SVELATO L’ARCANO SULLA DIATRIBA SANT’ANTIOCO – SANT’EFISIO: LO STUDIOSO MARCO MASSA SPIEGA CHE TUTTO EBBE ORIGINE NEL 1851, QUANDO …

Marco Massa nella foto di Pierluigi Pinna


di Elisa Sodde

Con le messe officiate nella catacomba del santo, martedì 6 maggio, si è chiusa la 655ª “Festa Manna in onore di Sant’Antioco, Patronus totius Regni Sardiniae.

Una sagra durata 6 giorni e ricca di appuntamenti dedicati al Santo, la sua comunità e il suo territorio. Una celebrazione, dunque, all’insegna della grande devozione tributata al Santo Patrono della Sardegna che ha visto uniti i fedeli della Diocesi iglesiente e di tutta la Sardegna. È doveroso, infatti, ricordare che nell’XI secolo S.Antioco era Patrono di ben due sedi cattedrali, Sulci-Sant’Antioco e Bisarcio-Ozieri, oltre che esser sempre stato venerato in numerose chiese di tanti paesi della Sardegna (ma non solo), in cui, ancora oggi, si possono ammirare i simulacri dedicati al Santo.

Dalle cronache del XVI e XVII secolo si comprende bene che si trattava di una festa che ha sempre destato notevole partecipazione e grande meraviglia.

Serafino Esquirro, frate cappuccino, teologo predicatore e Ministro Provinciale dei Minori Osservanti di Cagliari (che godeva della grande stima dell’Arcivescovo di Cagliari e Vescovo di Iglesias, Francisco De Esquivel), così racconta nel 1624 nella sua opera “Santuario de Caller (…)”: <<Una delle cose più insigni, e degne di memoria, non solo nel regno di Sardegna ma della maggior parte della cristianità, è la festa che ogni anno si usa realizzare quindici giorni dopo la santa pasqua della resurrezione di Cristo Nostro Signore nell’isola sulcitana, nella chiesa del beato martire S.Antioco, per quanta gente accorre, non solo dalla città di Cagliari e dalla città di Iglesias o da altri luoghi vicini, ma in grandissimo numero da tutta l’isola, e con grandissima devozione: chi a piedi, chi a cavallo; sopra carri coperti che qui chiamano tracas, altri con carri scoperti; ed è uno spettacolo meraviglioso vedere in un luogo deserto formarsi nell’arco di cinque giorni una così grande e popolosa città, perché sono solite arrivare ogni anno più di ventimila persone, e da moltissimi paesi, perché in molti hanno qui una propria casa e tutti costruiscono moltissime capanne. (…) Il lunedì, giorno della festa, si celebrano tantissime messe sia recitate che cantate: si confessano e partecipano in tantissimi al rito eucaristico e la sera si tiene una processione solennissima con la più importante immagine del santo, molto devota e molto antica, che si conserva tutto l’anno nella città di Iglesias, nella chiesa cattedrale, nella cappella dello stesso santo, e per due volte si è soliti portarla nella sua chiesa di Sulci, cioè a dire per la festa di agosto, e per questa festa, della quale stiamo parlando. Esce dalla città dentro una cassa molto grande sopra un cocchio costruito apposta per questo scopo, accompagnato da molti canonici, presbiteri, e altri uomini di chiesa, con molta gente a piedi, e tanti vanno scalzi per devozione, molti a cavallo con i loro fucili pronti e in ordine: si tiene, come ho detto, la solennissima processione intorno alla chiesa, nella parte esterna, con musica da moltissimi strumenti, e canti, con un’infinità di spari di fucili, e suoni di trombe e tamburi. Il martedì seguente, dopo che tutti hanno ascoltato la prima messa, essendo per questo tutti mattinieri, si parte per tornare a casa.>>

Come si può notare, l’enorme affluenza dei fedeli sottolinea l’importanza della festa che travalica l’area circoscritta del Sulcis-Iglesiente e quella regionale e più vasta della stessa Sardegna. Anche il De Esquivel scrive nella sua Relacion che i partecipanti alla festa furono circa trenta mila e che vi accorsero un gran numero di forestieri: castigliani, aragonesi, portoghesi, italiani e francesi. Come a dire che la festa di Sant’Antioco abbatteva non solo le barriere tra paese e paese, o tra regione e regione, ma addirittura quelle tra nazione e nazione, mettendo in comunicazione uomini di diversa cultura, di ceti diversi e di lingue diverse. Dal XVI secolo, alla festa iniziarono a partecipare quasi sempre anche l’arcivescovo di Cagliari a cui si aggiungeva la presenza del vicerè, di comandanti civili e militari, dell’inquisitore con i rispettivi numerosi seguiti di nobili e familiari. In tal modo, durante le feste, l’Isola di Sant’Antioco diventava sovraffollata e, poiché le case scarseggiavano (alla fine del ‘500 se ne contavano un centinaio), venivano occupate le molte grotte che erano abbondanti, o si allestivano effimere capanne di frasche, dove si trovava riparo. [fonte: www.studio87.it]

Ancora, il padre Cappuccino Jorge Aleo, nel I vol. del suo “Successos de los Santos de Sardena” nel 1677 scriveva: <<Questa isola di Sulcis ha una circonferenza di circa 35 miglia, a circa mezza giornata nel mare della città di Iglesias, e molto vicino all’antica città di Palmas; è distante dalla Sardegna più o meno tre miglia e si passa da un isolotto all’altro grazie a ponti in muratura molto resistenti, alcuni dei quali molto grandi costruiti al tempo dei romani; in modo che non è necessario passare con la barca, si possono cacciare cervi e cinghiali, e alcuni cacciatori di Iglesias hanno l’abitudine di soggiornare nell’isola per molti giorni nutrendosi con la carne e la selvaggina che tengono e se ne vanno carichi di pellicce e di carne salata: il mare è abbondantissimo di coralli, tonni e altri pesci pregiati; si trovano nell’isola le rovine e gli antichi resti della famosa città di Sulci, e per questo motivo il vescovado si chiamava sulcitano, e l’isola sulcitana, è ancora in piedi buona parte del forte Castello Castro, costruito dai Pisani, quando erano signori di Sardegna, si trovano nell’isola molte fattrici e cavalli, mucche e buoi selvatici, i quali anche se si accoppiano non sono di nessun beneficio perché rimangono selvaggi e non potendosi addomesticare si lasciano morire; i terreni sono molto fertili pur essendo spopolati perché frequentati dai corsari turchi, e molti agricoltori, nell’interesse di un buon raccolto, si arrischiano alla semina; a quest’ isola venne dato in seguito il nome, e la fece famosa, il martirio e la presenza di san Antioco Martire, che per il suo martirio e i suoi miracoli è fortemente venerato e nominato come patrono della Sardegna, e nello stesso luogo in cui era situata la città di Sulci, si trova una chiesa dedicata allo stesso santo, e qui è consuetudine fare quattro feste l’anno: il primo giorno di agosto per la consacrazione della stessa chiesa, un’altra il 13 di novembre per il martirio dello stesso santo, la terza il 18 di marzo per la scoperta delle sacre reliquie; e a queste tre feste arrivano fedeli dei territori limitrofi e della città di Iglesias. L’ultima festa però, che si celebra il secondo lunedì dalla Pasqua di Resurrezione, arriva con grandissima e infinita devozione, gente da tutto il regno, superando le ventimila persone, a piedi, a cavallo, con carri coperti che qui chiamano traccas, e con carri scoperti; si tiene una fiera dove si vende di tutto; viveri di ogni genere, pane, vino, carne di tutti i tipi, tantissime barche da pesca, e tutti i tipi di doni che un uomo può desiderare; ed è cosa meravigliosa vedere in un luogo deserto formarsi nel giro di otto giorni una così grande e popolosa città; perché qui ci sono più di trecento case, e si tirano su tantissime capanne e tende. Si trasporta dalla città di Iglesias alla summenzionata chiesa di Sulci, il simulacro più importante, e la testa del santo, conservata in un grazioso e ricco reliquiario in argento, all’interno di un cocchio che viene utilizzato per questo scopo, e viene accompagnato dai canonici e altri chierici con una moltitudine di gente a cavallo, a piedi, e molti scalzi in segno di devozione, e, essendo l’isola semideserta a causa delle frequenti incursioni di pirati turchi, in quei giorni non si vede nessuno; e sebbene le case siano quasi sempre deserte tutto l’anno, i detti mori non hanno mai recato danno a nessuno, perché hanno sempre avuto grande venerazione per il santo e per il luogo, perché hanno avuto esperienza che tutte le volte che hanno osato provare, hanno fallito e sono stati vittime di grandi disgrazie.>>

Il 2 maggio scorso, in una Basilica gremita di fedeli e turisti, al termine della S. messa (presieduta dal Can. Mons. Carlo Cani, Arciprete del Capitolo della Cattedrale), si è tenuta la conferenza “Sentieri di fede. L’iconografia di Sant’Antioco fra passato e arte contemporanea”, nell’ambito della quale il Delegato alla Cultura del Comune di Sant’Antioco e Presidente della Cooperativa “Studio 87” che gestisce l’Archivio storico della stessa cittadina, servendosi anche dell’ausilio di cartine ed immagini, ha raccontato lo snodo delle tappe salienti del pellegrinaggio che anticamente affrontavano i tantissimi devoti al Santo sulcitano: <<Dal giovedì precedente, il Capitolo della Cattedrale di Iglesias cominciava a preparare tutto il necessario per il lungo viaggio a Sulcis. Il simulacro veniva rivestito con la toga rossa delle occasioni più celebri e, accompagnato dai membri del Capitolo, condotto fuori da Iglesias sino alla chiesa di San Sebastiano. I processionanti erano preceduti e seguiti dalla cavalleria, che li scortava fino al sepolcro del Santo, nell’isola di Sulcis. Dopo aver sostato a Barega, il cocchio giungeva la sera a Barbusi, dove si fermava fino all’alba. La notte, trascorsa a Barbusi illuminata da centinaia di fuochi, era caratterizzata da grandi cene, seguite da balli e da canti. La mattina seguente il corteo processionale si rimetteva in cammino e, attraverso Coederra e San Giovanni Suergiu, raggiungeva il ponte di Santa Caterina che immetteva nell’isola di Sant’Antioco.>>

 Lo studioso Marco Massa tiene anche a precisare che le solenni celebrazioni religiose sono sempre state accompagnate dalla sfilata dei costumi, dai fuochi artificiali e dalla corsa dei cavalli a premi e hanno costituito, sin dai tempi antichi, le maggiori attrazioni della Sagra del Patrono con la partecipazione di fedeli provenienti da tutta la Sardegna. Tutto questo fino all’anno 1851, quando, accaddero due fatti che incrinarono irrimediabilmente i rapporti con la Diocesi di Iglesias: il comune di Sant’Antioco, dopo un’infruttuosa vertenza durata più di 50 anni nella quale la comunità antiochense chiedeva giustamente ad Iglesias di rientrare nel legittimo possesso delle reliquie del santo e dei relativi arredi, decise dapprima di procedere al diroccamento delle botteghe antistanti la chiesa che per tanti anni erano state utilizzate per la vendita delle vettovaglie per la festa del santo (come raccontato dalle cronache prima evidenziate); successivamente, predispose addirittura un piano per riconquistare con astuzia le stesse reliquie: gli antiochensi, con un colpo di mano, ovvero “per fatti concludenti”, al momento della ripartenza per Iglesias, circondarono la statua del Santo nel punto dove sorgeva “sa cruxi de is reliquias” e si ripresero le reliquie al grido di “Su Santu est su nostu e s’Arrelichia puru”.

A tal proposito, l’allora comandante militare della Sardegna, Alberto La Marmora, nel suo Itinerario, scrive: <<Nel 1851, allorché io avevo il comando militare dell’Isola, gli abitanti di Sant’Antioco si opposero a che le reliquie del Santo ritornassero ad Iglesias. Fecero tumulto, per cui io mandai con tutta fretta il vapore con truppa e con il Giudice istruttore: ma se nella forma avevano torto, turbando l’ordine pubblico, nel fondo avevano ragione, perché nel 1615 allorché furono trovate le reliquie, si specificò che le medesime sarebbero traslocate in Iglesias per timore della profanazione dei Saraceni, fino a che Sant’Antioco resterebbe disabitato, ora poi questo villaggio è molto popolato e può garantire dagli insulti le reliquie e dall’altra parte, dopo la conquista d’Algeri, non vi è più da temere le invasioni barbaresche.>> [fonte: www.studio87.it]

Fu proprio da tali vicende che ebbe inizio un lungo periodo di incomprensioni e divisioni fra Sant’Antioco ed Iglesias. Tali accadimenti, infatti, non vennero certamente accolti positivamente dal Capitolo della Cattedrale, il quale, oltre ad intentare subito una causa contro il comune di Sant’Antioco per il ri-ottenimento del possesso delle reliquie (in cui le due comunità si affibbiavano vicendevolmente l’appellativo di “fura Santus”), decise che da quel momento non avrebbe più partecipato alla festa in onore del Santo, né in Aprile, né in Agosto.

Prosegue, infatti, il Generale La Marmora nel suo resoconto: <<Fu intentata una lite, ed al momento che io scrivo è stata decisa in favore dei popolani, di modo che le reliquie del Santo ora riposano colà, né si fa più quello splendido accompagnamento del Capitolo e dal municipio di Iglesias.>>

Chiarisce, infine, il Delegato alla cultura, Massa: <<Dopo che le spoglie del Martire rimasero definitivamente custodite nella sua Chiesa, ad occuparsi dell’organizzazione della Sagra furono le esigue casse del comune alle quali successivamente si affiancarono comitati di cittadini quali l’Obbreria e il Circolo di Lettura. Per cui, con la fine della processione che partiva da Iglesias, col passare del tempo, la festa ha perso sempre più l’importanza che aveva sempre rivestito per il territorio e per l’intera regione, fino quasi a diventare festa della parrocchia. In questo contesto, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, la festa dedicata a Sant’Efisio (santo del capoluogo di regione e dei nobili di Cagliari), è andata a sostituire, per importanza – valutato anche il diverso impegno economico – la festa in onore di Sant’Antioco (protettore di riti e tradizioni legate al mondo agricolo, si pensi che a Aullène, in Corsica, si tiene ancora oggi durante la festa dedicata al Santo Antioco, in agosto, la fiera agricola più importante della regione).  Non dimentichiamo che anche nel Santuario della Madonna di Bonaria in Cagliari, per 225 anni, dal 1708 al 1933, erano presenti due simulacri e due cappelle dedicate a Sant’Antioco ed anche lì si svolgevano memorabili feste in onore del Protomartire di Sardegna, Antioco(*).

Sono però convinto che la nostra festa possa trovare nuovo slancio e nuova linfa vitale esclusivamente attraverso la riscoperta delle tradizioni autentiche e nella riproposizione degli avvenimenti più importanti, con grande attenzione al rigore storico e filologico.

Inoltre, oggi possiamo dire con grande gioia che quel dialogo interrottosi 163 anni fa si è finalmente riaperto, in occasione della 655ª Sagra del Santo Martire Antioco con la solenne celebrazione presieduta dal Vescovo Sua Ecc.za Mons. Giovanni Paolo Zedda, concelebrata con il Capitolo della Cattedrale e i sacerdoti della Diocesi.

Questo grande passato è il miglior futuro possibile per la comunità antiochense che si stringe intorno al suo santo e si prepara ai grandi festeggiamenti del 2015, nella ricorrenza del 400° anniversario del ritrovamento del corpo del santo, avvenuto il 18 marzo 1615.>>

(*) Per un approfondimento, Vedasi TIP n. 475 del 10.08.2013: http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2013/10/08/antioco-il-santo-venuto-dal-mare-la-grande-passione-di-roberto-lai-per-il-patrono-della-sardegna-ed-il-costante-impegno-per-la-divulgazione-della-sua-storia/.

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4 commenti

  1. Ringrazio fortemente il mio concittadino Marco Massa per lo studio e la passione che da lungo tempo ha costantemente messo a disposizione per tutti

  2. Un sentito grazie a Elisa Sodde e Massimiliano Perlato per queste gradite opportunità.
    I documenti parlano in modo chiaro e puntuale le verità storiche devono essere lette e divulgate non riscritte ed alterate. Una pillola per coloro che hanno le idee confuse, una verità per chi confonde i bisness con la storia, con pochi passaggi e sicure fonti si riesce finalmente a capire i fatti e il perchè ancora oggi, molti, erroneamente, sono convinti che sant’Efisio sia il patrono della Sardegna … quando non è neppure il patrono di Cagliari!!
    Ancora una volta Elisa hai dato un grande contributo al nostro territorio.
    Grazie a Marco e a tutti coloro che con passione si dedicano alla divulgazione della nostra storia e della nostra identità.
    Ad maiora semper

  3. Non sono d’accordo sul commento di Roberto Lay, sul fatto che sant’Efisio non sia il patrono della Sardegna. Non è certamente mai stato il patrono di Cagliari. Ma, per capire meglio il martire protettore, occorre andare alla storia dal 1652, quando la nostra isola era dominata dalla peste; al 1793 quando i francesi cercarono di invadere, non solo Cagliari ma tutta la Sardegna, così si capirà meglio il perchè i cagliaritani e tutto il popolo sardo lo considera patrono, ed è una delle carte che Cagliari metterà sul tavolo dell’Unesco per il riconoscimento di Sant’Efisio come Patrimonio Immateriale dell’Umanità.

  4. Gentilissimo Signor Ennio, lei va indietro in una storia recente, io parto un po’ più indietro nel tempo a partire dal IV d.C. quando il Vescovo Marianno di Sulci venne convocato nel concilio di Cartagine per poi attraversare due millenni di storia antica in cui nella stessa Cagliari Antioco era protagonista della Cristianità.La inviterei per capire meglio il martire protettore, del Regno Sardo "Antioco" di leggerne le fonti storiche . Il Protomartire era ed è presente in ogni dove in Sardegna ancora patrono di due diocesi, patrono e venerato in tantissime località della Sardegna . Lei cita un miracolo, la invito a leggere il processo dei Miracoli del Glorioso Sant’
    Antioco. La invito a leggere le relazioni delle visite pastorali presenti nell’archivio segreto vaticano dove S.Antioco viene indicato Sardiniae Patronus. Quest’anno noi festeggiamo la 655 Sagra la più antica della Sardegna e S. Efisio ?Certo Cagliari metterà sul tavolo dell’Unesco una bella raccomandazione politica che Antioco ( storico) e Santo e protettore del popolo Sardo non ha! Auguri,da Sardo spero che questo si avveri ma non mi parli di verità storiche nella specifica materia ne studio le fonti da anni.

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