LE ELEZIONI REGIONALI IN SARDEGNA: TORNIAMO AI CLASSICI, ANCHE IN POLITICA! BUON LAVORO AL PRESIDENTE PIGLIARU E BUONA RIFLESSIONE AI SARDI


di Maria Adelasia Divona

Una volta ad un convegno, il referee del mio lavoro, un professore norvegese che insegnava ad Oxford, mi disse: “Signorina, è un bel lavoro creativo. Ma per favore, ritorni ad Aristotele”. Non era certo un complimento: mi stava dicendo che mi mancavano i fondamentali. Però è vero: i classici sono importanti. E ogni disciplina ha i suoi: io nella mia, ad esempio, ho Max Weber. Ad un certo punto, in “La politica come professione”, Weber parla di una qualità umana molto diffusa, la vanità, che in un politico rischia di trasformarsi in “istinto di potenza”, e quindi in autoesaltazione personale, distogliendolo dal dovere di servizio alla causa. Continua Weber, e scrive: “Vi sono infatti in ultima analisi soltanto due tipi di peccato mortale sul terreno della politica: l’assenza di una causa e – spesso, ma non sempre, si tratta della stessa cosa – la mancanza di responsabilità”.

Se non fosse passato a miglior vita già da molto, sembrerebbe che il padre della sociologia abbia trascorso gli ultimi cinque anni in Sardegna, e abbia voluto descrivere il destino di Ugo Cappellacci, peccatore condannato alla non rielezione. La causa, scrive Weber, è una questione di fede: in questo caso la fede erano la Sardegna e i Sardi, quegli stessi che in una famosa telefonata l’ex governatore sosteneva fossero il vero problema dell’Isola, e alla cui intelligenza però si era appellato nell’ultimo confronto televisivo dicendosi certo che avrebbero capito che lui aveva lavorato duro. C’è poi la questione della responsabilità, prerogativa esclusiva e personale di chi fa politica: quella degli insuccessi, che ha di volta in volta riversato su avversari politici, anche del suo stesso partito, sul governo nazionale e sull’Unione Europea, e quella che si è assunto vantando i meriti di un cambiamento profondo su temi caldi quali “fisco, burocrazia, energia, infrastrutture, trasporti, con azioni che danno conto dei risultati”, e non ultimo l’approvazione (con un colpo di mano a due giorni dal voto) del piano paesaggistico regionale privo della valutazione di impatto ambientale. Risultati, a dire il vero fallimentari, che sono stati usati dagli altri candidati nelle loro campagne elettorali per minare la vanità del governatore, che questa volta non è stato aiutato nemmeno dalla duplice discesa in terra sarda del più famoso barzellettiere italiano.

E così, intorno alle 16.30, l’uscente non ha potuto fare altro che congratularsi col nuovo governatore, Francesco Pigliaru del PD, uno che i classici, almeno quelli dell’economia, dovrebbe proprio conoscerli, nella speranza che non li usi a mo’ di clava come i suoi illustri colleghi economisti tecnici prestati al governo nazionale. Nella sezione “Detto e non fatto” del suo sito (parafrasando negativamente il papiello edito dal caro estinto a spese dei contribuenti sardi e fatto ritirare dall’AGCOM) il neo eletto ha scardinato uno per uno i risultati vantati dal suo predecessore. Dalle macerie lasciategli in eredità dovrà dunque ripartire il Presidente Pigliaru, cercando di implementare quel programma elettorale sostenuto dal 42% dei votanti che però rappresentano a mala pena un quarto degli aventi diritti al voto in Sardegna. Giova ricordare infatti che il 47,7% dei Sardi non è andato a votare e che, nel complesso, c’è stato un calo di partecipazione di 17 punti percentuali rispetto alla tornata elettorale del 2009. In realtà Pigliaru, più che un programma, nel poco tempo a disposizione (ricordate l’ingresso in corsa dopo la defenestrazione di Francesca Barracciu?) ha dato delle linee programmatiche, che dovrà in qualche modo negoziare con i capi bastone del suo partito. Al primo posto istruzione, lavoro e lotta alla burocrazia, e poi inclusione sociale, trasporti e ambiente che, lui dice, passeranno al vaglio degli strumenti di monitoraggio e valutazione delle politiche pubbliche. Già da come riuscirà a costruire la sua giunta potremo capire che direzione prenderà il programma,e che cosa dovremo aspettarci per la Sardegna.

E però anche i Sardi, tutti, dovrebbero tornare ai classici: quantomeno Emilio Lussu, Camillo Bellieni, e Francesco Ignazio Mannu. Per come sono andate queste elezioni, i Sardi hanno dimostrato ancora una volta di non saper riconoscere la propria soggettività e di non voler affermare la propria diversità, avallando invece il dipendentismo non tanto dall’Italia nazione quanto dall’Italia partitocratica, che mai come in questi anni ha trattato la Sardegna con atteggiamento coloniale. I movimenti identitari, nelle loro varie declinazioni e con le diverse proposte, non hanno trovato la sintesi di una progettualità condivisa, certificando, ora più che mai, la validità della saggezza popolare contenuta in “chentu concas, chentu berrittas”, e non riuscendo a fare breccia nei cuori e nelle teste dei Sardi, soprattutto di quelli che si sono astenuti. Per i Sardi che invece ci hanno creduto (con i dati disponibili mentre scrivo arriviamo a circa il 18% del totale dei votanti) quasi nessuna possibilità di essere rappresentati nel parlamentino isolano, grazie a una beffarda legge elettorale decisa dai consiglieri sardi rappresentanti degli interessi italiani.

Una riflessione post elettorale è quindi d’obbligo, sia per chi ha vinto sia per chi è uscito sconfitto. E tornare ai classici, soprattutto i nostri, è un buon esercizio di riflessività. Ma non perdiamoci troppo tempo: la Sardegna ha bisogno di ripartire.

 

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4 commenti

  1. obiettivo, onesto, educato, mette i puntini sulle “i”ed i trattini alle “t” e mette in guardia dall’arroganza culturale da turris eburnea, oltre a tirare le orecchie a chi si lamenta e, non votando, nulla fa per il cambiamento. questa tizia che l’ha scritto deve essere una tipetta in gamba…

  2. Chi ha vinto in Sardegna? Pigliaru o l’astensionismo? Un sardo su due va a votare. Forse la classe politica dovrebbe meditare su questi dati.

  3. Una riflessione acuta e puntuale. Non ci resta che augurare buon lavoro al nuovo presidente augurandoci che possa rappresentare la svolta che serve alla Sardegna per non andare alla deriva.

  4. Mi unisco a Mariella Cortès sia nell’esprimere i miei complimenti ad Adelasia per questa interessantissima lettura a caldo sui risultati della tornata elettorale appena conclusasi, che intende invitare tutti noi ad un’attenta riflessione; sia nella viva speranza per un futuro migliore per la Sardegna. Concordo anche con la Sig.ra Pia Deidda, quando dice che, in effetti, ha vinto l’astensionismo … ed anche questo deve far riflettere! Ma, del resto, questo dato lo sottolineava anche Adelasia, quindi, ripassiamo i classici ma, contestualmente, rimbocchiamoci le maniche: ci sarà da lavorare duro!

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