UNO SGUARDO PENETRANTE CHE SI APRE ALL’ORIZZONTE: GLI OCCHI DELLE DONNE SARDE


di Elena Maisola

Si dice che in un viso siano gli occhi a catturare altri occhi. Se questo viso poi è incorniciato da un fazzoletto di seta, di lana, di pizzo è come se questa cornice nasconda tutto ciò che circonda quel viso, lo porti in secondo piano e metta, invece, in risalto i suoi occhi. Gli occhi si posano sugli occhi e sull’anima, quindi. Perché gli occhi esprimono la gioia, la paura, lo stupore. Esprimono gli stati d’animo più di ogni altra cosa. E le iridi di una donna sarda sono iridi forti, orgogliose. Indossano i loro fazzoletti tradizionali, le donne sarde, e camminano con lo sguardo fiero.   Racchiudono in quello sguardo la loro terra. Uno sguardo non facile da comprendere, né da spiegare, un po’ come la nostra isola. Una terra di lunghi silenzi, la nostra e uno sguardo che racchiude il silenzio di chi parla poco, ma nelle sue parole ha la saggezza di secoli di storia. Sono occhi che osservano e che non amano spiegare quello che sono perché sarebbe troppo complesso. Lo trasmettono. E poco importa se gli altri non comprendono, non si può mutare  il proprio modo di essere. Gli occhi delle donne sarde sono occhi spagnoli il giorno di Pasqua, sono occhi fenici e cartaginesi quando credono negli amuleti di fecondità e fortuna, sono arabe quando cuociono il pane, sono africane quando tengono la testa dritta, come se ancora dovessero sorreggere le brocche d’acqua, i cesti d’asfodelo colmi di grano. Sono occhi selvaggi e indomabili, come il nostro vento, ma sono sempre lì come il nostro mare. Granitici come le rocce nutrono il focolare domestico, seguono attenti le dita nel telaio, riconoscono le erbe che curano ogni male. Sono occhi di donne che sanno qual è la propria strada, il proprio destino come l’acqua dei ruscelli di montagna. Sanno che quel destino probabilmente sarà impervio, arso dal sole che picchia forte nella nostra Sardegna, ma sanno anche che sono in grado di affrontare tutto quello che verrà. Continuiamo allora a indossare quei fazzoletti, permettiamo loro di incorniciare ancora quello sguardo. Oggi più che mai, deve essere uno sguardo che si apre all’orizzonte, ma che non dimentica l’antichità da cui proviene. E’ uno sguardo che deve andare avanti, ma che sul capo deve portare i cesti della tenacia delle nostre nonne. E’ un augurio a tutte noi. 

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