UNA VISITA A SU BRUNK’E S’OMU NEL COMPLESSO NURAGICO DI BAINI (VILLA VERDE)


di Vitale Scanu

E’ sempre di una suggestione unica la visita al complesso nuragico Brunk’e s’Omu di Bàini (Villa Verde). A trovarsi in quei luoghi, abitati dalla solitudine e dai venti, avvolti dai profumi arcaici del mirto, dei cisti, dei ciclamini del sottobosco, si ha l’immediata sensazione di essere immersi nella preistoria e che le anime eteree degli avi ci osservino silenziosi dai penetrali della foresta.

I nostri nonni avi… Essi erano primitivi, certo, ma tutt’altro che stupidi. Primitività è mancanza di conoscenze tecniche moderne, stupidità è la testa poco accessoriata. Chi di noi riuscirebbe oggi, con i mezzi di allora, a edificare quelle possenti strutture nuragiche ancora in piedi dopo tremila anni? Chi di noi riuscirebbe come loro a produrre il bronzo, come sembra (vedi la capanna n. 16, dove gli archeologi hanno trovato “evidenti attestazioni di attività fusoria”), o a rifinire così accuratamente quelle lastre di basalto per mezzo di altri sassi?… Essi non ci hanno tramandato una cultura scritta, ma quella materiale (e orale) che ci hanno lasciato è straordinaria e quasi tutta da decifrare.

Brunk’e s’Omu e il territorio di Baini, quasi a conferma di quanto annotava l’abate Goffredo Casalis nel suo famoso “Dizionario”, ci consegnano “una grande ricchezza di testimonianze archeologiche… con brocche, orci, vasi a saliera, scodelle e scodellini, tazze carenate, olle a labbro ingrossato, fusaiole, macinelli, oggetti di metallo come pugnaletti, grappe di piombo, spilloni e piccole asce”. Sarà bello vedere nel nostro Museodi Villa Verde tutto questo materiale, ben ordinato e catalogato.

Ricordiamo sempre che a Brunk’e s’Omu, circa tremila anni fa, hanno vissuto i nostri avi, i primi “bainesi”. A essi dobbiamo le strutture primarie della nostra esistenza, le sperimentazioni che essi hanno fatto per primi a contatto della natura. Lassù ci sarà stato il primo “bainese” che ha conosciuto il grano, i vari legumi, le erbe buone e cattive e quelle medicinali; ci sarà stato il primo “bainese” che ha coltivato la vite, l’ulivo, il mandorlo, il pero; chi avrà per primo sperimentato come fare il pane e l’olio d’ulivo, chi avrà inventato il telaio e tessuto la lana e il lino, chi avrà per primo addomesticato i buoi e il cavallo, chi avrà esportato la preziosa ossidiana…

Cos’è stato in realtà su Brunk’e s’Omu? Forse il capoluogo di un piccolo “regno”, a giudicare dalla densità delle costruzioni nuragiche sul comprensorio? Una densità per km quadrato superiore a quella delle zone circostanti: Baini (Villa Verde) 17 nuraghi densità 0,576; Morgongiori 5 nuraghi, densità 0,110; Pau, 3 nuraghi, con una densità 0,213; Usellus 12 nuraghi, densità 0,341). La fittissima concentrazione dei centri di raccolta e di “officine” per la lavorazione dell’ossidiana attorno al monte Arci, dimostra in modo inequivocabile, che “gli abitanti della zona furono attivissimi esportatori dell’oro nero per un lunghissimo periodo di tempo, sicuramente per oltre mille anni”, dal IV millennio a.C. fino all’arrivo dei metalli (archeologo C. Puxeddu in “Diocesi di Ales-Usellus-Terralba”). Da sottolineare anche l’evidente relazione del vasto villaggio nuragico su Brunk’e s’Omu, in un contesto strategico a vista, con quelli di Barumini, Genna Maria di Villanovaforru, Puisteris di Mogoro).

Tutto questo indica un’accentuata densità demografica del nostro comprensorio e una consequenziale intensa attività economica. “Dal Neolitico recente, esso fu intensamente popolato fino alle successive fasi del Bronzo” (Cicilloni – Paglietti), senza soluzione di continuità. Più densità nuragica, infatti, significa ovviamente maggiore frequentazione umana, più attività collettive, maggiore interscambio (in ragione dell’ossidiana) e relazioni sociali, maggiore attrattiva, maggiore “benessere”… Un elemento, in particolare, ha richiamato l’attenzione degli archeologi: la capanna n. 5 , “interpretata come una ‘capanna delle riunioni’, per la sua rilevanza e per la presenza di un bancone perimetrale come luogo adibito ad assemblee dei notabili della comunità o a riunioni pubbliche”. Atteso che, per un raggio di circa trenta chilometri non si è scoperto finora alcun “villaggio” nuragico, Brunk’e s’Omu era forse un luogo preminente, un piccolo centro, dove confluivano e si aggregavano anche altre comunità viciniori? A Brunk’e s’Omu “non sono stati per ora individuati elementi di carattere funerario”, dice l’archeologo prof. Riccardo Cicilloni, che a varie riprese, per conto dell’Università di Cagliari, sta riscoprendo il complesso nuragico di Brunk’e s’Omu di Villa Verde; non sono state trovate ossa umane; non ci sono indizi di un abbandono improvviso e violento… Sono elementi, questi, che ci fanno intuire un trasloco lento e graduale. Verso dove? La logica delle cose e il ragionamento consequenziale ci indicano una sola via d’uscita: verso sud, verso il piano. E’ per questo che i bainesi possono ritenersi a buon diritto, gli “eredi universali” degli abitanti di Brunk’e s’Omu, delle loro esperienze di vita, della loro etnia, della loro mentalità, con i loro caratteri morfologici, culturali e linguistici. Manca solo, a conferma, la prova del DNA.

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3 commenti

  1. Ciao Max…sai che è il mio paese? Grazieee

  2. Si.. forse avevamo avuto modo tempo fa di parlarne… Un caro saluto

  3. ara Roberta, vedo che sei di Baini, il nostro caro paesello, e che ti è piaciuto l’articolo su Tottus in Pari del nostro millenario villaggio di Brunk’e s’Omu. Ti convince, come ragionamento? Ciao. Saludus meda a tui e in famiglia. Vitale

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