LA VIOLENZA SEMBRA PURTROPPO CHE SIA TORNATA DI MODA. FORSE PERO’, NON E’ MAI PASSATA

la giornalista di Sardinia Post Francesca Mulas, vittima nei giorni scorsi di becere minacce


di Francesca Madrigali

Accade puntualmente, con quei corsi e ricorsi che solo una civiltà arretrata può garantirci: a una donna viene augurato lo stupro, in questo caso perché ha fatto il suo lavoro (la giornalista). E’ accaduto a Cagliari in occasione della manifestazione (sic!) dei simpatizzanti di Salvini. E, sì: esistono leghisti anche in Sardegna, e questo diventerà presto oggetto di studio, credo. Alla giornalista Francesca Mulas augurano che “un maomettano la violenti”, e recentemente  un’altra è stata disegnata rozzamente in una vignetta affissa in un comune, un’altra ancora definita “burattina”. Ovviamente,  e per fortuna, la reazione generale è stata di sdegno e solidarietà non solo da parte dei colleghi della stampa ma in generale di chi è venuto a conoscenza degli episodi.  Io credo che queste ragazze, che io stimo, continueranno serenamente a fare il loro lavoro, la mia preoccupazione è che episodi come questo vengano sottovalutati, mentre fanno parte di uno scenario più ampio. Un cocktail micidiale quello delle colleghe: ancora oggi essere donna e giornalista (in quest’ordine) risulta insopportabile per la mente  maschilista (non maschile: non comincino ad agitarsi tutti i lettori uomini). E’ un fatto politico, nel senso di praticare un’aggressione verso chi manifesta o in qualche modo ostacola certe manovre? Certo, ma non solo. E’ un atteggiamento tipico ed esclusivo di una sola parte politica? Direi proprio di no, essendo scolpito nella mia mente a lettere di fuoco quell’altro che augurò lo stupro all’atleta russa che manifestava idee politiche diverse dalle sue (e dalle mie, per inciso). In tutti i casi, non mi risulta ci siano state conseguenze, e questo è uno di quei motivi per cui rimpiango di non vivere negli USA, dove la continenza anche verbale è considerata strategica e per molto, molto meno le carriere politiche finiscono (e non bene). E’, indubbiamente, un meccanismo maschilista, come sempre a metà fra i problemi esistenziali e quelli dell’immaginario sessuale, e come tale trasversale.  E’ un problema solo maschile? Ehm, no: basta fare un giro, se ne si ha tempo e stomaco, su alcuni angoli “social” in cui ci sono uomini che (pubblicamente) utilizzano espressioni come “scopare a sangue”, e donne che (pubblicamente) li apprezzano. Viviamo in una società che fa della sessualità un’arma di offesa, dell’immagine femminile uno stereotipo, e questo spiega l’irritazione di chi si trova davanti una donna che fa la giornalista invece di stare a casa a fare la calza, per esempio.  Vale per tutte coloro che dispongono della propria vita e del proprio corpo come meglio credono o vorrebbero farlo, che si scelgono un lavoro “inconsueto” o non perfettamente allineato, che vivono con libertà la sessualità. Bisogna difenderle e in questo modo difendere la nostra evoluzione civile, continuare a farlo anche in direzione ostinata e contraria. Ma soprattutto bisogna puntare sulle nuove generazioni, chè le vecchie sono andate: sono valori talmente profondi, quelli del rispetto e della parità tra le persone, nonché di un corretto approccio a tutte le sfumature dell’esistenza, che ci vuole una vita intera per innestarle dentro di sé.  Per tutto il resto ci vorrebbero legioni di psichiatri.

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