IL PAPÀ DI SANDOKAN RAPITO DALLA SARDEGNA: EMILIO SALGARI E L’AMORE PER L’ISOLA


di Ilaria Muggianu Scano

Il segreto del successo narrativo di Emilio Salgari è cosa nota a generazioni di lettori: una strabiliante capacità nel descrivere luoghi e popoli, senza mai aver abbandonato lo scrittoio. Meno nota è invece la sua grande attrazione per la Sardegna. Il giornalista veronese, infatti, nel pieno della popolarità ambienterà nell’Isola tre delle opere di maggior successo, “Le pantere di Algeri”, “I predoni del Sahara” e il racconto “La pesca dei tonni”, pubblicati tra il 1903 e 1904. L’ambientazione sarda è molto diversa dalle consuete atmosfere salgariane delle giungle malesi. Ciò che lo affascina dell’isola è la posizione. Lì dove il sole si tuffa nel Mediterraneo le imprese barbaresche animano le vicende che fanno della Sardegna un crocevia di traffici e battaglie internazionali a cui lo scrittore non riesce a resistere. Componente di non poco rilievo, inoltre, è l’attrazione per gli occhi profondi e ammaliatori delle fanciulle sarde.In Le pantere di Algeri ritroviamo numerosi elementi tanto cari al narratore: predoni mori, beduini, negrieri, mendicanti, pirati e filibustieri che si intrecciano alle imprese amorose dei protagonisti, tra mirabolanti vicende, grandiosi palazzi, moschee, bazar, harem e danze dervisci. Salgari continua a distinguersi come mirabile artigiano del romanzo esotico divenendo l’autore preferito di Ernesto Che Guevara, che probabilmente si immedesima in quell’epica libertaria tipica di Sandokan e del Corsaro Nero. Ma lo scrittore non cessa di essere incisivo in opere dal taglio più spiccatamente documentaristico come La pesca dei tonni, racconto ambientato ad Alghero ma, grazie alla precisione narrativa, è stato possibile il riconoscimento dell’antico rito della mattanza di Carloforte. La descrizione della preghiera, diversa per ogni tonnara non lascia dubbi sulla cittadinanza dell’opera. L’evoluzione della penna di Salgari è ancora intrisa di sardità tra le pagine de I predoni del Sharain cui l’autore arriva a trasferire la sua grande abilità di spadaccino a Rocco, servo sardo arguto e intraprendente. L’esistenza di Salgari si conclude tragicamente la sera del 25 aprile 1911. Esasperato dalla miseria e dall’impossibilità di svolgere un doppio lavoro a causa dei contratti capestro con gli editori, che lo obbligano alla pubblicazione di tre opere all’anno, si toglie la vita lasciando un lapidario messaggio ai propri debitori malsolventi: “A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi – miseria od anche più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che io vi ho dato pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna“. Emilio Salgari esordisce con la stessa casa editrice che tanta fortuna portò a Grazia Deledda. Il Nobel intuì presto le insidie del mondo editoriale tanto da affidare i suoi interessi alla persona davvero più vicina, il marito Palmiro Madesani, che ne fa addirittura un lavoro a tempo pieno. Ci piace pensare che se le due primizie letterarie del ‘900 si fossero incontrati e confrontati sarebbe andata diversamente per il papà di Sandokan, quel signore con i baffi a manubrio, gli occhi buoni e la sigaretta sempre accesa.

* LaDonnaSarda

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