IL SINDACO DEL PAESE SPOPOLATO: MARTIRE NON RICONOSCIUTO CHE CERCA DI FAR SOPRAVVIVERE LA SUA COMUNITA'

ph: Gairo vecchio


di Fiorenzo Caterini

Sono alcuni anni, ormai, che giro la Sardegna per presentare il mio libro, e mi capita spesso di finire in uno di quei paesi affetti dallo “spopolamento”.

Ne ho girato, in questi due anni e mezzo, almeno una trentina. Significa che in Sardegna c’è attenzione per i temi della storia e dell’ambiente, ed è cosa buona. E mi sono ormai fatto una cultura. Ogni volta che vengo invitato, infatti, mi informo sul paese che sto per visitare. Mi impressiona sempre la curva demografica: in genere questi paesi dell’interno tendono al dimezzamento del numero degli abitanti nel giro di mezzo secolo. Fanno eccezione i paesi costieri: quel poco di turismo balneare, infatti, li salva dallo spopolamento, al netto dei paesi con servitù militari.

Infatti i paesi con servitù militari, come Teulada o Villaputzu, anche se costieri, tendono ad avere la stessa curva demografica dei paesi dell’interno, è ciò dimostra che l’economia delle buste paga militari è inferiore, e di molto pure, all’economia che sono andati a sostituire.

In questi incontri, di solito, i sindaci o l’amministrazione comunale dimostrano di aver capito che la cultura è un importante fattore di “resistenza”, sono presenti e spesso partecipano attivamente. La loro ospitalità, molto spesso, è commovente. Altre volte, occorre dire, l’amministrazione comunale è assente, spesso per beghe di natura personale, o per disinteresse nei confronti della cultura.

Ma tutti, mi verrebbe da dire, tutti i sindaci dei paesi dell’interno, sono dei veri e propri martiri, che spendono il loro tempo privato e fanno sacrifici, acrobazie e salti mortali, per cercare di far sopravvivere questi paesi, popolati da anziani pensionati, pochi lavoratori e pochissimi giovani.

Spesse volte si prendono pure le torte in faccia, le accuse ingiuste e magari qualche fucilata a pallettoni sul portone, a causa del clima di diffidenza, conflitto latente e di crisi perenne che si trovano ad affrontare.
Quando li sento parlare, non posso che essere solidale con quello che dicono: in genere sono le scelte politiche di Stato e Regione ad essere messe nel mirino.

Tuttavia, spesso, mi pare di rilevare una sottovalutazione di alcuni fattori sociali e culturali. Di tutte le ragioni che vengono elencate, in cui primeggiano sempre appunto le scelte politiche sbagliate, è raro che senta sottolineare come, a partire dagli anni ’60, una prepotente offensiva economica e culturale abbia provocato un abbandono generalizzato delle campagne. Una offensiva che ha finito per dipingere, il lavoro della campagna, come antico, arretrato, inutile.

Il risultato è che, ai pensionati seduti desolatamente nella panchina di una piazza vuota, e ai giochi per bambini corrosi dalle intemperie, si accompagna l’abbandono dei campi, oggi ricoperti dalla gariga e dalla macchia.
Quanto suolo sprecato!

Qualcosa si sta muovendo. Non solo le lodevoli iniziative immobiliari che alcuni sindaci stanno portando avanti, con l’offerta di abitazioni a costo zero o quasi, ma in diverse zone dell’interno si sta puntando di nuovo sulle aziende agricole, e spesso sono i giovani che ci scommettono. Sta ripartendo, e finalmente, anche la filiera del grano sardo di qualità.

Non sono nessuno per poter dare consigli ai Sindaci che si battono per il loro paese, ma penso che l’agricoltura, insieme alla cultura, possano essere degli ingredienti buoni per il rilancio del paese.
I piccoli paesi, a differenza della città che succhia energia al territorio mediante la cosiddetta impronta ecologica, dipendono dal loro agro. I paesi sono l’agro, se perdono il contatto con esso, sono destinati a scomparire.
Se fosse possibile, proverei a sostenere non solo degli incentivi agricoli per i giovani, ma anche una “cultura” dell’agricoltura, facendo fare, ad esempio, l’orto didattico nelle scuole.

Agricoltura, cultura, e turismo abbinato ad un tesoro che in Sardegna non sappiamo di avere, perché ci hanno convinto, loro, gli speculatori, che l’unico turismo vincente è quello costiero. Invece uno degli ingredienti vincenti del turismo, oltre alle tradizioni, alla cultura, all’ospitalità di qualità, alla gastronomia, sono i sentieri, che spesso si snodano in quell’agro trascurato.

Rimettere in sesto una rete di sentieri naturali, e poi promuoverli e pubblicizzarli bene, abbinandoli alla cultura e alla gastronomia, forse è cosa possibile.

Io ai sindaci dei piccoli paesi che rischiano di spopolarsi completamente portandosi via un bagaglio enorme di tradizioni e di cultura, direi di resistere, perché la salvezza di quest’isola dipende da loro.
Un’isola squilibrata demograficamente, infatti, è per definizione improduttiva, una sorta di mercato che acquista da fuori e finisce per diventare parassitario e speculativo.

Ai sindaci dei piccoli paesi direi: costruiamo parchi giochi per bambini. Lo so che può apparire uno spreco, o una sfida alla scaramanzia, sapere che quei parchi resteranno, forse, desolatamente vuoti. Ma non bisogna fare come quello che si lamentava di avere pochi amici e poi aveva in casa solo una caffettiera monodose.
Noi, i parchi giochi per bambini, facciamoli lo stesso.

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2 commenti

  1. il problema dello spopolamento è noto ed i Sindaci hanno le mani legate per la mancanza di trasferimenti dallo Stato e dalla Regione. Coinvolgere tutta la comunità è d’obbligo per condividere le scelte di valorizzazione del territorio e la cura della identità costruita nei millenni e che tanta storia hanno impresso

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