LUTTO NEL MONDO DELLA CULTURA ORISTANESE: MORTO MARCO PORCU, CONFERENZIERE, DOCENTE, GIORNALISTA E SCRITTORE

Marco Porcu


di Gian Piero Pinna

Parlare di Marco al passato mi fa una certa impressione, ancora non mi sono abituato alla sua assenza. La nostra amicizia era cominciata quando mi aveva chiamato a collaborare con la sua testata Lo specchio e da li era nato un sodalizio che è perdurato nel tempo. Eravamo diventati quasi una squadra, lui mi infilava nelle sue iniziative e io lo coinvolgevo nelle mie. Non riesco neanche più a ricordare quante volte ho preso parte alla presentazione dei suoi libri, sia come relatore e sia come moderatore. L’ultima volta, qualche mese fa a Ploaghe, per presentare un libro di don Eliseo Lilliu, dal titolo Diavoli e anime in convento. Insieme eravamo stati anche in provincia di Milano, in un circolo dei sardi, per presentare Stella insanguinata, un suo “noir” sulla Sartiglia,. Ogni volta era uno spasso per tutte le cose nella quale volenti o nolenti, ci trovavamo coinvolti e il bello era che da questi episodi, spesso scaturivano altri suoi libri, come quella volta che durante una cena a casa sua, con amici comuni, parlai della burla che alcuni oristanesi giocarono agli abitanti di Monteleone Roccadoria. Questi buontemponi, fintisi americani, si erano recati nel piccolissimo centro posto su un rilievo che si affaccia sul lago dell’alto Temo, di poco più di cento abitanti, per acquistare il paese. Lui non ne sapeva niente, ma raccolse subito le notizie più interessanti sull’episodio e ci imbastì un giallo. Insieme ci recammo a Monteleone Roccadoria, per concordare col sindaco una eventuale presentazione del libro nel paese. Tutto orgoglioso, il sindaco ci fece visitare il posto, compresi gli scavi del castello dei Doria e una rupe che definì “della regina”, perché, secondo lui, durante un assedio, Eleonora d’Arborea si sarebbe salvata buttandosi giù su un mucchio di materassi. Alla fine del tour, era quasi ora di pranzo, ci disse che ci avrebbe portato in una casa del centro storico. Marco convinto che ci stesse invitando a pranzo, gli disse che non era il caso che si disturbasse tanto, ma quello con indifferenza gli rispose che non c’era nessun disturbo, perché quella era la casa dove stavano allestendo un piccolo museo della civiltà contadina. Finita la visita, ci liquidò e noi, sulla strada del ritorno, ci dovemmo fermare, giocoforza, in un ristorante di Pozzomaggiore, l’unico di tutta la zona, per mangiare qualcosa. Si fece tardi e ci scusammo per esserci trattenuti oltre l’orario di apertura, ricevendo una risposta di circostanza dove ci assicuravano che per loro non era stato un disturbo, solamente che, non appena mettemmo il piede fuori dal ristorante, chiusero subito la porta a quattro mandate. Quante risate ci facemmo, quando scherzosamente gli dissi che probabilmente l’avevano fatto per paura che tornassimo indietro. Ma a Monteleone ci tornammo anche con uno dei superstiti della bravata degli “americani oristanesi”, il povero Franco Denti, che dagli anni ’60, in quel paese non c’era neanche passato vicino e anche quel giorno quante risate per tutto quello che ci era capitato, per la cronaca della pattuglia faceva parte anche Nanni Di Cesare.

Ma ricordo con nostalgia anche tutte le volte che si era fatto coinvolgere nelle mie stramberie, come quella volta che ero riuscito a far venire ad Oristano il grande chef americano Anthony Bourdain, per girare una delle sue puntate televisive, in una casa del centro storico, e lo convinsi a farmi da aiutante per preparare tutte le specialità oristanesi. Lui appassionato di gastronomia, spesso mi sfotteva per questa mia predisposizione all’alta gastronomia e mi definiva “Chef sciarpa rossa”. Un giorno lo invitai a una master class di due giorni, che l’Università dell’Alma di Gualtiero Marchesi, doveva tenere nel Country Resort Capo Nieddu di Cuglieri. L’evento era riservato a venti persone, ma ebbi l’autorizzazione a portare con me chi volevo, tra gli altri vi aveva partecipato anche l’allora assessore regionale all’agricoltura Oscar Cherchi, io invitai Marco, che accetto subito. Quanto fu grande la sua gioia quel giorno, quando gli regalarono un completo da chef, compresa la classica berretta, e l’attestato della Scuola internazionale di cucina italiana “ALMA Italian Experience”, per aver partecipato con successo al progetto “Dietro le quinte dell’alta cucina”, oltre al libro “Gusto italiano – cucina contemporanea dei maestri dell’Alma”. Da quel giorno fui a sfotterlo per la professionalità che aveva acquisito nel campo dell’alta gastronomia.

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Un commento

  1. solo ora leggo della morte di Marco, me ne dispiace tanto.

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