LA MEMORIA STORICA DEI SARDI A ROMA: ANTONIO MARIA MASIA SI RACCONTA

ph: Antonio Maria Masia


di Massimiliano Perlato

In prima by Advertise" href="#18782437"> by Advertise" href="#65657025"> by S3NovSmTD" href="#57711841"> fila da sx: Roberto Natalini (vicepresidente vicario), Cesare Masala (consigliere), Luciana Olianas (segretaria), Maria Antonietta Sotgiu (consigliera), Franca Farina (consigliera), Alessandra Peralta (consigliera), Pietro Calvisi (revisore), Giangiacomo Carta (consigliere), in seconda fila da sx: Gianni Diana (consigliere), Tomasino Scriccia (proboviro), Giuseppe Urru (Tesoriere), Giacomo Deiana (vicepresidente), Antonio Maria Masia (presidente), Riccardo Rettaroli (presidente revisori), Piero Morbidelli (proboviro), Massimo Milza (presidente probiviri).

Antonio Maria Masia è l’anima dell’Associazione “Il Gremio dei Sardi” di Roma. In questa intervista racconta di sé, delle sue origini, del suo percorso professionale in giro per l’Italia, delle sue pubblicazioni e dell’attività nel sodalizio degli emigrati.

L’introduzione spinge Antonio a raccontarci delle sue origini.

Provengo da una famiglia modesta di estrazione agropastorale, in paese, Ittiri, molto nota, stimata e benvoluta. Mio nonno paterno Salvatore (Barore), oltrechè accudire al lavoro dei campi ed occuparsi del nascente partito socialista locale, si faceva valere come poeta improvvisatore che, prima della sospensione fascista delle gare poetiche dal 1932 al 37, ha avuto l’onore di gareggiare sui palchi anche con alcuni grandi “cantadores” del suo tempo: Antoni Cubeddu di Ozieri,  Pitanu Moretti di Tresnuraghes, Antonandria  Cucca di Ossi, Andria Ninniri di Thiesi. Non è passato alla “storia”, ma ha lasciato una discreta e significativa testimonianza di versi. Da lui hanno derivato la vena poetica mio padre Pietro e mio zio Baingio, bravi ad improvvisare e scrivere, ma mai assurti all’onore ed onere delle gare. Da loro il mio amore per l’arte di Calliope  e la mia propensione per la scrittura in versi sardi e italiani.  Nel settore ci tengo a ricordare anche le buone capacità di un altro fratello di mio padre, Sebastiano e di Salvatore mio fratello maggiore, insomma una “Familia in poesia”,  come da un libro che spero completare quanto prima. Famiglia che, come tante altre ha avuto una lenta ma positiva evoluzione sociale inserendosi in altre attività. Mio padre si fece commerciante di una merce a lui particolarmente cara, l’olio d’oliva. Lo sentivo spesso cantare questi versi: “tres sunt sos regalos de Deus/a dolu misciados e allegria/s’aba, su ‘inu, s’olzu ‘e s’olia/pro chi sa vida colet in recreu” (tre sono i regali di Dio, insieme al dolore ed alla gioia, l’acqua,il vino e l’olio d’oliva, per consentirci una vita serena).Altri suoi fratelli militarono con onore e carriera nell’ambito dell’arma dei Carabinieri e dei Vigili Urbani.

Un percorso professionale intenso in giro per l’Italia che ti è valso lo status di emigrato

L’evoluzione sociale e professionale della famiglia continua specie  nella terza e quarta generazione rispetto al nonno, concretizzandosi nei settori della medicina, avvocatura, magistratura, insegnamento. Io divento bancario, più per esigenze economiche e di sostegno al reddito della famiglia, che per passione. Tra il Banco di Sardegna e la Banca Commerciale Italiana (Comit) non ebbi esitazioni ed optai per quest’ultima che mi assicurava prospettive di vita e di lavoro oltre l’Isola, verso mondi che desideravo conoscere e con i quali confrontarmi. Nel 1964, subito dopo il diploma in ragioneria, inizia il mio percorso professionale prima a Sassari, dove vengo promosso funzionario, e poi a Olbia, Frosinone, Pisa, Como, Roma, Milano, Pescara, Firenze e infine ancora Roma con incarichi dirigenziali in crescendo. Questi continui spostamenti, sempre con la famiglia appresso, hanno significato crescita professionale e umana attraverso il confronto con ambienti e circostanze nuove e diverse. Non mi sono mai considerato un figlio dell’emigrazione classica con le conseguenze sociali e relazionali che il termine comportava allora. Non ho patito le difficoltà e le ristrettezze di altri costretti a lasciare l’Isola alla ricerca di lavoro e di mezzi per sostenere la famiglia. Disagi tipici di chi lasciava la sua terra alla ricerca di un futuro sicuro e sereno, alla stregua di quello che oggi capita a milioni di persone incomprese e non accolte, anzi detestate perché percepite, erroneamente, diverse e pericolose. Io ho lasciato la Sardegna per mia precisa scelta, per trovare soluzioni di miglior crescita e maturazione professionale, finalizzate alla realizzazione di una brillante e redditiva carriera. Naturalmente l’ho lasciata con quella inestinguibile sensazione di malinconia,di “amargura” e tristezza intima a chi abbandona, per, forse mai più riaverle in maniera stabile, cose, amici e luoghi che ama.  Diciamo però che alla fin fine anche io per via di questa dipendenza psicologico-sentimentale-artistica innata, mi posso tuttavia considerare un emigrante, sempre fiero di far parte della categoria. Comunque sardo fin nel midollo.

Quale è stato il tuo legame con l’emigrazione sarda organizzata sino all’approccio finale a Roma

Legami immediati, appena sbarcato in Continente direzione Frosinone dopo aver lasciata Olbia sia come porto di partenza e sia come abitazione e posto di lavoro.  Legami saltuari con gruppetti di sardi, seppure non organizzati, nel capoluogo della Ciociaria e poi a Pisa e fortissimi a partire da Como. Piacevole il periodo anche di impegno all’interno del Circolo sul Lario, che sin da allora annoverava fra i principali esponenti Onorio Boi, di recente presidente dei Probi Viri della FASI, Federazione delle Associazioni dei Sardi d’Italia, di cui Il Gremio fa parte. Ricordo ancora l’organizzazione, per la prima volta a Como, di una gara poetica, in un teatro stracolmo, con i famosi e bravissimi poeti Marieddu Masala e Frantziscu Mura di Silanos e Antonio Pazzola di Sennori che io avevo contattato, presentato ed ai quali avevo assegnato i temi della tenzone poetica sul palco. Poi trasferito a Roma nell’89 con l’incarico di Direttore vicario della seconda importante sede italiana della Comit, fui accolto  al Gremio, Circolo di grande storia, allora presidente Mario Segni, attualmente Presidente Onorario. In quel periodo la fortuna e l’incanto di conoscere e diventare amico di Maria Carta, indimenticabile, socia di prestigio del Gremio, con la quale scambiammo i nostri libri di poesia:  il mio   “I silenzi di Pietra” con il suo stupendo  “Canto Rituale”.A Milano ho frequentato con una certa assiduità il Circolo diretto da Pierangela Abis, a Pescara strette relazioni con una signora di Berchidda alla testa di un gruppo di sardi d’Abruzzo che, pur non costituito in Circolo, amava di tanto in tanto riunirsi in banca (nel senso di tavola da pranzo) per sostanziose cene a base di cannonau, porcetto e canti sardi. Poi a Firenze contatti con l’ottimo circolo di Piazza Santa Croce ed infine di nuovo a Roma e di nuovo al Gremio come socio, quindi come revisore dei conti, allora presidente Giovanni Nonne, poi consigliere, poi vice presidente e dal 2010 presidente. Una scalata che scherzosamente potrei definire travolgente! Di puro volontariato, sia chiaro.

Parlaci della tua esperienza come Presidente de “Il Gremio”

Un’esperienza bellissima e di largo respiro anche se piena di difficoltà e talvolta non priva di delusioni e contrasti. Stupenda e appassionata perché il ruolo mi ha immerso direttamente dentro quel mondo e quegli umori che da sempre mi sono portato dentro, che sono nel mio dna: la mia identità, la mia gente, la mia terra. Senza retorica e vanagloria, senza vanti e lodi particolari, ma con vero e sentito amore per le mie radici, per la mia Sardegna. Tutto quà! Con la voglia di parlarne, di presentarla, di farne percepire i connotati fisici, spirituali economici e culturali. Il tutto sempre con l’animo aperto e disponibile verso le specificità e le bellezze della terra e della gente che mi ha ospitato, che mi ospita  e che mi ha accolto. Con il desiderio, appena posso, di parlare in sardo, di sentire su me stesso la cantilena, il suono, il ritmo de “sa limba” che mi appartiene e di cogliere negli altri quel sentimento piacevole di sorpresa e condivisione, come quando al teatro Euclide presentai, insieme a Nicola Tanda, Paolo Pillonca e Clara Farina, una gara fra il più vecchio aedo sardo Marieddu Masala e il più giovane, il ragazzo di Irgoli Giuseppe Porcu, diventato carissimo amico. I presenti non sardi in sala, i più numerosi, rimasero colpiti e affascinanti da quel canto omerico e antico che proveniva da quegli“strani” personaggi che si alzavano a turno a liberare versi improvvisati in piena metrica e rima. La missione di servizio al Gremio, continua a favore e a promozione di tutto quello che riguarda la cultura, l’arte, la musica, la pittura, l’economia, la politica in senso non partitico ma civico e di cittadinanza, la promozione dei prodotti tipici sardi, che offriamo sempre a conclusione dei nostri incontri. Ora utilizzo il plurale non in senso maiestatico ma per sottolineare e valorizzare l’apporto prezioso e costante dei tanti collaboratori del Circolo che con vero e solidale impegno personale, familiare e finanziario rendono possibile la riuscita di ogni iniziativa. Una in particolare:  da 7 anni ripetiamo ogni anno in un mercato o in una piazza di Roma, (per  esempio San Giovanni o Risorgimento o Ankara, o Mercatino Conca D’oro) le tre giornate de “L’Isola che c’è – Sardegna incontra Roma”, usufruendo della collaborazione e dello schema operativo di  un amico sardo doc. come Giorgio Ariu, uomo di  comunicazione di cultura, di giornalismo, editoria, e di esperienza, che ci porta sempre operatori enogastronomici, artigianali e artisti, fra i migliori che la nostra Isola annovera.

Come vedi il futuro del movimento dell’emigrazione sarda organizzata?

Positivo, se tutti sapremo proseguire sulla strada della diffusione della cultura e della promozione dei prodotti sardi, nel nome di una identità che non va destrutturata, nè archiviata, nè sottovalutata, nè annacquata in brodini molto liquidi e confusi, come a volte propongono alcuni intellettuali, ignorando o dissacrando, ritenendoli miti inutili e arcaici, i nostri veri e identitari punti di riferimento. Io preferisco rimanere conservativamente, arcaicamente e nuragicamente abbarbicato alle mie pietre, con tutto il rispetto dovuto alle altrui valutazioni di qualsiasi parte e colore. 

Antonio Maria Masia è anche poeta e scrittore. Diamo uno sguardo alle tue pubblicazioni del passato.

Ho pubblicato in lingua italiana nel 1989 a Como , Dominioni Editore, il libro di poesia “I Silenzi di Pietra,” un omaggio d’amore al paesaggio ed ai profumi dell’Isola e di dolore per la precoce scomparsa di un bambino di nome Pietro, mio figlio colpito da anemia mediterranea. In lingua sarda nel 2002, edizione Carlo Delfino – Sassari, il libro “Kadossène” (in fenicio pantofola degli Dei), un canto sulla storia della Sardegna in ottave rime. Nel 2009 con la Edes “Quel calcio nel cuore” a testimonianza del mio impegno sportivo, quale fondatore e primo presidente della Polisportiva calcio Ittiri. Ho parte nell’ Antologia “Sardegna, l’Isola e la Poesia”edizione Nemapress, curato nel 2007 da Neria De Giovanni Presidente dell’AICL, Associazione internazionale dei Critici letterari e fra i migliori esperti e interpreti di Grazia Deledda. Nel 2015 parte di un’antologia dei poeti ittiresi “Siddados de Ittiri”, e l’anno scorso ho finalmente dato alla luce il libro”Il Gremio – ha + di 100 anni ma ne dimostra 67 sulla storia del Circolo che mi ha duramente impegnato anche in ricerca documentale e di fonti per oltre due anni. I diritti di autore delle mie pubblicazioni sono stati sempre ceduti ad Associazioni di promozione sociale e di solidarietà (Associazione Talassemica Nazionale, Avis sezione Giommaria Carenti di Ittiri).  Ho ottenuto, pur partecipandovi raramente, sia sul versante sardo che su quello italiano, alcuni significativi riconoscimenti, fra i quali il primo premio Ozieri del 1994 (sezione emigranti), con la poesia “Su Tempus it’est?”

Il preambolo si è reso necessario per parlare del libro sulla storia dell’Associazione de “Il Gremio dei sardi” di Roma…

Con il libro sul mio Circolo volevo, togliendomi qualche sassolino dalla scarpa, dimostrare che Il Gremio è il primo nato in Italia: nel 1948 con l’attuale denominazione facendo seguito ad una Associazione di Sardi già presente oltre 100 anni fa e che nel 1914  seppe organizzare a Castel Sant’Angelo Roma uno storico e importantissimo 1° Congresso Regionale Sardo fuori dell’Isola. Volevo chiarire che non è stato un raggruppamento  politico e di gente altolocata e snob, come a volte lo si è definito,  ma piuttosto un vero Circolo nato e cresciuto per fare cultura e diffondere i valori spirituali e artistici della Sardegna e dei Sardi. Che non è vero che non ha mai fatto attività sociale, di assistenza e sollievo alle dure condizioni dei sardi emigrati a Roma negli anni 60/70. Anzi!  Crea nel 1969, d’intesa con la Regione Sardegna,  il Centro Sociale di Ostia  per l’assistenza agli emigranti sardi; Centro che poi diventerà l’attuale Circolo Quattro Mori del litorale romano! Volevo ricordare che il Gremio è stata da sempre la più autentica efficace e continua vetrina delle eccellenze sarde a Roma, che ha avuto fra i suoi soci, amici, conoscenti, ospiti scrittori, musicisti, scultori, poeti, romanzieri, politici, economisti di grande valore, conosciuti o emergenti. Potrei dire scorrendo l’indice del libro: chi non è stato al Gremio? Le radici del Gremio sono strettamente intrecciate con i personaggi sardi che hanno fatto la storia, i miti e il tessuto nevralgico della Sardegna. Nomi potrei farne a centinaia, mi basta ricordarne alcuni: Pasquale Marica il fondatore, Gavino Gabriel, Ennio Porrino, Melchiorre Melis, Remo Branca, Giuseppe Anedda, Maria Carta, Marcello Serra, Salvatore Satta, Emilio Lussu, Antonio Gramsci, Antonio Segni, Salvatore Mannironi, Enrico Berlinguer, Francesco Cossiga, Grazia Deledda, Francesco Ciusa, Giovanni Lilliu, Lao Silesu, Fiorenzo Serra,…Quanti ne sto dimenticando! Chiedo venia.

Chiudiamo questa intervista Antonio e gettiamo uno sguardo al di là del Tirreno, sino alle coste sarde. Disegnami il suo domani, al di là delle sue peculiarità e contraddizioni

Impegnativa questa domanda. Molti e complicati da risolvere i problemi economici e sociali che attraversa la mia Sardegna, certo maggiori, per via dell’insularità, di quelli ancorchè gravi che riguardano l’economia e la società italiana ed europea nel suo insieme. Ma confido, alla luce del mio punto di vista di “sardo di fuori”, in un futuro migliore di quello attuale. Attingo a piene mani all’ottimismo della volontà come direbbe Antonio Gramsci, a quella testarda energia che mi deriva dall’origine e dalla specificità per confidare nella strada giusta,insieme agli esponenti politici e culturali che ci rappresentano, che auspico meno litigiosi e meno imitanti gli omologhi nazionali.Problemi quali l’elevata disoccupazione, specie giovanile e la continuità territoriale per le persone e le merci devono trovare SUBITO, nell’ambito di una condivisione morale ed economica a carico dell’intera collettività del nostro Paese, le soluzioni definitive  più adeguate,  dignitose e convincenti. Non vogliamo beneficenza etnica! Vogliamo essere considerati cittadini facenti parte di un unico Paese, con gli stessi diritti e opportunità di quando ci si muove da Roma per andare  a Milano o a Reggio Calabria. Si guardi di più alla vera inestimabile ricchezza della Sardegna: le bellezze naturali, paesaggistiche, archeologiche, artistiche e climatiche. Una miniera da “sfruttare” a cielo aperto, senza scavi o buchi, se non quelli archeologici indispensabili per  ricercare e trovare la vera storia e origine della Sardegna e della civiltà dei Sardi. Siamo quasi planati su Marte, ma ancora non ci hanno chiarito a cosa servissero le migliaia di Nuraghi ancora presenti sulla nostra Isola. Ne ci hanno mai chiarito se gli Uomini dei Nuraghi avessero o no una scrittura. Chi di dovere o non ha studiato bene, oppure ha investito soltanto gli spiccioli nella pur doverosa ricerca!  Sono fiducioso e prendo in prestito dall’amico Luciano Sechi (autore testo e musica di Dimonios: “sa fide nostra no la pagat dinari/ Ajò Dimonios, Avanti, Forza Paris”. Conclusione banale, scontata, da Brigata Sassari,  sul filo della retorica? Può darsi. Ma ci voleva. Perdonatemela.

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3 commenti

  1. Super Antonio Maria!

  2. E Bravo Presidente, sempre pieno di iniziative e di energia!

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