IL DIRITTO MINERARIO IN SARDEGNA E IL CASO CARBONIA: UN APPROFONDITO SAGGIO SCRITTO DA CARLO PANIO

nella foto Carlo Panio


di Alessandro Carta

“Ritengo che ancora oggi si continui ad avere una modesta, se non scarsa, valutazione su cosa abbia rappresentato per la Sardegna l’essere terra di miniere. Se ne disconosce fin’anche la valenza socio-economica, ponendo solo l’accento su quel che è stato sottratto (o addirittura rapinato) dal nostro sottosuolo, lasciandoci, così viene detto, più poveri, mentre non si riconosce quanta civiltà europea (attraverso il lavoro operaio, la scienza giuridica, la tecnica, l’organizzazione) ci sia stata messa a disposizione. Tralasciando di predisporre, come si sarebbe dovuto, un accurato bilancio “costi-benefici. Eppure, proprio questo saggio di Panio testimonia che molto di quella civiltà internazionale (qui intesa nelle valenze più ampie) è ancora ben presente in quei nostri territori dove ancora svettano le torri metalliche dei pozzi d’estrazione. Ed è una civiltà viva, se continua ad alimentare studi, confronti, se anima dibattiti e discussioni”. Così Paolo Fadda riflette sull’epopea mineraria sarda, quasi un rimpianto o una riconsiderazione sull’abbandono prematuro della più antica attività (civiltà) industriale che la Sardegna abbia conosciuto lungo i secoli. Lo ha fatto in premessa del saggio scritto la Carlo Panio (“Storia del Diritto Minerario in Sardegna: Il caso Carbonia” ediz. Carlo Delfino).

Non si tratta del solito saggio circoscritto ad un tema o a un sito, nella fattispecie minerario. Panio, laureato in Giurisprudenza all’Università di Sassari, ha sviluppato le sue ricerche sul quadro legislativo riguardante le coltivazioni e produzioni minerarie, partendo dalle popolazioni più antiche dell’antiCristo, fino ad arrivare al periodo contemporaneo, entro il quale puntare la lente di ingrandimento su “il caso Carbonia”, città nata in funzione di una contingente necessità di materia energetica per una Nazione autarchica. “Come “terra di miniere”, scrive ancora Paolo Fadda, la Sardegna ha dietro di se una storia ultramillennaria, poiché i suoi tesori di ossidiana, di rame e d’argento rappresentarono fin dai tempi antichissimi degli allettanti obiettivi per i suoi molti visitatori e conquistatori”. E’ certo che la Sardegna, e qui il merito di Carlo Panio và ancorpiù evidenziato, sia stata la Regione italiana più mineraria e, di conseguenza, dove, meglio che altrove, il “Diritto minerario” ha trovato la più ampia applicazione. Legislazione e diritto del soprasuolo e del sottosuolo, proprietà pubblica e privata, modalità di coltivazione, tributi da versare allo Stato in cambio della concessione d’estrazione, polizia mineraria, accordi salariali e parasociali. Per non parlare dell’epoca romana imperiale quando le concessioni ai privati avvenivano dietro pagamento di tributi gestiti da “procuratores metallorum”. “Si pensa, scrive Carlo Panio, che il diritto minerario romano, così come riportato nel Codice Teodosiano (al titolo “De metallis et metallariis), che regolamentava l’attività mineraria in generale e nello specifico quella della Sardegna e Giustinianeo, prevedesse differenti principi: in primis la coltivazione delle miniere era riservata allo Stato; in secundis i privati avevano la possibilità di andare alla ricerca e di poter sfruttare i giacimenti eventualmente trovati, sia che fossero all’interno del terreno loro o di altri”.
Questi riferimenti lasciano trasparire l’unicità del lavoro sviluppato da Panio, il cui contributo va molto al di là del semplice saggio, anche perché, per quanto dato di sapere, pare che quest’opera sia allo stato attuale unica del suo genere. La corposità del lavoro in esame spazia dalla “Lex metallis dicta”, per passare alle legislazione medioevale di cui Iglesias possiede ancora un raro “Breve di Villa di Chiesa” il cui quarto capitolo è un vero e proprio ordinamento minerario. Nel “Breve di Villa di Chiesa” c’è una raccolta di norme che regolavano l’attività mineraria (nelle “fosse pisane”) e dalle quali si estraeva il prezioso argento, tanto caro ai signori della Gherardesca. Ebbene in esso sono presenti “regolamenti dell’industria estrattiva e consente di conoscere l’organizzazione del lavoro, la tecnica d’estrazione del minerale e della funzione, la delimitazione della proprietà delle fosse, gli aspetti finanziari legati alla costituzione delle società che gestivano lo sfruttamento delle miniere, le norme giurisdizionali relative a tutto il complesso minerario”. Con altrettanta puntualità Carlo Panio riporta il periodo aragonese, le leggi sabaude, quelle di Carlo Alberto, del periodo fascista, di quello repubblicano. Inoltre, altra preziosità, il lavoro è accompagnato da un’ampia dotazione iconografica documentale, con avvisi e decreti, foto sui primi cantieri minerari, utensili e macchinari usati nelle coltivazioni minerarie, nonché lo sviluppo che queste ebbero fino al secondo mezzo secolo scorso. Ma la seconda parte del saggio tratta “Il caso Carbonia”. E’ questa una città atipica, nata su progetto nel periodo fascista in funzione, come già detto, dell’esigenza di materia energetica in una fase autarchica. Oggi, a distanza di 75 anni dalla sua fondazione, Carbonia (dal 1948 al 1968 era stata la terza città della Sardegna) mantiene ancora nel suo nome (terra del carbone) il connotato più essenziale. Il saggio di Carlo Panio divide l’argomento Carbonia in due filoni: quello della città e quello della risorsa carbone, sul cui ruolo economico-sociale sono rimasti in pochi a credere, anche se l’intera popolazione non ha mai perso le speranze. La città invece, da carattere prettamente aziendalizzata, è andata via via assumendo un ruolo terziario e di servizi. Dell’originaria città rimangono ancora molti connotati, ma soprattutto la sua architettura, oggi studiata a livello internazionale, soprattutto, per la razionalità nello sfruttamento degli spazi. Del suo DNA carbonifero, invece, sopravvivono tracce documentali in quella Grande Miniera di Serbariu, divenuta nel tempo il simbolo di un’intera comunità. “Ritengo, ha spiegato Carlo Panio, che se l’attività mineraria ha prodotto tante norme legislative, evidentemente essa ha rappresentato uno spaccato socio-economico di primaria importanza. Basterebbe guardare in dietro, partendo dall’ossidiana e dalle prime fusioni dei metalli, per capire quale importanza abbia avuto la miniera e il suo prodotto minerario. Addirittura, per lunghissimo tempo, lo scandire della giornata delle famiglie era regolamentato dal sibilo della sirena che scandiva le turnazioni in galleria. E’ anche vero che per quanto le miniere sarde siano state chiuse (salvo qualche rara eccezione) ancora oggi il ricordo e la cultura mineraria resta viva e pulsante. Dalla miniera dei metalli si è passati alle miniere culturali, altrettanto importanti”.

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