I DATI UFFICIALI DELL’ISTAT: CENTOMILA SARDI HANNO PERSO IL LAVORO NEL 2012


di Maria Letizia Pruna *

Febbraio si è chiuso con la pubblicazione degli ultimi dati Istat sul mercato del lavoro, che consentono di fare un primo bilancio del 2013. E’ stato osservato con grande preoccupazione che nell’ultimo anno in Sardegna si sono persi 43.000 posti di lavoro, ma non è così: sono più del doppio. Quasi 100.000 persone hanno perso il lavoro nel corso del 2012, e la maggior parte di loro – almeno 80.000 – non ne ha ancora trovato un altro. E’ ciò che emerge da un’analisi sulle entrate e le uscite dall’occupazione che stiamo conducendo per il nuovo Rapporto sul mercato del lavoro in Sardegna, che il Centro Studi di Relazioni Industriali dell’Università di Cagliari presenterà a maggio. I dati annuali non raccontano che cosa succede realmente nel mercato del lavoro, registrano soltanto il saldo finale di una grande quantità di movimenti in entrata e in uscita dall’occupazione o dalla disoccupazione, dietro i quali si celano cambiamenti importanti per la vita delle singole persone e per il sistema occupazionale nel suo complesso. Sappiamo che nel 2013 l’occupazione è scesa a 552.000 unità (per trovare una cifra simile dobbiamo tornare indietro almeno di 10 anni), mentre nel 2012 gli occupati erano 595.000. La differenza in un solo anno è appunto di 43.000 occupati in meno, e sappiamo che sono 21.000 uomini e 22.000 donne. Questa cifra, di per sé enorme, non rappresenta tuttavia il numero effettivo di persone che hanno perso il lavoro, ma il saldo tra quelle che lo hanno perso e quelle che lo hanno trovato. Se nel corso di un anno quasi 100.000 lavoratori e lavoratrici hanno perduto la loro occupazione, il fatto che altre 56.000 persone ne abbiano trovata una (per lo più precaria) lascia intatto il problema di chi il lavoro l’ha perso, e i numeri ci dicono che si tratta di un problema gigantesco, che dovrebbe essere conosciuto (in primo luogo) e affrontato (in secondo luogo) con tutti i mezzi possibili. Se a queste cifre aggiungiamo un numero che oscilla tra 25.000 e 30.000 lavoratori e lavoratrici in cassa integrazione e in mobilità (molti dei quali perderanno il posto di lavoro perché le aziende cui “appartengono” stanno cessando l’attività o non hanno prospettive reali di ripresa), 22.000 persone che cercano un lavoro senza averne mai avuto uno, e poco meno di 65.000 che vorrebbero un lavoro anche se non lo stanno cercando (una parte ha smesso di cercare, un’altra non ha mai cominciato), arriviamo ad un volume enorme di lavoro che manca. E’ un lavoro che manca in assoluto – che lo si cerchi o meno, che sia stato perso o mai trovato, che sia atteso o solo desiderato – perché nella vita di una persona non può non esserci il lavoro, non può esserci solo la fatica quotidiana senza il senso che il lavoro conferisce alla persona e il posto che gli attribuisce nella società. Manca molto lavoro, manca molto il lavoro, manca tutto ciò che il lavoro rappresenta: non solo un reddito (equo) ma anche un modo per essere utili e solidali, per esprimere e accrescere le proprie capacità, per stare insieme ad altri, per partecipare ad un progetto comune, per contribuire al benessere collettivo, per disporre di una propria autonomia economica, per creare qualcosa di nuovo, per dare un senso alla vita. Di fronte a questa enorme mancanza, che potremmo definire epocale perché non è mai mancato tanto lavoro (quando le donne non lavoravano erano almeno sufficienti i salari degli uomini), a cui si contrappone una abbondanza di attività e di retribuzioni concentrata in poche categorie di professionisti e alti dirigenti, si dovrebbero dispiegare risorse e strumenti fuori dall’ordinario, a ogni livello – nazionale e regionale, europeo e oltre – in uno sforzo corale per il lavoro. Anche alla nostra regione spetta di contribuire ad una proposta per creare lavoro, per redistribuirlo, per qualificarlo, per valorizzarlo, per proteggerlo. Non c’è ragionevolezza né autorevolezza, né credibilità né rispetto che un governo possa meritare senza un impegno solenne per il lavoro.

* Sardinia Post

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2 commenti

  1. E’ come essere in guerra!!!

  2. Non c’è ragionevolezza né autorevolezza, né credibilità né rispetto che un governo possa meritare senza un impegno solenne per il lavoro.

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