ADESSO, CHI EMIGRA VIENE ANCHE CRITICATO: I GIOVANI CHE PARTONO VENGONO ACCUSATI DI AVER RINUNCIATO A CAMBARE LE COSE


di Silvia Favasuli

«Quando investi nella tua formazione, a volte certe scelte sono obbligate. Che senso ha chiedere ai giovani di sacrificarsi, restare in Italia, accettare compromessi, perdere opportunità in nome di uno sviluppo che non dipende da loro?». Luca Palazzotto, 39 anni, una vita costruita da due a Washington DC, storce il naso di fronte alla «propaganda politica» che inizia a circolare per la Penisola. Quella che interpella gli expat. Dopo essersene andati da un’Italia «poco competitiva» e incapace di offrire ciò che cercano, ora vengono «biasimati» per aver mollato, per non essere rimasti a lottare e cambiare le cose in meglio. Luca non è il solo ad essere infastidito da questa polemica. Per lui, come per altri che hanno preso la sua stessa decisione, rimanere in Italia non solo non aiuterebbe i singoli a raggiungere i propri obiettivi. Ma non cambierebbe nemmeno in meglio il paese. «La volontà dei giovani è da sempre quella di investire su se stessi e di crescere. Quando scegliamo il nostro percorso di studi e quello professionale, lo facciamo per motivazioni personali, non per cambiare l’Italia. Non tutti hanno volontà politica», afferma Luca, facendo riferimento all’assessore ventinovenne del Comune di Udine chiedeva ai coetanei di fare «massa critica» insieme, restare in Italia e trovare il modo di cambiare le cose. «Altrimenti io qui resto solo a lottare contro i garantiti».

«Non è detto che funzioni, non è detto che possa fare la differenza», controbatte Palazzotto, che ha soluzioni alternative da proporre. «È ovvio che tutti noi speriamo di trovare le opportunità professionali che cerchiamo, in Italia. Ma se questo non avviene io non direi mai a un giovane di castrare i suoi ideali in nome di un altro ideale, politico, che magari non si realizzerà». E c’è dell’altro. E questo altro è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto sotto gli occhi di chi i giovani italiani del 2015, prima di giudicarli, li osserva. Mentre lavorano, studiano, incontrano gli amici. «Un giovane che non trova realizzazione rischia di diventare elemento negativo, frustrato. Avere più difficoltà del necessario a trovare sbocchi personali porta ad avere un’attitudine negativa verso il sistema. Pochi reagiscono dicendo: lo cambio. Piuttosto, si genera disfattismo politico, poco rispetto delle regole. Depressione. Se le regole ti opprimono, non le vuoi rispettare. Lo fai solo perché sei obbligato, senza vera motivazione. Tutto questo non ti rende elemento positivo di sviluppo. Vivi il paese come una costrizione, non un’opportunità». «Dobbiamo evitare di semplificare la situazione dividendo tra buoni e cattivi, chi resta e chi parte. Non si deve necessariamente idolatrare chi se ne va. Né necessariamente biasimarlo. Serve rispetto per la legittimità delle scelte individuali ed evitare l’attacco politico su chi va all’estero per avere una carriera più interessante. Quel che sta succedendo non è una colpa da dare alle persone. Ma una domanda da farsi: cosa cambiare nel sistema per far rientrare certi talenti». Perché la mobilità è un fenomeno a doppia direzione. Si va e si torna. Non in Italia però. Dove la scelta di chi emigra è a senso unico. «Una vota fuori il perdi il network di conoscenze e la tua esperienza all’estero, anziché rafforzarti il cv, ti mette in svantaggio. Tutto questo rivela la chiusura del sistema, una mancanza di competizione leale». «Un anno fa a Washington ho conosciuto un italiano che fa business qui. Abbiamo parlato di una possibile collaborazione. Mi avrebbe fatto piacere ritrovare un legame con l’Italia. Poi abbiamo parlato di stipendio. Offriva la metà di quanto era sul mercato. Questo è un problema culturale. Facciamo imprenditoria basandoci sull’idea di sfruttamento. Non abbiamo il concetto della valorizzazione delle risorse. E questa è una delle ragioni per cui non si creano opportunità».

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7 commenti

  1. Io, comunque insisto e faccio l’avvocato del diavolo: “noi” emigriamo per allargare i nostri orizzonti, studiare, vivere meglio… E quelle migliaia di persone?????
    Per poter vivere, tout court!
    Presi già posizione in favore della migrazione, voluta o necessaria, contro chi “ci” accusò, più o meno velatamente, di codardia… E ora tocca anche a noi, popolo di migrazioni rendere un po’ di quel che abbiamo avuto, mai gratis!

  2. emigra chi è stanco di aspettare che l’erba cresca, e bene ricordare che chi emigra non ritorna più

  3. chi è causa del suo male pianga se stesso, la politica ha creato tutto ciò avete mai visto che i giovani vengono ascoltati?? avete mai visto che si muove qualche foglia per i giovani?????coraggio ragazzi cercate il vostro destino perché se aspettate che in italia qualcosa cambi arriviamo prima nell oltretomba, e noi abbiamo il diritto di essere realizzati vivi e goderci la vita adesso

  4. Forse gli viene negata la possibilita’ di cambiare le cose,le alternative sono 2 o resta in Italia con tutte le sue conseguenze o deve rovesciare questo sistema che non funziona
    piu’!!!!!!

  5. Io ho 3 figli piccoli, che futuro posso dare loro in quest’Italia che non vuole gli italiani? La scuola fa pena proprio come la sanità, le strade, la corruzione, la povertà…basta non se ne può più. La vita è breve, non voglio vivere quello che mi resta in questo triste posto.

  6. I nostri giovani partono, per poi ritornare
    “Ma, come farà la Sicilia ad emergere, a superare questo divario con le sue sole forze, turismo, clima ,se lascia scappare i suoi giovani migliori che, appena laureati, cercano occupazione, emancipazione da queste ataviche schiavitù che hanno segnato per secoli la loro regione, in Regioni del Nord, dove non sentiranno parlare più dei nuovi politici della loro terra, dove loro si sentono discriminati solo da una posizione sociale che sa di corruzione: tu non hai nessun politico alle spalle, quindi non puoi andare avanti! I nostri giovani che vanno via portano con sé tanta amarezza, ma non smettono di coltivare in cuor loro la speranza di ritornare per spendere le loro energie nella loro terra, realizzare quel cambiamento che ancora si attende dall’Unità d’Italia e da oltre 60 anni dall’ultima guerra, che faccia finalmente superare questo divario tra Nord e Sud e si possa costruire, così, una vera unità
    nazionale”.
    Scrivevo questo un pò di tempo fà, consapevole che la realtà in cui vivono i giovani quando si spostano al Nord in cerca di lavoro è veramente dura, la vivono come un sorpruso, una violenza ai loro sentimenti di attaccamento alla famiglia e alla loro terra. Tuttavia ero consapevole anche che molti di loro danno a questo salto nel buio, a questo sradicamento forzato da un contesto a loro familiare, un significato di provvisorietà, di momentanea accettazione del nuovo per poter realizzare ciò a cui aspirano, e ritornare nella loro terra per contribuire a metter le basi di quel tanto desiderato “sviluppo”, essere artefici di esso e spendere quì tutte le loro energie. Molti di questi giovani hanno inseguito per anni un sogno, tutto il loro progetto sembrava essere solo un sogno, ma con tenacia hanno superato ogni difficoltà, una vita al Nord da costruire, ricerca di ulteriori titoli con assurde frequenze a stages e master per dare alla loro bella laurea ancora più credito, inserimento in contesti sociali e di lavoro inimmaginabili, se solo fossero rimasti nella loro terra d’origine.
    Era, il loro sogno, una scommessa con se stessi, vedere in concreto cosa fossero capaci di fare fidando solo sulle loro forze. Loro che non avevano scelto, nè accettato di fare il portaborse del tizio politico nostrano, che non avevano voluto svendere la loro dignità per vivere di una lontana e illusoria promessa di una qualunque e, a volte, anche misera occupazione, hanno fatto di tutto per realizzare un sogno che, ab initio, era sembrato irraggiungibile, l’hanno inseguito fino al punto di vedergli, piano piano, prendere forma, diventare un’accessibile realtà. Scrivevo questo, tempo fa, inoltrando questa mia amara riflessione a delle testate giornalistiche online, vedi Corriereweb, La Repubblica, Tiscaliweb, che hanno sempre accolto e apprezzato quanto si riesce a scrivere se si è mossi da sentimenti di amarezza per ciò che vivono i nostri ragazzi, ma anche da una forte speranza che riuscissero a farcela a tornare vincitori, quando per vittoria si intende aiutare lo sviluppo del proprio territorio, al di fuori da qualsiasi interferenza di natura politica, intesa solo negativamente per una lotta tutta all’insegna della legalità e della giustizia.
    Con quell’articolo esprimevo tutta la mia amarezza di vedere i ragazzi augurarsi, ogni buon dì, di farcela e adesso che ce l’hanno fatta, io lo devo a loro questo mio scritto per le stesse testate che hanno conosciuto quanto può essere forte un desiderio e quanto esso può tramutarsi da irrealizzabile, a realtà quotidiana.
    E’ loro la capacità di portare un’Azienda del Nord ad essere presente nelle Regioni Meridionali come la Calabria e Sicilia, Azienda che mai avrebbe supposto di aprire al Sud, e già conta pure dei collaboratori assunti nel nostro territorio, è ancora loro la forza ingegnosa di essere, rappresentando la Regione Sicilia, presente alla grande EXPO di Milano, con il Claster Mediterraneo, è stata loro la capacità di insegnare in punti estremi del Nord, fra il gelo e la neve, e portarsi la cattedra giù al Sud, prima dello sfacelo nelle scuole attuato da Renzi.
    Oggi scrivo tutto ciò per ricordare ai giovani che sognare si può, si deve a se stessi darsi la bella emozione di inseguire un sogno e agire per realizzarlo, l’hanno fatto i nostri ragazzi e ci sono riusciti, a vivere ogni giorno di una grandissima soddisfazione: portare il lavoro al Sud, per sè e per alcuni che li collaborano, il tutto senza dover dire grazie a nessuno, solo alla famiglia che li ha sostenuto.

  7. mmmm qui si parla solo di gente vincente che probabilmente i soldi già li aveva, parlate della miriade di italiani che vanno a fare i camerieri a Londra o NY.

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