"NESSUNO DOVEVA SAPERE", L'ULTIMA OPERA DI RITA SANNA CHE SCANDAGLIA UN TEMA ATTUALISSIMO E PIENO DI RISVOLTI UMANI INCREDIBILI
Rita Sanna di Gian Piero Pinna
Rita Sanna, oristanese trapiantata a Roma per seguire i figli, dopo anni di successi letterari e sei libri pubblicati con importanti case editrici della penisola, si ripresenta al pubblico con la sua ultima fatica “Nessuno doveva sapere”, che ha visto la luce nel luglio scorso, nella collana Narrare della Sovera Edizioni di Roma. Un anno fa la incontrai felicissima di aver ricevuto un riconoscimento anche nella sua città natale. “Io mi definisco una persona che ama scrivere – aveva detto in quell’occasione – Mai avrei pensato che avrei potuto scrivere, perché come insegnante, mi ritenevo più capace di correggere, che di scrivere”. Andata in pensione abbastanza giovane, quest’ozio gli fece cambiare idea e cominciò a sfornare libri. “La prima opera fu un breve memoriale sul mio percorso didattico, che è iniziato all’età di diciannove anni, nei vari paesi della Sardegna, fino al pensionamento a Roma”. Quando gli chiesi che programmi avesse per il futuro, mi confidò che stava scrivendo la storia vera di un omosessuale.
Con una certa perplessità mi chiesi cosa l’avesse spinta a scegliere un argomento così difficile da gestire e aspettai con ansia l’uscita di questa storia. Ho cercato di individuare la località dove è ambientata la storia, ma l’autrice è stata talmente abile, che agli indizi che potevano dare un’indicazione sui luoghi dove si articola il racconto, ne ha subito seminato altri che ti confondono subito le idee.
I personaggi sono molto ben descritti in tutte le loro sfaccettature, a cominciare dal protagonista, Rino Pintau, succube di una madre possessiva e autoritaria, rimasta vedova troppo presto. Discendente da un’agiata famiglia, giovane direttore didattico nella scuola del paese, Rino Pintau, a un certo punto si rende conto di avere tendenze omosessuali, perchè si sente attratto da un giovane del paese. Invano cercherà di nascondere l’angoscioso tormento della sua omosessualità. Gli fa da contraltare un giovane sacerdote, decisamente belloccio, don Fausto, che giunto in paese per prendere il posto del vecchio parroco, entra subito in confidenza con Rino Pintau, che gli offrè provvisoriamente di abitare in una sua casetta vuota che aveva ereditato, in attesa che venga ristrutturata e sistemata la vecchia canonica.
Tanti i tormenti interiori descritti con dovizia di particolari dall’autrice, a cominciare da quelli del giovane prete, che piace tanto alle giovani del paese e che dovrà difendersi dagli attacchi spudorati della giovane ed esuberante domestica della famiglia dei Pintau, che gli si offre sfacciatamente. Di tutt’altro stampo quelli dell’amico, ma nel corso del racconto, l’autrice, anche se marginalmente, spiega che anche il prete, aveva dovuto fare i conti col problema dell’omosessualità, nella sua permanenza in seminario. Problema che è salito prepotentemente agli onori della cronaca, dopo il recente outing dell’alto prelato della Curia romana. L’epilogo del racconto è triste e angoscioso. La relazione omosessuale si interrompe con la morte del Pintau e del giovane di cui si era invaghito. Una vera e propria tragedia, causata soprattutto per le maldicenze circolate in paese, anche se… Nessuno doveva sapere.
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