ECLISSI, IL NUOVO LIBRO DI VINCENZO MARIA D’ASCANIO: LA TERZA OPERA DOPO “LA TERRA DELL’ODIO” E “VALERIA E LE CATTIVE COMPAGNIE”


di Riccardo Curreli

Il romanzo ha come protagonista Riccardo, lasciato dalla sua ragazza senza un motivo preciso. Dopo questo fatto il ragazzo cade in un periodo di forte confusione, imputata dallo stesso a quell’improvviso abbandono che l’ha catapultato nella disperazione.

Tuttavia, col trascorrere del tempo, lo stesso Riccardo comprenderà che i suoi problemi non sono legati alla sua ex ragazza. In ragione dell’educazione ricevuta e dell’ambiente circostante, Riccardo ha assorbito tutti i dettami del consumismo, e la sua frustrazione è principalmente legata al mancato acquisto di questo o quell’oggetto, ovviamente superfluo per la sua esistenza.

Riccardo comprende questi aspetti del suo carattere attraverso un cammino spirituale, che non completerà in solitudine. Sulla sua strada incontrerà Francesca, Accio, Floriana, Tony ed Andrea, tutte persone dalla mentalità alternativa, che sottopongono ad una dura critica il sistema in cui viviamo. In base alle loro concezioni i mass media, le agenzie pubblicitarie ed i programmi televisivi servono solo ad orientare l’individuo verso determinati acquisti, anche in ragione delle feroci politiche di marketing. Questo porta lo stesso individuo alla disperazione, allontanandolo dalla sua reale natura sociale.

In particolare, con i suoi nuovi amici Riccardo parte per un campeggio alternativo, e proprio qui rimetterà in discussione tutta la sua esistenza. Sino a quel momento aveva indossato una maschera, e quando se ne libererà, scoprirà un mondo nuovo, di cui prima non sospettava nemmeno l’esistenza. Si ritroverà pronto per vivere una rinnovata passione proprio con Francesca, un amore che gli darà la forza per rinnovare ulteriormente se stesso, ed adottare quelle decisioni che cambieranno per sempre la sua esistenza.

M’è piaciuto molto, e per diversi motivi, leggere il nuovo romanzo di Vincenzo D’Ascanio, a cui sono grato di avermi dato la possibilità di scrivere la prefazione.

Il primo motivo è il più importante: m’ha fatto pensare, m’ha divertito, m’ha fatto insomma compagnia, il che è quanto si richiede da un buon libro.

Il secondo è che Vincenzo ambienta nella mia città vicende molto metropolitane, calabili senza forzature in altri contesti urbani, e questo mi fa sentire la città in cui sono nato, vivo e lavoro come parte del villaggio globale, moderna, “connessa” si potrebbe dire, le conferisce insomma una sorta di valore aggiunto restando, per le descrizioni dei luoghi e di alcuni comportamenti sociali, inconfondibilmente Cagliari.

Il terzo motivo è legato al lavoro che faccio, lo psichiatra.

Il modo in cui la sofferenza del protagonista Riccardo viene affrontata, così estraneo al luogo comune della depressione come patologia biologica, sentenza a vita perché conseguenza di un gene malato e che a vita per questo richiede trattamenti farmacologici, mi ha confortato.

E’ una sofferenza a mio avviso correttamente interpretata come sentinella di un vuoto di valori ragione di riflessioni ed approfondimenti temuti, e per questo sinché possibile evitati.

Il conformismo della famiglia del protagonista omologa e irrigidisce i personaggi, rendendoli immutabili nel tempo, e a questa sclerosi, a differenza della sorella che vi si adatta, Riccardo reagisce “producendo” un sintomo, l’ansia, che progressivamente, per esaurimento, si fa depressione.

Ma, soffocando nella rigidità, avidamente (ed all’inizio inconsapevolmente) si affida con coraggio a quel filo d’Arianna che è Francesca, in uno dei primi incontri oracolo d’una verità non facile da accettare: l’io è fluido, mutevole, cambia in base alle nostre esperienze, alle nostre relazioni, e non può trovare realizzazione soddisfacente in modelli preconfezionati.

Il resto del romanzo è la dichiarazione di una seconda verità, altrettanto difficile da vivere e forse ancora più lontana dall’ariflessivo paradigma del tutto e subito (nel quale rientra il mito della pillola della felicità): l’abbandono della dimensione esistenziale inautentica lontana dai nostri bisogni più profondi per il traguardo della libertà d’essere sé stessi richiede tempo, esperienze, sofferenza, quando lo si voglia raggiungere rifiutando i panni di un narcisismo irriguardoso.

E dunque nella vivacità della narrazione il doloroso incedere delle vicissitudini di Riccardo, il tempo che Francesca chiede per le sue decisioni perdono le caratteristiche d’incomprensibilità e distanza che alla malattia mentale attribuisce il modello medico, freddamente osservatore ma incapace di comprendere, per assumere una vicinissima valenza esistenziale, un senso condivisibile di necessità al quale nessun essere umano può sottrarsi nel tentativo di conquistare sé stesso.

Ed altrettanto condivisibile ed in questo senso comprensibile m’é parso allora il teatro dei personaggi che circondano e sostengono i due protagonisti.

Maschere dai caratteri forti, rappresentano tanto tipi psicologici quanto la possibilità di nutrimento e ricchezza sempre presente nell’incontro con la diversità, nel dialogo con chi è altro da noi, non importa con quanta ambivalenza e fragilità portato avanti quando questo avvenga con sensibilità e partecipazione.

Ecco dunque a mio avviso in questa volontà di comprendere, di rivivere con i personaggi e nei personaggi il delicato tema della sofferenza psichica la cifra del romanzo: la malattia si muta nella dolorosa fatica della ricerca, e della scoperta, della propria identità.

Peregrinare dall’esito forse incerto, ma pieno di fascino se vissuto nella consapevolezza della propria umana finitezza.

Tanto ancora resterebbe da commentare: il movimento edipico che governa le relazioni familiari; l’attraente potere gravitazionale del trauma fisico, sempre presente nei romanzi di Vincenzo D’Ascanio, così attuale, così indicativo del nostro bisogno d’eterna adolescenza; il tema della sfida, evento utile alla crescita solo se imprevedibile nei risultati… e altro ancora cene sarebbe.

Ma come il mio collega così ben descritto nelle pagine avanti, non ho che un piccolo ruolo in questo evento creativo, e volentieri lascio spazio alla fantasia dell’autore.

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