuttora, una eredità politica e di movimento chiamata “Peronismo”. In compagnia di una donna straordinaria: Eva Duarte o meglio EVITA.

 Un puzzle, ripete Peppino.

 Le tessere di Giovanni, nato il 26-3- 1891, sono chiare e trasparenti fino a un certo punto: parte, nel 1909 con un gruppo di amici fra i quali un certo Giovanni Lai noto Canela (attenzione al soprannome avverte Peppino), lui minorenne sotto la tutela di un compagno maggiorenne, scrive diverse lettere ed invia dei soldi, l’affetto per la madre Marianna Massidda che le regala il suo anello d’oro con incise le lettere MM, affinchè lo riporti al rientro in paese, madre che soffre enormemente per la partenza di quel figlio e che muore qualche anno dopo. Giovanni, dicono gli amici, era il migliore fra di loro, il più attento, quello più desideroso ad istruirsi e integrarsi, l’amore per la figlia del suo datore di lavoro Aurelia Tinzon.

Poi la nebbia.

Giovanni scompare e dalla nebbia, sostiene Peppino, emerge un’altra identità, un altro giovane Juan Peron, che per poter accedere in Accademia Militare e percorrere traguardi istituzionali doveva essere nato in Argentina (il movente, si precisa). Le tessere di Peppino non parlano più sardo, e non riescono a comporre in maniera compiuta la sua figura. Un’ombra, una foto di un ragazzino che all’inizio della maturazione del suo inserimento scompare per sempre, senza che per lui si possa dire, per sempre e fino ai giorni nostri, quando, dove e come sia scomparso…”e chena morte che passa lezeru” . Svanito!

 Appare e cresce Peron e Peppino ci indica tutta una serie di dati che da Giovanni si trasferiscono a Peron.

 Date di nascita, ricorrenze, il primo matrimonio di Peron, da lui poco rivelato, con Aurelia Tinzon, nomi di luogo e di mestieri, soprannomi come quello della cagnetta di Peron chiamata Canela, o la sua data di nascita 8-10-1895 che coincide con la data di cresima di Giovanni, o la data che lui dedica per celebrare la festa dei Sardi in Argentina il 26 di marzo di ogni anno, o la grafia del Presidente che ricorda, a parere asseverato di esperto calligrafo, quella che si rinviene nelle poche lettere rimaste di Giovanni. O la sparizione strana e sospetta di certi documenti sia di parte Piras che di Peron. Tante coincidenze e tante stranezze.

 Le testimonianze di alcune persone che hanno conosciuto Piras e Peron seppure inizialmente sospettose e/o omertose aprono a dubbi e interrogativi nella direzione indicata da Peppino.

 L’impegnativo e lungo lavoro dell’autore, che sin da ragazzino, da quando apprese per gioco la “leggenda”, dedica alla ricerca ed allo svelamento del mistero, anni ed anni, fatti di sacrificio ed anche sofferenze e preoccupazioni (e qui si inserisce l’altro importante tema dei “Desaparecidos” seguito e commentato in altro libro da Peppino), ci viene descritto con evidente, condivisa passione.

 Tanti applausi, diverse domande, e il libro “ Juan Peron – Giovanni Piras, due nomi una persona” ristampato dalla Bibliosofica di Roma (la prima edizione risale al 1984) di Giovanni Feliciani, anche lui fra gli intervenuti, che va a ruba e “costringe” Peppino a tante e attente dediche.

 Il racconto dell’autore è preceduto all’inizio dalla lettura della “moda” (antico modello di poesia sarda con i versi che ritornano e si incrociano) che ha dato il nome all’evento: Has’hapid’unu fizu Mamoiada… di Antonio Maria Masia, dedicata sin dal 2005 a Peppino, versi che rivelano la passione e l’affetto del padrone di casa per l’affascinante, verosimile vicenda.

 Subito dopo, un brillante e prezioso intervento del giornalista Franco Siddi che ricordando le sue visite in Argentina ai diversi Circoli dei Sardi ebbe modo di constatare che la storia era, da quelle parti, ben nota, seppure con atteggiamenti spesso di omertà e di scarsa predisposizione a parlare. Ma un testimone importante e illustre qualcosa la confesserà: Peppe Zidda, orunese, amico fidato di Peron, che spesso, durante l’incontro intervista del 1994 che Siddi riportò su la Nuova Sardegna,  ebbe a sottolineare che il Presidente amava i sardi, ed, anzi, era di “sangue sardo”.

A quel punto, Masia, riprendendo la parola e precisando che Peron non era stato un presidente di quelli feroci e sanguinari (evitò, partendo per l’esilio, un bagno di sangue al suo Paese, quando fu colpito da “golpe” nel 1955), ma invece aperto e autore di notevoli riforme di carattere sociale e sindacale a favore del popolo, sottolinea all’attenzione di tutti che fu lo stesso Peron a dichiarare, nella sua autobiografia “Yo’ Juan Domingo Peron”, in occasione del suo esilio a Madrid, la sua origine sarda, da parte paterna: trisavolo medico sardo, che si occupava anche di calzature.

 Questo è un punto determinante: ed allora perché mai non si dovrebbe individuare la famiglia d’origine paterna di Juan Domingo Peron? Così difficile per un Capo di Stato del novecento di tanto prestigio e fama? Misteri! Misteri su misteri!

 E Peron era noto, lo scrivono tutti i suoi biografi, per spargere favole e dubbi sulla sua biografia, mentendo e contraddicendosi; dire e non dire, affermare e negare sulla sua vita, specie quella precedente alla sua grande affermazione politica, erano le caratteristiche del Presidentissimo.

 L’evento si conclude ringraziando Peppino per averci regalato questa magica storia e sottolineando che, se Giovanni fosse Juan, sarebbe veramente una bella ed esemplare storia per l’emigrazione, come cantano gli ”Istentales” nel loro docu-film, tratto dal libro di Peppino nel 2005. Film che nell’occasione non è stato possibile proporre per imprevisti tecnici e per l’assenza di Gigi Sanna, il noto e bravo cantante del gruppo musicale, che all’ultimo non ha potuto partecipare, a causa di un urgente improrogabile problema familiare.

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3 commenti

  1. Ci abbiamo creduto tutti, solo che Canneddu ha inventato quasi tutto.
    Un vero mascalzone perché ha perseverato oltre ogni decenza. L’abuso del credo popolare è anche perseguibile.
    Leggetevi questo libro a gratis:
    http://www.mamoiada.org/_pdf/LetteraAperta.pdf

  2. Salvatore Serra

    Decisamente la ricerca di Pepino Canneddu è carente, campicchia con segreti da non svelare, non produce documenti come hanno fatto altri suoi paesani. Alcuni certificati prodotti sono risultati falsi. Assurdo. Come vi è riportato in scritti seri doveva scrivere un romanzo. Si è rivelato un ciarlatano di prim ordine.
    Bae c… Canneddu

  3. Peppino Canneddu

    per Pietro e Salvatore Serra, che poi sono la stessa persona, perchè non scrivi il tuo vero nome e cognome senza trincerarti in un vigliacco pseudonimo.
    Peppino Canneddu ha avuto il coraggio di andare in Spagna ed in Argentina e firmarsi senza nascondersi in modo vile dietro un altro nominativo.

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