FORSE LORO CE LA FARANNO A SALVARSI DALLA CRISI: PENSIERO DI UNA GIOVANE E DI TUTTI I GIOVANI NATI NEGLI ANNI NOVANTA

nella foto, l'autrice dell'articolo


di Claudia Sarritzu *

Devo dirti una cosa, vorrei sapere cosa ne pensi. Voglio fare una cosa pazza, penserai che lo sia, voglio andare a studiare al sud, più a sud di questa isola. Voglio andare in un’altra isola, in Sicilia. Sì lo so che mi dirai che non si va a studiare nelle università del meridione, che a questo punto resti nell’Isola, o al massimo vai nel continente, non più a sud ma a nord, e non certo in un’altra isola.” Ho sorriso soprattutto quando hai specificato “E comunque Claudia, voglio andare in Sicilia perché amo Pirandello” Me lo hai detto, anzi me lo hai confessato, come se dovessi assolverti o semplicemente dirti “Se è per Pirandello ok, allora non sei pazza“. La prima volta che abbiamo parlato non ci ho fatto caso che sei nata nel 1995. Mi è scivolato addosso, ho solo letto 17 anni.

E invece io l’ho considerata una risorsa. Sopra i 20 si diventa più rigidi, ci si sceglie una parte, la recitiamo per un po’, ci crediamo anche di essere quelle persone che abbiamo scelto di diventare. Prima dei 20 si è ancora in attesa, di tutto, soprattutto di capire in chi vorremmo trasformarci. Il tuo primo articolo, mi ha dato speranza, allora la scuola insegna ancora a scrivere, allora il Liceo Classico non è un luogo per ignoranti che vogliono fare poca matematica, ma in verità sono scarsi anche in italiano (lo dico da ex studentessa del Liceo Classico).

Poi sono tornata razionale: ho capito che eri Tu brava. Punto. Che ci sei nata per scrivere, e che avevo un grande onore, o forse una grande responsabilità. “Me li fai leggere i tuoi articoli scritti per il giornale di scuola? Voglio vedere come scrivevi tu alla mia età“. Male, scrivevo male, tesoro, scrivo peggio di te anche oggi. E comunque voglio farti restare innamorata della scrittura. Perché poi senza volerlo si diventa cattivi maestri, si scaricano sui più giovani le frustrazioni, i fallimenti, si scoraggiano le aspirazioni, si cancellano i sogni. A me è successo, come a tutti quelli che hanno frequentato un corso di giornalismo, “Rinunciateci, non buttate tempo, tanto non ce la farete mai. Questo mestiere è morto”, però non ti dicono mai che a ucciderlo sono stati proprio loro, quelli che ti chiedono in nome dello Stato italiano di arrenderti, di emigrare, di sognare meno e accontentarti, di lasciare la nostra terra. “Dopo l’estate parto e ho paura, paura di non trovare persone come te che credono in me, o di aver proprio sbagliato, che poi fra qualche anno mi accorgo che ho voglia di fare altro nella vita, ho paura di fallire“. A 20 anni non si fallisce mai, forse neanche a 30 e 40. Ma a 20 proprio non succede di fallire, e poi non avere paura nelle persone che non “crederanno in te” saranno quelle che ti faranno capire cosa ami davvero, cosa vuoi davvero.

Alla tua età ero sempre arrabbiata, per tutti quelli che cercavano di fermarmi, di impormi la loro autorità, e anche dopo, anche sopra i 20 ho conosciuto molte corde, molti individui che tentavano di frenarmi di ricordarmi che alla “mia età” bisogna tenere profilo e testa bassi. Sul dire No, e non seguire questo consiglio, ci ho costruito la mia rivincita, la mia rinascita. Chi non crederà in te riuscirà a infondere nella tua indole l’energia necessaria per farcela anche fra mille cicatrici. Sfrutta la frustrazione di questo Paese e facci una vita straordinaria, prendi la loro energia negativa e realizzaci i tuoi sogni. “Farò di tutto per non deluderti“, me lo hai promesso, ma io non ho bisogno di promesse. A me non deluderai mai. Cerca di non deluderti tu. Sii fedele ai tuoi sogni.

L’ultima volta che sono venuta nella tua città, quella sera a cena, sono inciampata in una tua frase, in mezzo a un discorso hai detto che eri del “95. Mi sono fermata, ti ho guardata e ho pensato, allora esistono davvero quelli del “95? I nativi della crisi, quelli che ce la possono fare più di noi nati negli anni “80, condannati a convertire quel modello culturale con questo che ci è cascato addosso mentre compievamo 20 anni. Quando eravamo già esserini formati e condannati, alla nostalgia di quello che saremo potuti essere. Di quello che i nostri genitori ci avevano educato a immaginare.

Allora ho capito che forse non ce la faremo neppure noi a salvarci, forse 10 anni separeranno due generazione, come se in mezzo ci fosse stata la nascita di Cristo o una guerra. Voi ce la farete, noi non lo so. Ma noi dovremmo fare di tutto perché questo accada, perché voi possiate essere il futuro della Sardegna. Perché da questa storia se ne esca migliori. Si impari ad ascoltare la terra che ci ha accolti, a realizzare un modello culturale ed economico in sintonia con quello che la natura ci ha offerto.

Vorrei in futuro poter trasmettere l’amore per questo mestiere ad altre giovani donne e uomini in prossimità di affrontare l’esame di maturità che mi dicano “Ho scelto di studiare in Calabria” anzi mi piacerebbe incontrare ragazzi liguri, marchigiani, che mi scrivano “Ho scelto di studiare in Sardegna” . Vorrei non scandalizzarmi più io stessa. Vorrei smettere di convertire le mie aspettative con il numero 80 del mio decennio. Con un modello culturale morto e sepolto. Con una vita che tanto non avrò mai, perché la storia è fatta di anelli e noi ci siamo finiti in mezzo nel nodo, strozzati ma vivi, costretti a scioglierci, a trovare la soluzione, a svoltare, a intraprendere la curva, ad arrenderci al cambiamento perché il rettilineo non ci è stato concesso.

Ai candidati presidente questa volta affido, questa giovane e tutti i giovani, soprattutto quelli nati negli anni “90. Non strappate anche a loro il diritto di essere felici, di essere fieri e orgogliosi di essere nati al centro del mediterraneo.

* cagliari.globalist.it

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Un commento

  1. Francesco Laconi

    Complimenti Claudia anche se non ne hai bisogno per il tuo articolo “á fleur de peau”

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