INTERVISTA ALLA SCRITTRICE ROMANA VALENTINA CEBENI: VI RACCONTO LA MIA SARDEGNA MAGICA

Valentina Cebeni


di Pierpaolo Fadda *

Ha un sorriso dolcissimo Valentina Cebeni. E due occhi incantevoli, che esprimono mille emozioni. Valentina ha pubblicato il suo romanzo d’esordio, L’ultimo battito del cuore, ed è stato subito un grande successo editoriale. Scrittura curatissima, trama avvincente che ti cattura pian piano fino a non lasciarti andare più. Un bel libro, ambientato nel Kent, in Gran Bretagna.

Valentina, quando hai capito che nella vita avresti fatto la scrittrice? Intraprendere questo cammino non è, credo, qualcosa che si decide di fare, piuttosto qualcosa che si è nel profondo, l’esigenza di raccontare storie che si ha dentro sin dalla nascita, incisa nel codice genetico, e che esplode imprevedibilmente nel corso della vita. La “miccia” che accende il sacro fuoco della scrittura, così mi diverte chiamarlo, può essere qualsiasi cosa, da un crollo emotivo a un incontro fortunato, di quelli che capitano a pochissimi e che stravolgono la vita. Perciò sì, forse una parte di me ha sempre saputo di voler essere una scrittrice. Probabilmente l’ho capito nel momento in cui ho aperto gli occhi.

Il tuo primo romanzo, L’ultimo battito del cuore, è scritto benissimo, con stile raffinato, curatissimo nei dettagli: sbaglio o ci trovo anche notevoli assonanze con la letteratura russa? La letteratura russa è il mio primo vero amore letterario, insieme a quella francese. La terra degli zar, con penne del calibro di L. N. Tolstoj, A. S. Puškin e gli altri padri del Realismo e del Romanticismo, ha influenzato profondamente la mia formazione. Trovo lo stile russo sublime, mai scontato, e sicuramente molto meno noioso di quanto molti possano pensare. Guerra e Pace, così come Anna Karenina o I fratelli Karamazov, per citare i più noti, sono storie universali, narrate con una lingua capace di parlare al grande pubblico con estrema semplicità. Ho letto la storia di Anna e Vronskij a 13 anni, durante un’estate trascorsa proprio in Sardegna, perciò credo sia davvero alla portata di tutti!

C’è romanticismo nella tua storia tormentata, ambientata nel Kent, in Gran Bretagna, e si scorge anche molta malinconia: Valentina Cebeni è una donna malinconica e romantica? Ahimè, non potrei essere altrimenti! Vivo immersa nel romanticismo, e non quello da nuvola rosa e parole dolci, ma quello letterario, sfaccettato, in cui amore e morte si inseguono in una danza che non conosce tregua. Perciò sì, senza ombra di dubbio malinconia e romanticismo fanno parte di me, della persona che sono e che voglio essere, e quindi anche della mia voce narrativa. Sono convinta che l’amore salvi sempre, in ogni sua sfumatura; che si tratti di quello verso il proprio gatto, una pianta o la nonna bisognosa di cure, purché si ami e si liberi questa energia che ognuno ha dentro di sé. Solo così, iniziando con l’amare le piccole cose che fanno parte del nostro quotidiano, possiamo salvarci dalle brutture che ci riservano i tempi in cui viviamo. E salvare noi stessi.

Spiegami in poche parole chi sono Penelope, Ryan e Addison… Penelope è la protagonista del romanzo, una ragazza cui la vita non ha risparmiato prove ardue e dolori. Nasce al di fuori della famiglia convenzionale, e subisce, dopo la morte della madre, la decisione paterna di tornare a vivere con sua moglie e la sua primogenita. Il rapporto con la sorellastra si rivela da subito molto complicato, e gli anni non riusciranno a rendere giustizia al bisogno d’amore di Penelope, la cui vita è, come lascia intendere il suo nome, costellata di attese: attende di essere amata, e quando trova l’uomo della sua vita e lo perde aspetta e prega di morire, per poi invece iniziare un percorso che la porterà a una riscoperta di sé stessa. Ryan, il cognato di Penelope, è uno sconfitto. Ha creduto nel matrimonio con Addison, che ama profondamente, ma la disabilità cui lo costringe un incidente incrina ogni equilibrio, mettendo in luce le tante ombre del suo essere che il matrimonio con Addison sembra incapace di sopportare, trascinando in un vortice da cui solo Penelope sembra in grado di salvarlo. Addison, infine, è la sorellastra di Penelope, con la quale Addison istaura da subito un rapporto burrascoso, fatto di rancori e ruggini che il tempo e gli avvenimenti tragici che segnano la vita di Penelope riporteranno in superficie. Molti lettori tendono a detestare Addison, ma in fondo lei è solo una donna come tante, che cerca di fare del suo meglio e ama, seppure a suo modo.

Tu hai legami fortissimi con la nostra terra sarda: spiegaci perché. Mia madre è nata in Sardegna, e come prevedibile tutte le mie estati, o almeno la maggior parte di esse, le ho trascorse nella casa dei miei nonni materni. Ma non è solo questo, o almeno, da questo parte; le radici sono fondamentali nella vita di un individuo, e dopo tanti anni quelle di mia madre sono diventate in piccola parte anche le mie. Per me la Sardegna ha il sapore di un ritorno a casa, di infanzia, delle buganvillee che si affacciano dai balconi, dei fichi d’india che crescono vicino ai muri a secco, e dell’erba che ha un profumo del tutto diverso, da quello della campagna romana. Mi ricorda i pomeriggi estivi di una bambina che con il suo libro sottobraccio si sdraiava sul pavimento appena lavato nel mezzo del corridoio, da dove si vedeva il panorama migliore, una collina sulla quale tante volte ha fantasticato, e del viso di mio nonno, che purtroppo non ho conosciuto, e dei suoi occhi buoni, sinceri, tipici di chi ha sempre coltivato la terra.

Cosa ti rimane della Sardegna quando prendi la nave e ritorni a Roma? Odori unici, profumi intimamente legati alla spensieratezza dell’infanzia, che per me hanno il sapore della gioia. Credo sia qualcosa che forse solo chi non vive in Sardegna ma ci torna una volta l’anno, o comunque di rado, può capire; è il profumo della salsedine che ti scompiglia i capelli quando sei sul ponte, la bellezza aspra e selvaggia di alcuni tratti costieri. Sono le curve della 125 che un momento prima dell’alba ti regalano una pioggia di profumi che ti riempiono i polmoni di felicità: ginestra, finocchio selvatico, ginepro, mirto e altre decine ancora, il profumo resinoso che si respira in pineta, prima di tuffarti nell’acqua gelida di un mare finalmente cristallino, insieme alle “storie olfattive” che il maestrale regala a ogni sua visita. È la magia, quella che riporto con me da ogni viaggio in Sardegna.

Parliamo del tuo secondo romanzo: puoi anticiparci qualcosa? E’ vero che nella trama sfiori finalmente anche la nostra terra sarda? Il secondo romanzo è ancora in lavorazione, per cui non posso anticipare molto; quel che posso dire, però, è che si tratta di una storia mediterranea, ambientata in un convento abbandonato in un’isola del Mediterraneo, in cui si muovono personaggi femminili molto forti legati da tragedie del mare e segreti inconfessabili, che ridisegneranno per sempre la geografia emotiva di un’intera comunità. Una comunità che vive su un’isola magica, appunto, cui non ho volutamente dato una connotazione realistica, ma che come facile immaginare attinge molto dal mio vissuto e dal mio bagaglio olfattivo. La Sardegna, tuttavia, è direttamente presente nella storia, ma in un modo diverso, attraverso una forma di comunicazione che definirei universale. Quale? Lo scoprirete leggendo il romanzo!

E’ possibile che in un futuro possa ambientare un tuo romanzo in Sardegna? Se si, che luoghi sceglieresti? I luoghi dei miei romanzi sono solitamente immaginari, in quanto questo rende più semplice per me muovermi fra le storie e i personaggi più liberamente, poiché tutto si svolge all’interno di un microcosmo del quale ho il pieno controllo. Tuttavia, se decidessi di ambientare un romanzo in Sardegna, credo sceglierei la Barbagia, oppure una delle meravigliose isole impropriamente, a mio avviso, definite minori.

Indicami tre libri sardi che porteresti sempre con te … Precedentemente ho parlato di autori del passato, perciò questa volta preferirei rivolgere lo sguardo al presente, e in alcuni casi, a quello che reputo e che mi auguro sia il futuro della narrativa italiana. In questo caso non farò una classifica, le storie a mio avviso non sono numerabili, per cui l’ordine è casuale; Accabadora di Michela Murgia, Il cuore selvatico del ginepro di Vanessa Roggeri e Il sentiero dei profumi, di Cristina Caboni. L’ultimo citato è una storia dal respiro internazionale, ma la penna dell’autrice è indiscutibilmente sarda, si percepisce a ogni parola.

E tre classici della letteratura mondiale che consiglieresti a tutti? Guerra e Pace di Lev Tolstoj, La signora delle camelie Alexandre Dumas e Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque.

Che consiglio daresti a chi vuole avvicinarsi alla scrittura? Leggere, leggere e ancora leggere! Le scuole di scrittura proliferano e tra esse ce ne sono di valide, ma nulla può sostituire l’insegnamento che un romanzo può darci.

* www.antas.info

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Un commento

  1. Un’altra che vuole raccontarci come siamo. Nessuno che sia interessato alla nostra versione. Michela Murgia e Marcello Fois hanno fatto scuola. Povera Sardegna. Ormai impariamo chi siamo leggendo i romanzi.

Rispondi a Giulia Parisi Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *