LE ORIGINI DEL CANTO A TENORE: UN SIMBOLO IDENTITARIO PER LE GIOVANI GENERAZIONI

ph: Tenores di Bitti Mialinu Pira


Col termine “tenore” (in alcuni paesi si usano i sinonimi “cuncordu, cussertu, cuntzertu, cunsonu, cuntrattu”) si intende sia il canto stesso sia il coro di quattro cantori che lo esegue. Questi quattro cantori svolgono ruoli distinti e molto specialistici. Nel complesso il canto a tenore può essere descritto come un canto solista accompagnato “ad accordi” (“corfos”) da un coro a tre parti vocali (a sua volta propriamente detto “su tenore”). Il solista, chiamato “sa boghe”, canta un testo poetico in lingua sarda mentre gli altri tre cantori, “su bassu, sa contra, sa mesu boghe”, ne accompagnano il canto con sillabe nonsense, emettendo (i primi due oppure uno solo tra i due) suoni gutturali dal peculiare colore vocale. L’esecuzione si costruisce a partire da formule melodico-armoniche elementari di base, ben note ai cantori, che vengono combinate al momento sulla base di un canovaccio che può essere variato dal solista o dal coro nel suo insieme (o dalle singole parti vocali). La successione musicale non è dunque preordinata in sequenze rigide, e attraverso questa i cantori hanno la possibilità di manifestare la propria sensibilità e gusto estetico, di esprimersi in modo sempre diverso, originale e irripetibile.

Il repertorio del canto a tenore si articola in tre forme principali:

– a “boghe sèria” (canto calmo, lento), detto anche a “boghe ‘e notte” (canto notturno).

È la forma di canto più diffusa ed eseguita. Le sue strutture base sono “s’istèrrida” e “sa dirada”. Consente al solista di esprimere compiutamente il testo verbale, di reiterare versi (prevalentemente endecasillabi) o strofe e consente al tenore di esprimere tutta la propria capacità di espressione e interpretazione timbrica e musicale. È uno dei canti connessi con le serenate notturne (pratica ormai quasi scomparsa) da cui sembra derivare il nome di “boghe ‘e notte”.

– a “muttos”. Si tratta della versione a tenore dei “muttos”, caratteristica forma poetica sarda, con testi d’argomento amoroso (destinati tradizionalmente alle serenate) oppure dal contenuto umoristico o satirico.

– a “boghe ‘e ballu”, ossia per l’accompagnamento dei balli sardi. Tale pratica esecutiva era molto diffusa in passato, ma è oggi meno in auge. Tuttavia, al di là della sua specifica funzione, le esecuzioni a “boghe ‘e ballu”, in virtù della piacevolezza nella scansione ritmica, sono le preferite dai più giovani.
Il tenore è anche “lo strumento” che accompagna i “cantadores” in poesia ovvero i poeti improvvisatori durante le loro “garas”.

Poche e frammentarie sono le fonti che ci consentono di conoscere il passato del canto a tenore. Le più antiche risalgono ai primi decenni del XIX secolo (Giovanni Spano, Nicolò Oneto) e ci descrivono canti, repertori e composizione dei cori analoghi a quelli giunti fino a noi. Tali fonti concordano anche nel considerare già da allora questa forma di canto come antica. Del resto la sua diffusione capillare nel territorio e tra la popolazione dei singoli paesi, la ricchezza delle varianti e la complessità delle strutture formali fanno pensare a una pratica plurisecolare.

L’area di diffusione attuale del canto a tenore è piuttosto vasta e comprende oltre sessanta paesi del centro nord dell’isola. A ciascuna comunità corrisponde un diverso modo di cantare a tenore: ogni singola comunità, infatti, ha sviluppato nel tempo un proprio codice, un linguaggio musicale locale chiamato traju, trattu o moda.

La pratica del canto a tenore è oggi molto viva e pur non disponendo di dati certi si può ragionevolmente affermare che il numero dei cantori è dell’ordine di alcune migliaia. Come nel passato, “su tenore” viene eseguito nei “tzilleris” (bar), e soprattutto nelle feste (religiose e civili; così come in quelle a carattere familiare) e durante gli spuntini o “rebottas”. Molti sono i giovani che praticano questa forma di canto tradizionale e in molti paesi del centro Sardegna cantare a tenore può essere definito “alla moda”. Il canto a tenore rappresenta oggi, per le giovani generazioni, un concentrato simbolico identitario, anzi si potrebbe dire che il tramonto o l’affievolirsi di altri simboli lo ha caricato ancor più di tali significati.

Ascoltare esecuzioni dal vivo di canto a tenore è molto facile in estate durante le varie feste patronali dei paesi, quando vengono organizzate in “su palcu” delle serate con la partecipazione di gruppi provenienti da diversi paesi. Un particolare sviluppo hanno altresì avuto le cosiddette “rassegne” di canto a tenore, degli incontri fra gruppi di più paesi o di uno stesso paese allestite a scadenza variabile, nei paesi dove più viva è la tradizione (Orgosolo, Orune, Oliena, Oniferi, Orosei, Bitti, Buddusò, Lula, Bolotana, Dorgali, Silanus, Bortigali, Seneghe, Torpé, Fonni, Irgoli, Mamoiada, Ollolai, Siniscola, Urzulei). Il 9 ottobre del 2006 il canto a tenore è stato dichiarato dall’UNESCOpatrimonio immateriale dell’umanità.

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Un commento

  1. Da quello che possiamo notare, posso parlare solo del mio paese, l’assenza del certezze e prospettive, sta portando i ragazzini, miei compaesani, ad un insperato riavvicinamento alle radici dei loro nonni, che i padri, ubriachi di consumismo,avevano perso.
    Non tutti i mali vengono per nuocere.

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