ALLA CONQUISTA DELLA DEA TURCHESE! PER L’ALPINISTA MAX CARIA, OBIETTIVO CHO OYU: E’ COMINCIATO IL CONTO ALLA ROVESCIA

Max Caria


di Paolo Salvatore Orrù

Il tempo delle parole e dei sogni sta per concludersi per lasciare spazio all’azione. Per l’alpinista di Oristano, Max Caria, è tempo di esami: il 28 agosto sarà a Katmandu per incontrare la guida che lo scorterà alla conquista Cho Oyu (la Dea Turchese), la sesta montagna più elevata della Terra, posta sul confine che divide la Cina dal Nepal, 20 chilometri ad ovest dell’Everest. “Ormai sono alle ultime rifiniture”, ha spiegato Caria.  Sino a due settimane fa, Max si era costretto a carichi di lavoro intensi, affrontando in mountain bike e con una zavorra di 25 chili sulle spalle, le sterrate che portano alle vette delle montagne più alte della Sardegna. “Sono stato sul Linas, ho affrontato i sentieri che portano sul Monte Arci, ho pedalato negli scoscesi pendii del Gennargentu”, chiarisce lo scalatore. Per “fare gambe”, ha attraversato quasi tutta la Sardegna con tappe di quasi “130 chilometri al giorno”, passando in quasi tutti i paesi della regione. “Ma il mio circuito preferito è quello che da Uras, passando dalla salita di “Roja Lacus” di Mogoro, mi permette di rientrare a Oristano attraversando Ales e Samugheo”, ha aggiunto. Tutto, insomma, pur di trovare “lo stato di grazia” che gli dovrebbe permettere si affrontare con meno patemi d’animo una delle vette più difficili dell’Himalaya. “Non posso dire che il Cho Oyu sia propedeutico alla scalata dell’Everest, sarebbe riduttivo esprimersi così della sesta vetta del mondo”, commenta l’alpinista oristanese. Che, per non lasciare nulla al caso, si è anche allenato nelle cenge più impervie della Val Senales, nelle Dolomiti. “Ho voluto fare bene i compiti a casa per non aver rimpianti”, ha detto. E in affetti anche per la nutrizionista Caria ha raggiunto un peso forma perfetto. “Forse dovrei pesare qualcosa in più, ma ho pensato che un po’ di “zavorra” in meno possa agevolare la mia ascesa”. Comunque, per acquistare qualche “chiletto in più da consumare in salita” c’è tempo sino alla partenza.  L’alpinista sardo affronterà la parete nord della “Dea” sapendo che l’aria rarefatta metterà a dura prova l’organismo, ecco perché ha previsto una permanenza nel campo base, posto a cinquemila metri di quota, di cinque giorni. “Solo quando mi accorgerò di respirare con tranquillità comincerò la scalata: l’impazienza non è una buona consigliera, mi avvarrò in questo dei consigli della mia guida”. L’atleta oristanese in questi giorni si sta allenando nella zona di Putzu Idu. “Alle corse in bici e alle scalate ho aggiunto nuotate di almeno un’ora al giorno, questo mi permetterà di stare qualche ora in più con la famiglia”. Gli alti e bassi della voce di Max sono la cartina tornasole del suo stato d’animo, si sente la determinazione di chi è chiamato ad affrontare l’ignoto: è l’emozione che tutti gli atleti “estremi” sperimentano prima dell’azione, è l’adrenalina che schizza nel cervello prima che i gesti ammansiscano preoccupazioni, angosce, inquietudini e tormenti. 

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