CON L’OGLIASTRA NEL CUORE: SILVIA CANNAS E’ PARTITA DA JERZU E STA ANCORA GIRANDO IL MONDO

ph: Silvia Cannas


di Manuel Mura

Silvia Cannas, 28enne di sangue jerzese, attualmente lavora a Dubai, ma ha alle spalle tanti viaggi che le hanno permesso di girare l’Europa, in compagnia di sogni e progetti.

Silvia, raccontaci di te. Sono nata e cresciuta a Jerzu, dove mi sono diplomata presso il Liceo Linguistico “A. Businco”. Poi il trasferimento a Sassari e la carriera universitaria culminata con la laurea magistrale in Archeologia. Parallelamente mille interessi e mille passioni, in particolare per le lingue e per i viaggi che sono la chiave per scoprire e capire il mondo. Sono stata a Parigi, Londra, Lisbona e Barcellona, poi, grazie all’università e diversi progetti Erasmus, ho trascorso un anno a Valencia e fatto due tirocini a Praga. Ora mi trovo a Dubai ma tra un mese sarò trasferita a Qweit City e dopo l’estate mi troverò a Saint Maxime, una località della Costa Azzurra. Tutto questo rappresenta di sicuro una parentesi della mia vita. Adesso sono lontana dal mio interesse maggiore, l’archeologia, ma in realtà sto mettendo da parte le risorse economiche per realizzare un sogno più grande: frequentare a Firenze un Master sulla tecnologia applicata ai beni culturali e l’archeologia.

Di cosa ti occupi a Dubai? A Dubai lavoro presso il Global Village, un parco divertimenti arricchito al suo interno con una sorta di “Expo” come quella di Milano ma di carattere maggiormente ludico. Nel padiglione dedicato all’Italia, lavoro presso una filiale della catena “Ricami Veronica” che si occupa della vendita di oggetti personalizzati con scritte ricamate. La ditta è italiana ma le sue filiali sono presenti in Germania, Francia, Spagna, Repubblica Ceca e appunto Emirati Arabi. In pratica, possiedo una macchina per cucire anni ’70 e quindi manuale, che mi permette di scrivere, ricamando, su qualsiasi tipo di oggetto. In questo momento sto finendo di specializzarmi nel suo utilizzo e sono capace di scrivere con l’alfabeto latino, greco e arabo. Ad aprile finirò con questa sorta di specializzazione, poi la ditta ha deciso di inviarmi per qualche mese a Qweit City dove sarà aperta una nuova filiale e là dovrò insegnare il lavoro ai neo dipendenti. Una volta terminata questa ennesima parentesi, la mia destinazione sarà la Francia, dove gestirò in autonomia un altro punto vendita.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Come anticipato il mio sogno è di frequentare a Firenze un Master sull’applicazione della tecnologia ai beni culturali. Sono convinta che l’archeologia, come dire, sia associata sempre a qualcosa di noioso. Io vorrei studiare per trovare strategie e percorsi, soprattutto informatici e interattivi, collegati all’archeologia, che siano capaci di suscitare interesse nelle persone. Il mio progetto più grande ma anche difficilmente realizzabile è creare proprio in Ogliastra un itinerario turistico etnografico che permetta di unire la conoscenza degli infiniti riferimenti archeologici presenti, con una comprensione più capillare e viscerale del territorio così come è e come vive oggi, con approfondimenti proprio su temi semplici come la pastorizia, l’agricoltura, la cultura e le tradizioni esistenti. Da un lato questo sogno mi stimola e mi spinge a proseguire in ciò che sto facendo, dall’altro sono consapevole che in Italia la cultura non paga, e questo ogni tanto mi frena e demoralizza. Questo è anche l’aspetto che più mi mette rabbia, i viaggi mi hanno insegnato che patrimoni culturali come quello che abbiamo in Ogliastra, e più in generale, in Sardegna, in molti luoghi se li sognano, eppure, sono quegli stessi luoghi a essere capaci di sfruttare turisticamente testimonianze storiche meno vaste e concrete.

Che differenza c’è tra il nostro mondo e quello arabo? La risposta credo che susciterà un po’ di sorpresa ma per quella che è la mia esperienza, qui a Dubai la mentalità in generale è molto più simile alla nostra di quanto si possa credere. Paradossalmente, secondo me, in una città europea come Praga le differenze con il nostro modo di pensare sono certamente maggiori rispetto a Dubai. Per carità, è ovvio che ci siano aspetti che personalmente giudico strani. Per esempio credo che gli arabi in generale siano troppo viziati e questo perché secondo me hanno troppi soldi per dar loro il giusto valore. Sempre a mio parere, un altro argomento controverso riguarda la concezione di famiglia con genitori spesso giovanissimi che se hanno dei figli davvero non li considerano, piuttosto, la loro educazione è affidata a baby sitter. Non parliamo poi della tecnologia, delle volte mi è capitato di vedere cose così avanti da pensare che la situazione stia un attimo sfuggendo di mano. Ma la sorpresa più grande riguarda la religione: ero convinta che qui fossero tutti grandi praticanti e che tutto ruotasse intorno ad essa, in realtà mi sono resa conto che tutto il mondo è paese e che anche qui convivono, esattamente come da noi, credenti davvero attenti e praticanti con persone totalmente disinteressate al discorso religione.

Consiglieresti ad altre persone esperienze come la tua? Non è che consiglio di fare esperienze come la mia, piuttosto consiglio a chiunque di mettere in pratica il famoso detto “impara l’arte e mettila da parte”. Io, così come mi ha insegnato l’archeologia, non mi sono mai focalizzata sul dettaglio, ma ho preferito avere sempre la possibilità di possedere uno sguardo un po’ più ampio. Sono stata sempre convinta del fatto che il mondo non sia fatto a settori, ma sia un mix di cose e quindi per capirlo, non è sufficiente focalizzarsi su un unico colore, ma essere capaci di cogliere il maggior numero possibile di sfumature. Per questo, oltre allo studio, tra le mie esperienze ho fatto teatro, cinema, volontariato, ho fatto corsi di arabo e fotografia, mi sono occupata di catering e sono stata anche presentatrice di eventi e giurata in un concorso. Ho sempre mirato ad avere una mentalità il più aperta possibile e non mi sono mai tirata indietro davanti a nuove esperienze. Ho notato che ci sono argomenti che spesso creano un po’ di panico tra le persone, per esempio spesso mi sono sentita chiedere come faccio a non avere paura di vivere in un paese arabo, ma vivendo qui mi sono resa conto che non c’è niente di cui avere paura. Non si dovrebbe mai avere paura del diverso perché, personalmente sono convinta che sia proprio la paura del diverso a provocare odio, e l’odio genera solo altro odio, proprio come sta accadendo attualmente, soprattutto in seguito agli ultimi avvenimenti che hanno coinvolto il mondo arabo.

Cosa ti manca maggiormente dell’Italia e dell’Ogliastra? Ciò che mi manca di più, sembra davvero stupido ma è la lingua italiana, girare per strada e capire la gente. Da quasi due anni, tra il ceco e l’arabo, è un continuo sforzo a capire ed esprimermi in una lingua diversa. Poi c’è Il cibo: in Italia abbiamo davvero la pizza migliore, il caffè migliore, la pasta migliore, e mi mancano. Dell’Ogliastra mi mancano chiaramente tutti gli amici e la famiglia, poi la tranquillità del quotidiano. Mi manca svegliarmi la mattina nel silenzio delle nostre montagne, mi mancano i “culurgioni” e le “coccoi prene”, mi manca il profumo della campagna e del mirto, e poi la possibilità di andare al mare, il nostro mare. Ho provato in più occasioni ad andare in altri mari, in altri fiumi per confondermi con il rumore dell’acqua, ho chiuso gli occhi immaginando si essere a casa, ma non è lo stesso. La nostra terra è un complesso di sensazioni che coinvolgono tutti i sensi, i suoni e i profumi dell’Ogliastra sono unici e inimitabili, fuori ho sentito solo rumori e odori. Ma prima o poi tornerò.

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