di Annalisa Atzori
Con il Convegno tenutosi sabato 5 aprile 2014 presso la Sala del Consiglio Comunale di Verona, è stato presentato l’ultimo libro di Aldo Aledda, Interna Corporis – Anatomia di una Pubblica Amministrazione. Particolarmente significativo il fatto che sia stata concessa per l’occasione la sala del Consiglio Comunale “Renato Gozzi” Sindaco di Verona in carica dal 1975 al 1980. Presenti i Consiglieri Emeriti del Comune di Verona (presieduti da Carlo de’ Gresti), una delegazione dell’Associazione Sebastiano Satta di Verona (di cui Aledda è socio e amico da parecchi anni), per il Comune di Verona, Luca Zanotto (Presidente del Consiglio) e il Dott. Giuseppe Baratta, Vicesegretario generale e dirigente della Segreteria del Consiglio Comunale di Verona. All’apertura dei lavori, de’ Gresti ricorda il sodalizio di vecchia data tra Consiglieri Emeriti e Associazione “Sebastiano Satta”, la collaborazione tra le due realtà ha portato nel corso degli anni alla realizzazione d’importanti iniziative. Luca Zanotto dà ufficialmente il benvenuto ad Aldo Aledda, ringrazia i Consiglieri Emeriti, ricordando che proprio grazie a loro è stato realizzato un volume sulla storia della Fondazione Arena, in occasione del centenario (1913-2013): si tratta di un pezzo importante di storia della città di Verona. Maurizio Solinas racconta brevemente chi è Aldo Aledda già dirigente dell’Assessorato al Lavoro della Regione Sardegna e vice-presidente vicario UNAIE, scrittore ed esperto storico dello sport a livello europeo. Inoltre, Aledda ha già scritto di politica e di burocrazia: “La sfinge di carta” infatti, narra della burocrazia infinita nella Regione Sardegna. Una curiosità: pare che il Sindaco di una grande città dell’Italia settentrionale abbia applicato nel suo Comune una delle teorie che Aledda enuncia nella sua ultima opera. Un buon inizio. Silvano Zavetti, già assessore, ha il compito di porre le domande ai due esperti, Aledda e Baratta.
“Lei sostiene che dove esiste una buona politica c’è anche una buona burocrazia, secondo Lei quali sono i canali d’influenza tra le due?”
Aledda: “Le burocrazie sono sempre state funzionali ai governi. Fin dai tempi degli Assiro-Babilonesi i grandi sovrani, durante le loro conquiste, organizzavano delle dispute giuridiche tra i propri giuristi e quelli della città occupata. Se i giuristi stabilivano che la città non andava assoggettata, il sovrano si ritirava. Gli apparati burocratici si sviluppavano attorno ai governi, le grandi cancellerie (Parigi, Londra) avevano dei grandissimi apparati amministrativi. Il tentativo di scindere il potere politico da quello burocratico è molto dubbio. Nei grandi Comuni e nei Ministeri la parte politica è molto forte, ma nei piccoli Comuni periferici la parte del leone la fa la burocrazia. Ora, con la crisi economica, si cerca nella burocrazia il capro espiatorio, ma dimentichiamo che l’Italia è cresciuta negli anni passati pur avendo una vecchia burocrazia, questo fino agli anni novanta. Poi, la burocrazia è stata snellita, resa più trasparente, ma l’economia ha cominciato il suo periodo nero. Non c’è relazione quindi tra burocrazia e crisi … Forse con il tempo si è invece perso il senso etico, ma comunque resta un forte rapporto tra politica e burocrazia.
“Siamo convinti che nel Comune di Verona ci sia una struttura burocratica di alta cultura che poi è bloccata da scelte politiche, ad esempio per ciò che riguarda il traffico, l’edilizia, il verde pubblico. Lei ritiene che bisognerebbe far conoscere di più ai cittadini questa struttura interna, così come il suo valore?”
Baratta: “La funzione politica e quella burocratica sono contigue e a volte i due livelli si sovrappongono. Sono le scelte tecniche che vanno rese note. Dovrebbe esserci dall’esterno un maggior riconoscimento dei compiti della politica e della burocrazia. Quando cambia la politica, si tende a spazzare via tutto ciò che si era fatto prima, nel bene e nel male. Bisogna dare continuità nell’erogazione dei servizi. La politica dovrebbe dare indicazioni su -che città vuole-, la burocrazia dovrebbe vedere se ci sono gli strumenti per attuare queste scelte. Intendo dire che la politica dovrebbe dire che tipo di visione ha della sua città, la burocrazia dovrebbe avere la capacità professionale di essere al servizio della collettività”.
“Com’è oggi lo stato attuale della burocrazia?”
Aledda: “Nella Pubblica Amministrazione, tramite concorsi che fanno selezioni durissime, arrivano i più preparati in ambito professionale, arriva il meglio che possa offrire il mercato oggi. Poi però c’è uno svuotamento della professionalità, manca la formazione continua, ci si specializza in un solo settore, c’è un lento afflosciarsi, una chiusura verso le realtà esterne. Il Funzionario Pubblico in una strada vede un appalto, come non vede l’iniziativa culturale nel finanziamento a un’associazione”.
“Quando si va a votare, c’è un patto non scritto tra cittadini e burocrazia. Il cittadino deve avere la convinzione che i servizi fondamentali siano garantiti. La Dirigenza sente il fiato sul collo da parte dei cittadini?”
Baratta: “In realtà non è chiara la distinzione tra le competenze politiche e quelle burocratiche, quindi ci sono delle convinzioni sbagliate. I tempi poi cambiano le aspettative della popolazione anche. Ad esempio, quando sono entrato nell’amministrazione comunale nel 1985, c’era una visione della donna diversa da oggi, la donna rimaneva in casa con i figli piccoli, quindi gli asili nido erano ancora poco richiesti. Invece al giorno d’oggi è un servizio che il cittadino dà come essenziale. Ci vuole il coraggio di prendersi la responsabilità dei propri compiti. La politica deve avere un livello più alto di visione della società, guardando di là dall’immediato. Tappare le buche nelle strade è compito dei funzionari, non della politica. Si dovrebbe pensare a un modello di progettazione sociale. Ad esempio, se si studia lo sviluppo di un quartiere, bisognerebbe condividere il progetto con la popolazione di quella zona (anche tramite le associazioni), spiegare le scelte anche ascoltando il territorio, chiedendo un parere ai cittadini. In questo caso, il tecnico ha un ruolo fondamentale, non dovrebbe restare nel suo studio ma incontrare i cittadini. I funzionari si dimenticano che sono operatori del Comune al servizio di una popolazione. Un maggiore livello di coinvolgimento richiede però una più grande presa di coscienza”.
“Parliamo di esuberi. Con l’utilizzo dei mezzi informatici, non si potrebbe privatizzare parte dei servizi e mantenere un “cervello” pubblico centrale?”
Aledda: “Sembra semplice a dirsi. Il vero problema non sono gli esuberi, ma cosa fare! Quando c’erano le risorse, lo Stato pian piano è arrivato a occuparsi di tutto, “dalla culla alla bara”. Dovremmo tornare indietro, ridurre. E poi qualificare di più. Una struttura come la nostra, di tipo verticale, deresponsabilizza, perché c’è sempre la figura al vertice che firma. Una struttura orizzontale invece darebbe più responsabilità e il dirigente dovrebbe controllare che il sistema funzioni, che tutti facciano bene il proprio lavoro. Così, si capirebbe chi rende e chi non rende. Da studi di Harward si evince che nei prossimi anni scompariranno il 40% dei lavori attuali, tutto ciò che può essere automatizzato sparirà. Va eliminato tutto ciò che non funziona: non può essere che una Giunta emani un provvedimento e lo stesso non venga attuato perché nessuno lo firma. Oggi si discute anche di quanto dovrà essere pubblico e di quanto dovrà essere segreto d’ufficio”.
“Esistono le condizioni per ripristinare nel Comune di Verona un -ufficio studi-?”
Baratta: “Nel corso degli anni abbiamo assistito a un’eccessiva frammentazione, i singoli dirigenti sono diventati specialisti nel loro settore, ma è venuta meno la visione riunificante. Questo perché é più comodo dirigere il proprio pezzettino senza confrontarsi. Non si dovrebbe mai perdere la visione d’insieme. Adesso ci sono dei livelli di separatezza tali da far venir meno la capacità di lavorare assieme. Il portavoce del Sindaco fa un po’ il lavoro di riportare ciò che succede nei vari settori, ma non è un programmatore, è solo un comunicatore.”
“Nascono le macro aree, le città metropolitane. La nostra classe dirigente è in grado di interagire con le grandi realtà, rimanendo legata al territorio?”
Aledda: “Eliminando qualche Provincia e tagliando sulle Regioni arriveranno da queste realtà dei funzionari molto qualificati, ma non si può pensare di rimanere immobili, bisogna fare formazione. La circolazione del personale non sarà un problema”.
“Pur essendo ancora giovane, lavora per il Comune di Verona da circa 30 anni. Quali differenze ha notato in questi anni?”
Baratta: “Rispetto a 30 anni fa c’è ora una maggiore competenza professionale nei vari settori, una più grande specializzazione. Non c’è stata però una parallela crescita della consapevolezza di lavorare tutti per la stessa causa, c’è meno senso comune, meno senso di appartenenza. Si è perso per strada quello che s’intendeva fare con la privatizzazione, che doveva essere una possibilità di crescita per i burocrati. Vengono fatte delle norme che offrono enormi potenzialità, ma vengono applicate -all’italiana-. La burocrazia vuole conservare se stessa e dà attuazione alle norme nel modo più indolore possibile, non si coglie l’occasione di cambiare la produzione di servizi (ad esempio, sfruttando in minima parte quelle che sono le potenzialità dei sistemi informatici). Il cambiamento che non c’è stato è proprio questo”.
“Come vede la figura del burocrate nel futuro?”
Aledda: “Attualmente, l’età media dei funzionari è oltre i 50 anni. La burocrazia è destinata a cambiare lentamente. La società civile è strana: davanti alle telecamere, con i giornalisti, sono tutti pronti a lamentarsi dei politici, poi se si trova a faccia a faccia con il politico in questione, chiede favori … Questo è il groviglio che blocca la società, a tutti piacciono le riforme, ma solo se toccano gli altri. Adesso. O riformiamo o si muore. La burocrazia rispetta la società. Sta migliorando come qualità, perché come detto i funzionari che entrano nell’apparato sono migliori. L’intrico andrà districato con una burocrazia più trasparente. Mettere l’uomo giusto al posto giusto. Infatti, il politico fa più fatica a giostrare una persona competente nel proprio settore. Bisogna portare le informazioni dall’esterno all’interno. La mente si addormenta se non ci sono verifiche sull’operato. A 70 anni bisogna mettersi in gioco, restare al passo con la società e con quelli di 30 anni. Bisogna essere statisti, non politici, avere una visione che arriva alla prossima generazione, non solo alle prossime elezioni”.
“Rispetto a un’ipotesi di confronto -in corso d’opera-, qualche proposta per avvicinare il cittadino all’amministrazione comunale? Ad esempio, mettere dei maxi schermi durante i consigli comunali, o tenere gli stessi in teatri con un intervento del pubblico come verifica?”
Baratta: “Certo gli strumenti possono essere utili. In realtà, abbiamo già la possibilità di vedere via web le sedute del Consiglio Comunale, ma le visualizzazioni sono veramente poche … A parte quando si parla di argomenti particolari, ad esempio la crisi di un’azienda, dove intervengono i Sindacati. Bisognerebbe fare qualcosa per riportare l’ascolto del cittadino. Il cittadino interviene, dove sa di essere ascoltato. Quando in Consiglio si discute qualcosa, l’argomento è stato già pre-masticato dalla stampa, ci sono già stati dibattiti ecc perché magari un assessore ha rilasciato 15 giorni prima un’ intervista. La vera discussione non è in aula. Ci vuole sicuramente uno svecchiamento della struttura burocratica. Bisognerebbe mettere a disposizione dei cittadini la possibilità di partecipare a un dibattito in fase di preparazione di un provvedimento. Quando in passato si è chiesto alla gente di esprimersi su qualcosa, la qualità degli interventi è stata veramente molto alta, sono arrivati suggerimenti importanti. Bisognerebbe introdurre dei meccanismi che consentano ai cittadini di dire la loro. Si dovrebbe fare, come negli Stati Uniti, che viene messo in chiaro quali sono le risorse, quali gli interventi, rendicontare in corso d’opera. In fondo, si fanno interessi pubblici con soldi pubblici”.
Finita l’intervista, il pubblico in sala ha potuto fare degli interventi, delle considerazioni.
Aldo Sala, già Sindaco di Verona dal 1990 al 1993, dice che la burocrazia deve essere in grado di calare le scelte generiche (che vengono dalle norme emanate da chi comanda) a risolvere il problema del singolo individuo. Deve essere quindi una sorta di ponte tra politica e cittadino. Secondo lui, negli ultimi anni è mancata l’attenzione nel cercare la soluzione al problema del singolo, privilegiando invece la massa. E come può la burocrazia tornare a essere come dovrebbe? La percezione attuale è che non ci sia mai un funzionario pubblico che sia in grado di dare delle risposte al cittadino. Di qui l’utilità del già citato ufficio studi, da quell’idea del sindaco Gozzi che era stato molto lungimirante a riguardo.
Elisa Sodde (del CEDISE) ringrazia Aldo Aledda, che grazie ai suoi interventi riesce sempre ad aprire un mondo, anche ai più giovani. Aledda risponde che la sua formazione viene dal passato di allenatore di pallavolo, di manager sportivo. A 30 anni è entrato in politica e ha visto che tutto girava al rovescio rispetto allo sport: “I meritevoli restavano indietro, facevano strada solo gli amici dei parenti dei potenti, gli ammanicati in qualche modo. La vita politica dovrebbe essere trasparente nella comunicazione”. E fa un’ulteriore riflessione: “La politica oggi è considerata così poco credibile pur essendo potenzialmente vicinissima al pubblico (basta pensare che è di moda scrivere su Twitter o su Facebook, per i politici, anche durante le sedute in Consiglio o in Parlamento…). Così vicini e così lontani. Nel passato, i politici erano più inavvicinabili, lontani fisicamente dalla gente, sempre attorniati dai fedelissimi e dalla scorta, però capivano la gente, le reali necessità. La vera qualità del politico è quella di saper leggere in profondità le persone. Questo deriva dalla cultura. I funzionari che hanno fatto i politici hanno una marcia in più a riguardo, a patto che continuino a fare formazione. Gli uffici studi dovrebbero essere legati alle Università, in modo da garantire processi continui di formazione e cultura. Serve un progetto di riforma, la politica dei tagli, degli esuberi ecc. attuata dai vari governi non va mai in fondo al vero problema. L’apparato burocratico rimane di fatto immutato. E’ un problema di mentalità. Ci vogliono nuove visioni dei ruoli delle persone. La –performance– dell’uomo deve tornare al centro dell’amministrazione, perché ognuno esprime il massimo di se stesso quando ama quello che fa. Quindi la soluzione sarebbe nella valorizzazione dell’uomo.Ma gli input al cambiamento non possono venire solo dall’esterno, devono partire anche dall’interno, dagli stessi burocrati”.
Nei saluti finali, de’ Gresti ringrazia tutti e propone di creare un “quaderno di appunti” con tutte le riflessioni e gli spunti tratti da questo convegno. Tale quaderno sarà donato al Comune di Verona, una sorta di “utili consigli” che ci auguriamo tutti siano accolti.
Che la magnifica tela di Felice Brusasorzi campeggiante sulla parete principale della Sala Gozzi (Vittoria dei Veronesi sui Gardesani, del 1595) sotto la quale si legge: “Est justi latrix urbs haec et laudis amatrix” (E’ città che dispensa giustizia ed ama la lode) sia da testimone di questa giornata.
Pregiatissimi, personalmente e a nome del Consiglio Direttivo del Circolo Sardi Montanaru a voi tutti, “BUONA PASQUA, CON LA SPERANZA E L’AUGURIO CHE LA GIOA VI ACCOMPAGNI SEMPRE”.
desidero che riceviate i miei auguri di
Buona Pasqua