OLTRE I SEGNI UN PREZIOSO ARRICCHIMENTO: LA PASSIONE DI MANUELA SALIS

Manuela Salis


di Laila Di Naro

Parola d’ordine: passione. Ne ha messo tanta in ventiquattro anni di attività Manuela Salis, giornalista professionista, 43 anni suonati, che si batte per far sì che la Lingua Italiana dei Segni, venga inserita nelle istituzioni, nelle scuole e nelle redazioni. L’incontro galeotto con due non udenti avviene 25 anni fa e da lì nasce la curiosità di comprendere un lessico così diverso dal nostro, ma affascinante. Il percorso di studi e di formazione, lungo e complicato, l’ha spinta a fare della sua missione una ragione di vita. Manuela ha una sensibilità fuori dal comune che l’ha sempre accompagnata nel suo lavoro da cronista permettendole di affrontare tematiche legate alle politiche sociali, credendo fortemente nell’integrazione sociale, andando oltre a colori politici e discriminazioni tra persone diverse per religione, razza o lingua.

Hai sempre visto la diversità come un valore e mai come un ostacolo.  Alle elementari avevo in classe una bambina con la sindrome di down e io rimanevo ore a giocare con lei. Durante l’adolescenza sono diventata amica di un ragazzo cieco, che mi ha insegnato tanto. Sono persone profondamente sensibili. 
Quando è nata la passione per il mondo dei sordi?  A 18 anni passeggiavo con un’amica nel centro di Cagliari. La mia attenzione venne catturata da due sordi che discutevano in modo animato. Rimasi colpita, folgorata. Non capivo niente di ciò che si stavano dicendo, ma dovevo assolutamente conoscere quella lingua, così difficile ma tanto intrigante. Entrai a far parte dell’Ente Nazionale Sordi e studiai. Presi il primo, secondo e terzo livello per poi fare altri due anni a Roma per diventare interprete. È una lingua visiva – gestuale, differente per ogni paese e tutti la possono imparare.

Tu sei anche una giornalista. Hai trasferito questa tua dedizione nel tuo lavoro? Ho iniziato a lavorare al telegiornale dei sordi a Tcs, poi a Sardegna1. Ho sempre spinto affinché si lavorasse per offrire un servizio non solo ai normodotati, ma anche ai sordi. Tutti sono cittadini di serie A. Per anni ci siamo riusciti poi le istituzioni hanno chiuso i rubinetti e i sordi non hanno più il loro tiggì.

Quanto è seguito un telegiornale per i sordi?  I sordi in Sardegna sono 1.500 e fanno parte dell’Ente Nazionale Sordi, ma ce ne sono due volte tanto quelli non riconosciuti, non iscritti all’ENS. 

Hai mai sbagliato a dare le notizie ai sordi? No. Ho avuto Un po’ di paura all’inizio e qualche volta mi è capitato di dare un’informazione incompleta: bisogna essere precisi e ci vuole la giusta configurazione del segno sennò cambia il significato della frase. Quando vedete parlare con le mani, non sono gesti ma segni con caratteristiche grammaticali e sintattiche ben precise. Il vocabolario della LIS è più povero di quello dell’Italiano, diverso, ma è in continua crescita.

Qual è il segreto per riuscire a comunicare con loro? Sostenere lo sguardo dell’interlocutore e avere un’ottima padronanza espressiva non solo delle mani ma anche visivo – corporea. Importante è imparare a conoscere e gestire le proprie espressioni non verbali, oltre a uno studio approfondito della lingua.
La lingua italiana dei segni: si parla con le mani e si ascolta con gli occhi. Ha arricchito la tua personalità o ha favorito una maggiore apertura mentale? Questo modo di comunicare ricco di sfumature mi ha affascinata e mi ha insegnato l’autostima e l’autocontrollo. Oggi sono in grado di poter sostenere un colloquio di lavoro guardando dritto negli occhi il datore. La difficoltà degli udenti è proprio quella di non essere abituati a esporci, sostenere lo sguardo, e utilizzare il corpo. Io ora lo so fare.
Quante siete in Sardegna a parlare la LIS? Quattro interpreti con il titolo completo, e tanti esperti e amanti della lingua.
Per i giornalisti sono tempi duri, come fai ad andare avanti? Da diversi anni ho costituito una società di comunicazione e studio progetti di comunicazione per le istituzioni, lavoro come interprete per il tribunale di Cagliari, continuo a lavorare a Sardegna1. È molto difficile andare avanti ma se ami veramente il tuo lavoro e ci metti tutta te stessa alla fine verrai ripagata. O almeno lo spero.

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