OSPITALI A TUTTI I COSTI? PRENDIAMO CONSAPEVOLEZZA DEL POTENZIALE TURISTICO DELLA SARDEGNA


di Mariella Cortès *

Sardegna a 5 stelle? No, a quanto pare, per le classifiche degli enti tedeschi e dei più comuni siti di prenotazione on line. La nostra isola è in coda nelle liste che valutano gli alloggi, la qualità – e quantità degli attrattori -, l’accoglienza e la presenza turistica per metro quadrato. Ora, se la prima domanda da porsi riguarderebbe il grado di affidabilità di tali “top list” e i parametri di paragone con il resto d’Europa che sono stati applicati la” non risposta” riguarderebbe il fatto che, in alcuni casi, inverosimilmente e agli occhi dei più, le basi delle fonti riscuotono meno interesse rispetto a una notizia che comunque ha rimbalzato per un po’ sui quotidiani. Di certo, ad essere passata, è la constatazione di un’Isola poco ospitale. Già, proprio la Sardegna, il territorio la cui ospitalità è stata declamata a gran voce da tanti visitatori illustri, da Lawrence a De Andrè, passando per Severgnini. Ci sarebbe da gridare allo scandalo per questa pessima cartolina nel bel mezzo di una stagione estiva dove lo stesso meteo sembra essere anti vacanze? No, purtroppo. Non fin quando buona parte della popolazione continuerà a dondolarsi sull’amaca del “Eh, vabbè, ma noi abbiamo il mare, la natura e la storia”.  Le problematiche sono, però, nettamente superiori alla bellezza del paradisiaco suolo sul quale abbiamo la fortuna di poggiare i piedi. Il diventare “turisti della propria terra” significa anche sapersi mettere nei panni di un visitatore che potrà pure soprassedere alle carenze del trasporto pubblico, ma non può passare sopra ad affitti in nero di case, a volte fatiscenti, fatte pagare una follia; può accettare l’esotico e l’incontaminato ma non l’assenza totale di servizi navetta da parte delle strutture alberghiere che sui siti millantano di essere sul mare e invece si trovano a diversi chilometri; può, inoltre, avere il gusto della scoperta e l’indole da Indiana Jones ma gradirebbe, magari, che i siti archeologici e gli attrattori culturali fossero ben evidenziati e che le persone del luogo ne sapessero qualcosa in più. Tali punti sono, per buona parte, le carte vincenti di regioni come il Trentino Aldo Adige, per esempio, dove ospitalità significa accogliere il visitatore e guidarlo, a 360 gradi tra le bellezze del luogo. Attenzione: implementare la qualità dei servizi turistici non significa trasformare la Sardegna in un clone della Riviera Romagnola. Di cemento se n’è gettato abbastanza. Fermo stando che l’Isola potrebbe diventare un laboratorio di sperimentazione di edilizia sostenibile, l’aggiornamento delle strutture deve riguardare, in primis, un potenziamento dei servizi di base e una maggiore comunicazione nei confronti degli attrattori culturali che, sovente, passano inosservati. Se, poi, sono per ora solo i tre mesi estivi ad essere iper gettonati, usiamoli – ma sul serio – per gettare le basi per una promozione che duri tutto l’anno se veramente vogliamo giocare appieno la carta del turismo. La Sardegna, ahimè, insiste spesso col descriversi per aggettivi che nel tempo le sono stati, forse anche un po’ forzatamente, cuciti addosso: incontaminata, selvaggia, ricca di storia e ospitale.  Ma dobbiamo essere ospitali a tutti i costi? Ospitalità non significa solo offrire un calice di vino o un pezzo di pane e formaggio. Ospitalità significa prendere consapevolezza di una potenzialità turistica che potrebbe rappresentare la nostra punta di diamante economica ed è invece relegata ai soli tre mesi estivi – nemmeno gestiti in maniera eccellente a parte alcune isole felici che viaggiano, scoprono e applicano positivamente -. Ospitalità è saper valorizzare il proprio territorio, saper far rete, mostrare unità e non disorganizzazione, sorridere a chi decide di trascorrere quei tanto attesi 15 giorni nella nostra terra. Guardare, poi, ai nostri attuali competitors, è quanto più importante. Le mete che attualmente sono più ambite della Sardegna andrebbero studiate sotto diversi punti di vista per capire e accettare le nostre mancanze e apportare i dovuti miglioramenti. Il tutto presuppone però il dover lasciare l’amaca sulla quale, da troppo tempo, ci si dondola sulla certezza di essere detentori del miglior paradiso turistico. 

* focusardegna.com

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4 commenti

  1. Ottimo articolo che condivido in toto

  2. “Ospitalita’ non vuol dire offrire un calice di vino e un pezzo di pane e formaggio……….

  3. Ottimo articolo…la nostra ospitalita tabucchi nn va piu di moda…anche perche molto spesso nn è vera ospitalità ma solo ostentazione…noi abbiamo il mare, noi abbiamo la storia…tutte cose belle ma noi nn abbiamo n un lavoro ne un futuro. Quindi a rgione bisogna iniziare a guardare quel mare quella storia come una risorsa di business senza aspettare che siqno sempre glimaltri a venire da noi e fare quello che per dovere dovremmo fare noi

  4. Non sono d’accordo con l’articolo, la Sardegna è stata e resterà una terra ospitale e piena di risorse sia naturalistiche, di storia e alimentari.Siamo in fondo alla classifica? Italiana?, Europea? Non è ben specificato. L’unica nota dolente è che siamo un’isola , difficile da raggiungere a prezzi modici!!!!!

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