EPIFANIE NUCLEARI PER LA SARDEGNA, O FORSE NO: 90MILA TONNELLATE DI MATERIALI PROVENIENTI DA CENTRALI, INDUSTRIE, CENTRI DI RICERCA CHE DOVRANNO ESSER SMALTITE


di Nicolò Migheli

La carte secretate sono già state consegnate al governo. L’Italia, anche in virtù delle direttive Ue, dovrà costruire un deposito unico per le scorie nucleari a bassa intensità che perderanno le loro radiazioni dopo tre secoli. Per quelle più pericolose, attive per milioni di anni, paesi come l’Italia potranno consorziarsi con altri; è probabile quindi che quelle scorie verranno depositate all’estero. Oggi ci sono circa 90 mila tonnellate di materiali provenienti da centrali, industrie, centri di ricerca, cliniche mediche e centri di analisi, che dovranno essere smaltite. Scorie destinate ad aumentare nei prossimi anni. Il sito previsto avrà una dimensione pari ad un campo di calcio e una profondità di un palazzo di cinque piani. Il suo costo è preventivato in 2,6 miliardi di euro, che dovranno essere recuperati dalla bolletta elettrica. Lo smantellamento delle centrali, ha un costo previsto di 6,7 miliardi di euro. Intorno al deposito verrà costruito un parco tecnologico specializzato nello smantellamento nucleare. Mille persone tra occupati diretti ed indiretti ipotizzati. Impieghi molto specializzati con una forte presenza di ricercatori. Secondo l’IEA, l’agenzia internazionale sull’energia, ad oggi nel mondo ci sono 147 reattori in fase di fermata. Dei 434 reattori attivi a fine 2013, 200 dovranno essere smantellati entro il 2040. Un affare da 100 miliardi di dollari. In realtà saranno molti di più perché nell’industria atomica, come in quella militare, l’aumento dei costi in corso d’opera è una costante. L’Italia, proprio per essere stata uno dei primi paesi ad aver rinunciato al nucleare, si trova in posizione di vantaggio. L’immenso mercato che si apre potrebbe vedere l’industria italiana protagonista. Una delle tante ragioni che spingono alla realizzazione del deposito unico. Nonostante non si conoscano le localizzazioni, c’è il sospetto che il sito prescelto possa essere in Sardegna. Le condizioni vi sarebbero tutte. Un territorio vasto e poco popolato controllabile militarmente, l’indice di sismicità tra i più bassi d’Europa ed una popolazione che soffre di una disoccupazione di lunga durata che ha già accettato nel proprio territorio industrie inquinanti. Ultimo, ma non meno importante, la presenza dell’Università. Un bel regalo che ufficialmente nessuno vuole. La giunta regionale, per bocca dell’Assessora dell’Ambiente dichiara che la Sardegna, con la più alta concentrazione di servitù militari d’Italia, ha già dato. Si preannunciano manifestazioni e movimenti di protesta nel caso il sito scelto sia nella nostra isola. Ancora una volta, però, si pone il vero discrimine per le popolazioni che abitano questo scoglio mediterraneo. Se ci si definisce italiani se ne devono accettare anche le conseguenze. L’interesse nazionale dell’Italia indica la Sardegna come luogo ideale? Se ci si sente italiani, perché dire di no? Se quel sito non lo si vuole, si cade in una banale sindrome Nimby: non nel mio giardino. Sono favorevole solo a goderne i vantaggi e non a pagarne il prezzo. Diverso è se la si vede come interesse nazionale dei sardi. Ogni vertenza assume un altro spessore. Tutto si tiene. L’isola tubo di scappamento del motore milanese, buona per essere depredata di ogni risorsa, terreno vile da bombardare, da piantumare con canne e cardi; sardi a cui negare persino la loro autonomia. Se il governo regionale eviterà, come sta già facendo, di aprire una vertenza complessiva con Roma, si finirà che a pezzi e scampoli vinceranno loro. È sempre stato così. Questa volta in riva al Tevere non si vedono galantuomini a cui basta una stretta di mano, sempre che ci siano mai stati. In Viale Trento ne sanno qualcosa delle promesse non mantenute dai ministeriali. Forse però non sarà così. Il sito unico si presenta come uno degli affari più importanti di questo secolo e forse anche dei prossimi due. Di conseguenza è pensabile che non sarà la Sardegna il luogo, vorranno tenersi i loro lucrosi ricavi altrove. È una speranza flebile, probabilmente destinata ad essere cancellata nel giro di qualche mese. L’averla scampata, se sarà così, non ci autorizza ad evitare la domanda delle domande: i nostri interessi coincidono sempre con quelli dell’Italia? Auguri a tutti noi per il 2015.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Un commento

  1. la Sardegna affonda oppure no…

Rispondi a Antonio Luigi Galistu Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *