GIOCHI E GIOCATTOLI: IL DIVERTIMENTO PER I BAMBINI IN UNA SARDEGNA ANTICA


Tanti dei nostri genitori o nonni avranno sicuramente giocato con oggetti e giocattoli tipici della nostra tradizione così come avranno preso parte a giochi, in genere di gruppo, che tuttora mantengono inalterato il proprio fascino antico. Molti giochi isolani rappresentano una variante locale di altri presenti nel nostro Paese, anche se ce ne sono alcuni prettamente sardi. Possiamo suddividere i giocattoli, come oggetti ludici, dai giochi di gruppo che venivano praticati questi sempre nei cortili delle case (“is prazzas”); altra suddivisione potrebbe essere fatta tra elementi ricreativi destinati ai maschi e alle femmine.

Iniziando questa carrellata dagli oggetti destinati al gioco ricordiamone alcuni.

 “Sa pipia de zappulus” è da considerarsi a tutti gli effetti l’antenata sarda della bambola moderna: era costruita con materiali molto semplici, in genere avanzi di stoffa, rafia, corda, e in forme rudimentali antropomorfe femminili. Per fare il corpo (escluse le braccia), si arrotolava uno straccio che per non srotolarsi   veniva cucito. La testa era compresa nel corpo, ma veniva arrotondata e fissata con delle cuciture. Gli occhi erano ricamati con filo bianco, il naso che si trovava al centro era un puntino nero, la bocca invece era fatta con del filo rosso. Le braccia erano costituite da un unico straccio arrotolato, cucito a croce sull’altro che fungeva da corpo. Alla fantasia di ciascuna costruttrice erano lasciate le rifiniture per capelli, vestiti, grembiulini, in modo tale  che si ottenessero sempre delle bambole assolutamente diverse le une dalle altre e del tutto personalizzate! 

Destinato invece ai giovani maschietti era “su cuaddu de canna” (cavallo di canna), che consisteva appunto in una canna alla cui estremità si applicava la testa stilizzata di un cavallo, in genere in legno; con questo giocattolo si facevano delle gare di corsa.

Una sorta di trottola era invece “sa badrunfula”, usata anche dalle bambine; si trattava di un pezzo di legno ottenuto in genere dalla lavorazione di un ramo di ulivo, a forma conica. Nella gran parte del cono si avvolgeva uno spago in delle scanalature mentre nella punta veniva inserito un chiodo. Il gioco consisteva nel lanciare la trottola per terra trattenendo lo spago e facendo si che la badrunfula girasse su se stessa per il maggior tempo possibile.

“Su barrallicu” era un giocattolo composto da un dado in legno su cui veniva inserito un legnetto che serviva per imprimere un movimento rotatorio al cubetto. I giocatori mettevano una posta sul tavolo (in genere noci o nocciole) e a turno facevano girare il dado. Nelle facce del cubo erano incise delle lettere: T (“tottu” e quando usciva il giocatore intascava tutta la posta), N (“nudda”, nulla e corrispondeva a nessuna posta), M (“mesu”, a indicare metà della posta ) e P (“poni”, il giocatore doveva mettere sul tavolo della posta nuova). Questo gioco veniva praticato per tradizione nella notte di Natale.

Tra i giochi di gruppo accenniamo anche qui a giochi tipicamente femminili, maschili ma anche a modalità di gioco di tipo promiscuo, dove maschietti e femminucce giocavano assieme. Questi giochi possiamo dire che fossero in voga sino a circa la metà del secolo scorso.

Forse il più conosciuto e famoso è la “Lunamonta”. Era un gioco nato per maschietti anche se poi ci potevano giocare anche le bambine.  Consisteva nel saltare il compagno che stava piegato a terra: se quello che saltava toccava il compagno che stava a terra, allora c’era un cambio. Quello che saltava andava sotto e quello che era sotto andava sopra e così via. Chi stava sotto aveva la facoltà di abbassarsi o sollevarsi, stando attento a fare in modo che chi saltava cadesse dalla parte opposta in determinate posizioni prestabilite (a gambe incrociate, a braccia incrociate, ecc.). Il primo saltatore contava e gli altri ripetevano la frase: “Luna monta, due monta il bue, tre la figlia del re, quattro particolare, cinque incrociatore, sei in crocetto, sette speronette, otto gigiotto, nove il bue, dieci un piatto di ceci, undici per mezz’ora, dodici tutta l’ora, tredici fazzoletto”.

Gioco femminile era “su pimpirimponi”. Le partecipanti erano in numero pari, si nominavano due capisquadra e si disponevano i due gruppi in riga, l’uno di fronte all’altro a circa 10 metri di distanza. Le partecipanti con dei salti da canguro si dirigevano verso la linea delle avversarie seguendo corsie stabilite. Quando le giocatrici si incontravano la caposquadra chiedeva: “Ita faidi gommai?” (cosa fa la comare?) e le bambine rispondevano: “su pimpirimponi”. Il gioco terminava quando rimanevano più componenti di una squadra… molte delle bambine infatti si ritiravano pian piano per la stanchezza!!

Nominiamo altri giochi da cortile e da strada come per esempio “guardia e allummiu” (guardia e fiammifero), “su xelu e s’inferru” (il cielo e l’inferno), “sa perdixedda in coa” (sassolino in grembo), “su tripidi” (che veniva giocato con sassolini e monetine). C’erano giochi poi per bambini anche più piccoli e ricordiamo “su pincareddu” (nel quale si doveva colpire un sassolino con l’uso di un solo piede, saltellando, e farlo arrivare in delle caselle disegnate per terra), l’uso del saltare a corda, piuttosto che quello delle altalene.

Un cenno a parte merita un gioco conosciuto e praticato sino a pochi decenni fa soprattutto negli ambienti paesani e durante le feste rurali sia da giovanotti che da persone più mature. Parliamo de “sa murra”. Il  gioco si praticava in gruppi di 4 o 2 persone. La gara veniva disputata alternativamente da soli due giocatori per volta. I contendenti dal pugno chiuso estraevano le dita e dicevano un numero superiore al numero delle dita che ciascuno estraeva. Il numero massimo della murra era 10. Si sommavano tutte le dita e chi indovinava aveva un punto; lasciato da parte il perdente, continuava il gioco con un altro componente del gruppo. Questo gioco era proibito dalla legge, perchè certe volte non ne venivano osservate le regole soprattutto quando si giocava in campagna e in locali di ritrovo. Capitava che fosse frequente che il  gioco degenerasse  in una rissa tra partecipanti.

Saltiamuru. Era un gioco tipicamente maschile: a ridosso di un muro si costruiva una sorte di torre umana che, prima o poi, crollava con gran dolore di chi stava sotto!

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