LA SARTIGLIA 2017: LA GIOSTRA EQUESTRE CHE NON HA PARI IN EUROPA, SI CONFERMA UN EVENTO CHE RICHIAMA VISITATORI ANCHE IN BASSA STAGIONE


di Ennio Porceddu

Il fascino della Sartiglia conquista ben oltre i confini europei. Quest’anno ad applaudire componidori e cavalieri sono arrivate comitive da Giappone, Israele, Turchia dal Brasile, dalla Scozia e da varie regioni italiane (dalla Puglia a Milano, passando per Roma e Firenze).

La giostra equestre che non ha pari in Europa, si conferma un evento che richiama visitatori anche in bassa stagione.

Tutto è pronto. Da domenica 26 a martedì 28, febbraio, si svolge a Oristano una delle più importanti manifestazioni popolari dell’Isola: La Sartiglia, una giostra equestre di antiche origini.  

La Fondazione ha messo punto l’organizzazione della manifestazione e degli spettacoli legati alla giostra. Il centro storico ospita un percorso turistico commerciale ed è proposto il Villaggio Sartiglia, mentre altri stand e bancarelle sono sistemati nelle altre piazze del centro. Torna anche Mediterranea: le esposizioni con prodotti dell’artigianato e dell’enogastronomia hanno trovato spazio in piazza Eleonora.

Come da tradizione il 2 febbraio si è celebrata la Candelora. A Oristano la ricorrenza coincide con il primo atto ufficiale della Sartiglia.

I presidenti dei Gremi dei Contadini e dei Falegnami, come si ricorderà, hanno consegnato i ceri benedetti ai Componidoris Sergio Ledda e Giuseppe Sedda che capeggeranno la giostra equestre più importante della Sardegna.

La Candelora da sempre rappresenta uno dei momenti più intensi della Sartiglia.

L’antico rito della Sartiglia ha assegnato ai presidenti dei Gremi (s’Oberaiu Majori del Gremio dei Contadini Gianni Obino e il Majorale en Cabo del Gremio dei Falegnami Mauro Licheri) il compito di ufficializzare la scelta dei rispettivi Componidoris proprio con la consegna, ai cavalieri prescelti, del cero benedetto (con i fiocchi rossi quello dei contadini e rosa e celesti per quello dei falegnami).

La Sartiglia è un grande spettacolo di colori, simboli e metafore, dove tra il sacro e il profano, si mescolano culture, bravura e valori.

L’espressione principe di un popolo: di quella borghesia sociale e culturale che prende il nome di Gremio.

Secondo la credenza popolare, la Sartiglia sarebbe un rito agrario da cui si trarrebbero auspici per il nuovo raccolto: una ricorrenza della tradizione del popolo sardo che trae origini dalla fusione di cerimoniali stagionali legati all’agricoltura con elementi cavallereschi sostenuti dalla storia del costume della città Oristanese.

La Sartiglia o Sartilla non è altro che “il gioco dell’anello” o “il gioco della Quintana” è un torneo cavalleresco che si svolge la domenica e il martedì a chiusura del carnevale.

Il torneo, in voga anche in Europa nel 1200, sempre secondo alcuni storici, avrebbe avuto inizio nel 1500, grazie al Canonico Giovanni Dessì, per “dare al popolo un sano divertimento, sottraendolo dalle bettole e dal peccato”. Perché, il torneo, si conservasse nel tempo, lo stesso Canonico, avrebbe donato al Gremio San Giovanni, l’associazione che era preposta all’organizzazione della manifestazione, un terreno chiamato poi “su cungiau de sa Sartiglia”.

La domenica i cavalieri corrono sotto la protezione di San Giovanni Battista, mentre il martedì sotto la protezione di San Giuseppe (Gremio dei falegnami che organizzano l’evento).Da quel momento, ogni anno, il rituale si ripete. In tutte le contrade, l’Araldo (il banditore) legge il bando del primo cittadino della città che invita tutta la popolazione oristanese e tutte le Curatorie della Sardegna a partecipare alla Sartiglia.

Per l’occasione, il capo corsa riceve un cero benedetto e viene invitato a pranzo dal presidente del Gremio (su Majorali). Il pomeriggio in cui si svolge il torneo, il Componidori è accompagnato da su Majorali, nella sala della vestizione. La vestizione è un’affascinante cerimonia, dove l’opera delle ragazze in costume sardo (is Masaieddas) sotto la guida dell’esperta Massaia Manna. E’ fondamentale. Il momento della vestizione che vede il Componidori sopra un tavolo, assume un significato quasi sacrale.

Vestito, con cilindro nero, mantiglia, una camicia con sbuffi e pizzi, il gilet, una larga cintura di pelle e una maschera che incornicia il viso con l’ausilio di una fasciatura di seta, sale a cavallo e non dovrà toccare terra sino alla fine della giornata e sino a quando non avverrà la vestizione.

Espressione della purezza con la sua maschera quasi angelica.

Al termine della vestizione, su Componidori oltrepasserà la soglia. L’inizio del rullo dei tamburi e lo squillo delle trombe annunciano l’imminente inizio della gara. Alla corsa partecipano 120 cavalieri selezionati fin dal 1980, dall’associazione sportiva dilettantistica “Cavalieri Sa Sartiglia”.

Dopo la vestizione de su Componidori, il corteo dei cavalieri elegantemente rivestiti degli antichi costumi della tradizione spagnola e sarda, guidati dal capo corsa, dai trombettieri, dai tamburini e dal Gremio dei Contadini la domenica e dai Falegnami il martedì, si avvia verso la via che porta alla Cattedrale di Santa Maria Assunta.  Questo è il momento più avvincente della manifestazione.

L’abbraccio della città e la calorosa partecipazione dei turisti arrivati da tutte le parti del mondo, è enorme. Fra tutti, colpisce su Componidori, il principe del torneo che per un giorno, è al centro dell’attenzione di tutto il popolo presente, con la sua imponenza ed eleganza.

Su Componidori è eletto dal Consiglio direttivo del Gremio nel giorno della purificazione della Madonna.  

Nel percorso, vanno avanti gli “Obrieri” del Gremio e i cavalieri che, a due passi dal Duomo, si cimentano in una scatenata corsa, verso la stella. Spetta al Componitore, capo assoluto della corsa, scegliere i cavalieri ai quali sarà concesso cimentarsi nella corsa alla conquista dell’emblema e consegnare loro la spada.

Un insieme di suoni, luci e colori, n’esalta il successo. C’è sempre una simbiosi perfetta fra il cavallo e il cavaliere a conclusione della gara: ritto in sella, con la spada in pugno, il cavaliere saluta la folla dopo aver centrato la stella.

Alla fine della gara, il Componidori, scortato da due aiutanti, benedice la folla con un mazzo di viole “sa pipia de maju”, segno dell’imminente primavera, che si spera porti tanta prosperità al popolo. Quella è l’ultima corsa che si svolge di fronte al Duomo, prima della “Pariglia”: il Componitori corre supino in sella al suo cavallo, mentre la folla, partecipe, applaude.

Solo in quel momento la Sartiglia può dirsi conclusa e la manifestazione in quell’anno può essere irrevocabilmente tramandata alla storia e alla memoria della città di Oristano e alla Sardegna tutta.

IL GIOCO EQUESTRE: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO.

Ogni volta che si legge la storia della Sartiglia, uno rimane affascinato, come se fosse sempre la prima volta. La storia di questo gioco equestre è parallela a quella della città d’Oristano: una ricostruzione del passato, introdotta e sostenuta dagli oristanesi, che corrisponde al succedersi, nel corso dei secoli, alle varie dominazioni della Sardegna.
Sartiglia, Sartilla o Sartillia, deriva dallo spagnolo “Sortija”, in altre parole, vuol significare “Anello”. Questo gioco equestre che si svolge due volte l’anno (l’ultima domenica e l’ultimo giorno di carnevale), arriva da molto lontano.

Secondo gli storici furono i Crociati a introdurre le gare cavalleresche in Occidente fra il 1118 e il 1200, dopo averla appresa in Oriente, nel periodo che va, dalla prima alla terza Crociata.

La Sartiglia, si pensa sia arrivata assieme alla “Quintana” di Foligno e alla corsa del saraceno della città d’Arezzo.
Per quanto ci riguarda, è certo che questa gara equestre è arrivata in Sardegna attraverso la Spagna, dove, prima degli spagnoli, la praticano i Mori.
Nelle regole riportate dagli antichi storici di Milizia, si scopre che il gioco dell’anello si basava nel sospendere, alla fine del percorso stabilito (ad altezza d’uomo e cavallo), un anello che il cavaliere in corsa doveva infilzare con la lancia o la spada.
Per gli spagnoli, questa corsa a cavallo diventava la Sartiglia, e fu praticata alla Corte del Giudicato d’Arborea. Non si esclude che si svolgesse anche prima dell’arrivo degli Aragonesi.
Si narra, visti i legami di parentela esistenti fra Arborea ela Corte d’Aragona, che i Giudici Cavalieri si trasferirono per un certo periodo di “educazione alla vita di corte e alle armi”, presso gli Aragona.In Italia, i primi a praticare questo tipo di gara equestre, furono i pisani, anche grazie a Ugo Visconti, rientrato da una spedizione in Terrasanta.Secondo le “Cronache Pisane” del Concioni, già nel medioevo, nella città di Pisa, si correva la Sartiglia, ritenuta d’origine sarda. Se poi, andiamo a esaminare attentamente ogni dettaglio della Sartiglia, ritroviamo motivi tipici della giostra e del torneo, che avvalorerebbe successive contaminazioni con i giochi militari germanico – latino. Nel Regno di Napoli e Sicilia, fu Carlo I D’Angiò, dopo il 1266 (in pratica dopo la conquista dei due regni), a introdurre il “gioco delle lance” e la corsa equestre.
Più tardi, questi giochi si diffusero in tutta la Penisola. Mariano II d’Arborea, durante la sua permanenza da Carlo D’Angiò (1300 – 1302) a Firenze, svolse la sua educazione di vita, non trascurando ogni forma di divertimento con la nobile gioventù fiorentina.
In Toscana Mariano II, andò a nozze con la giovane figlia di Andreotti Saraceno e la condusse a Oristano, dove – secondo gli studiosi del passato – per festeggiare quest’importante avvenimento, offrì al popolo sardo (secondo l’usanza) spettacoli, balli, divertimenti vari e giochi equestri.
Con le nozze d’Eleonora d’Arborea e Brancaleone Doria, e di Beatrice con il conte Barbona, si ripeterono quei festeggiamenti.
Nello stesso periodo in cui la Sartiglia, dalla Sardegna, approdava a Pisa, dalla città toscana fu introdotto nell’isola, il Palio “sa corsa de su pannu”.
Secondo alcuni studiosi, la più antica testimonianza della giostra all’anello, risalirebbe al 1371 e si svolgeva a Narni, in provincia di Trani, dove tuttora si corre in occasione della festa di san Giovenale.
In tempi più recenti, specie nel Campidano, il Palio ha assunto una grande popolarità. Lo storico Cetti, nella sua “Storia naturale della Sardegna (Sassari, 1777), scrive: ” da tempo immemorabile si corre per i drappi in tutto il Regno di Sardegna, con un’universalità che non vi è altrove, poiché non v’è casale fosse ancora di soli 50 fuochi, ove non si corra almeno una volta all’anno”.
L’Ardia di Sedilo, nota come la festa in onore di San Costantino, secondo gli storici, potrebbe essere una derivazione di questo gioco equestre importato.

Perciò, si potrebbe affermare che l’introduzione della Sartiglia di Oristano, potrebbe essere datata al XIII secolo. In pratica, prima dell’invasione aragonese, e non come vuole la tradizione popolare, intorno al XVI secolo.

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