LA STORIA DI ANTONIO MURA, DA SANTU LUSSURGIU A LUCERNA: E' IL PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI SARDE IN SVIZZERA

nella foto Antonio Mura


di Mariella Cortès

C’è un misto di nostalgia, un bella dose di quella tenacia tutta sarda e una grande diplomazia nel nuovo Presidente della Federazione Svizzera. Antonio Mura è l’esempio del presidente tutto d’un pezzo: deciso nelle sue scelte, amante della storia sarda e della sua Santu Lussurgiu, lasciata da adolescente ma, soprattutto, grande conoscitore di una fetta importante della nostra storia migratoria, quella in Svizzera.

Lo incontriamo, insieme all’inseparabile moglie Yvonne,  a Lucerna, una cartolina da favola sospesa nel lago dei quattro cantoni , impossibile da non amare e che, in alcuni casi, rende meno amaro il mal di Sardegna.  Davanti a noi c’è un nuovo mandato da portare avanti in un momento complesso per la vita dei circoli sardi dove, oltre a logiche politiche poco attente alle potenzialità del mondo dell’emigrazione organizzata, a contribuire allo sgretolamento c’è il disinteresse da parte degli stessi emigrati nel voler frequentare i circoli. Sarà che non c’è più quel forte desiderio di “sentirsi a casa” tipico del primo periodo, sarà che spesso ci si gode la pensione tornando nella terra natia e sarà anche che il taglio dei fondi da parte della Regione ha generato in tanti sconforto e voglia di lasciar perdere. Queste son le principali sfide che il neo  presidente si ritroverà davanti nella sua successione a Francesca Fais, dimissionaria nello scorso novembre.

Partiamo da Santu Lussurgiu, il paese che le ha dato i natali e dalla sua decisione di lasciarlo. Quali sono i primi ricordi che le vengono in mente? Chi le mise in testa di emigrare?  Mi trovavo in un periodo in cui non stavo lavorando bene: avevo appena terminato il servizio militare, per un anno ho lavorato in paese come muratore anno di scuola di muratore alla Enaip di Oristano. Mio cognato, Nanni Pische, lavorava in una impresa edile e dopo il matrimonio di  mia sorella, trasferitasi qui nel 1971, mi ha proposto di venire a lavorare in Svizzera. In paese non mi andava di studiare ma mi piaceva molto costruire. Ricordo che quando ero ancora  all’asilo delle suore, Suor Modesta  mi chiese cosa volessi fare da grande; avevo 12 anni e risposi subito: “Muratore, altrimenti me ne vado in Svizzera!”.  Fu mia sorella Elena  a dirmi che dove lavorava suo marito avevano bisogno di muratori.  L’idea era quella del: “ Vado, faccio un po’ di soldi e me ne torno a casa, mi compro un pezzo di terreno…”. Di fatto, nel primo anno di lavoratore emigrato ero riuscito a mettere da parte i soldi per comprare duemila metri di terreno a Santu Lussurgiu! L’avevo pagato due milioni delle vecchie Lire. Dopo un anno iniziai a prendere confidenza con i soldi e capì che si guadagnava bene: nel ‘71 prendevo 7 franchi e venti all’ora  mentre  in Sardegna prendevo circa mille lire al giorno. Oggi arrivi a prendere anche 35,40  franchi all’ora a seconda di vari fattori. Certo, si lavorava ogni giorno, ti alzavi tutte le mattine e partivi sia che ci fosse il sole , la pioggia, la neve che in quegli anni abbondava molto più che adesso. Il mio primo giorno di lavoro era un freddissimo mattino di febbraio. Dovevamo riparare una falegnameria distrutta da un incendio e c’era un metro di neve! Per tutta la giornata mi sono chiesto “ dove sono capitato!?” In Sardegna, specialmente a Santu Lussurgiu che si trova a 560 metri sul livello del mare, ha sempre nevicato ma non cosi tanto.  Ho tenuto duro anche perché l’orgoglio era più forte di tutto il resto.

I suoi genitori come presero la decisione di emigrare?  Nessuno dei due ne fu felice! Quando un figlio se ne va di casa è un pezzo della famiglia che manca. Son sempre rimasto in contatto con mia mamma, Antonia che, se Dio vuole,  a Gennaio del 2014 spegnerà cento candeline, le mie due carissime sorelle Elena e Chechela, che fanno tantissimo per mia madre,  alle quali voglio un bene speciale e un altro fratello che si trova a Sassari. Con mio padre le cose erano diverse: il nostro  era un rapporto uomo a uomo e oggi mi rendo conto che non esistono nè maestri, nè professori in grado di sostituire la figura di un padre.  Mia mamma mi bacchettava, mio padre mi ascoltava: era un uomo saggio colto, si vantava sempre di aver frequentato le scuole nel collegio dei Salesiani  di Don Bosco. Oggi di tutto quello esiste poco o niente. Ho dei ricordi molto belli di mio padre ed uno in particolare: quando, dopo cena, tutta la famiglia era riunita davanti “A sa ziminera”,ci metteva alla prova con le sue domande e spaziava tantissimo! Storia, geografia, matematica e scienze…era il nostro terrore notturno! Ci ha lasciati a 91 anni ma nel mio cuore vivrà per sempre.

Quali son state le maggiori difficoltà una volta arrivato in Svizzera? Quando arrivai qui ero un semplice ragazzino. E’ stato duro principalmente per la lingua; la situazione non è certo quella che vivo oggi dove posso andare ovunque, vengo capito senza problemi e sono ben inserito nel tessuto sociale svizzero. Ad aiutarmi nell’integrazione ha contribuito l’aver seguito i miei figli a scuola e in tutte le loro attività: volevo sapere dove studiavano i miei figli, chi fossero i loro insegnanti ecc.  Certamente il maggior ostacolo è stato quello della lingua. Nel ’71 il mio datore di lavoro, Karl Garovi , mi mandò a Surse dove c’era una buona  scuola per muratori. Ero giovane e lui  voleva che imparassi bene il mestiere e mi inserissi senza grossi  problemi. Puoi immaginare che bel problema!  I primi giorni non recepivo affatto  quello che dicevano. Son stato fortunato perché ho conosciuto due bravissimi insegnanti Italo – Svizzeri, Gervasi E Ghezzi.  Alla fine presi contatto con la scuola professionale degli impresari costruttori di Gordola nel Canton Ticino e cominciai una nuova vita da studente e operaio nel settore edile. Viaggiavano in inverno da Lucerna a Bellinzona col treno e in estate in macchina. Presi così il diploma di muratore e di conseguenza quello di capo muratore. Oggi rifarei tutto e subito ed è quello che predico sempre ai ragazzi che intraprendono questo bellissimo mestiere.

Gli ordini venivano impartiti in tedesco o italiano? Son stato fortunato perché il nostro capo cantiere era trevisano. Eravamo quasi tutti italiani, gli svizzeri hanno sempre cercato di far fare agli italiani questi lavori ed in particolare quello del muratore era un impiego molto richiesto. Anche il capo cantiere svizzero imparò a parlarci in italiano, diciamo che erano quasi costretti! Io, comunque, mi facevo spiegare gli ordini in tedesco e ogni sera andavo a casa di un amico per imparare nuove parole. A Sarnen frequentai altri corsi di lingua, avevo una gran voglia di imparare!

Conoscere Yvonne, sua attuale moglie  ha rappresentato una svolta, giusto? Assolutamente! Quando ho conosciuto lei, il  discorso del: “ Vado in Svizzera, mi  costruisco la casa in Sardegna e torno” non valeva più!  Abitavo a Sarnen con mia sorella e mio cognato  in un appartamento nuovo, costruito per noi dal datore di lavoro. Mia moglie, nata in Friuli, veniva a farsi la messa in piega da Natalina, un’ amica dei suoi genitori e l’ho conosciuta lì. Io suonavo la chitarra e con gli  amici del condominio  facevamo delle cantate; eravamo stonati come delle vecchie campane ma felici.  Forse quel giorno si cantava “Quel mazzolin di fiori” e c’era Mariuccia, brava donna, anche lei Friuliana, ma stonatissima, che cantava a squarciagola! Di Yvonne mi colpirono la sua intelligenza e l’incredibile bellezza che conserva ancora oggi.  Lei non mi poteva vedere: allora avevo una 128 rossa e mi piaceva correre, ero un ragazzino e lei odiava questo atteggiamento. Lei è nata in Friuli a Clauzetto  ma  ha frequentato tutte le scuole e, di fatto, è cresciuta in Svizzera. Il padre era un impresario che aveva 60-  70 operai e lavorava per conto proprio;  a me faceva rabbia vederla arrivare su quel macchinone, sempre elegante, mai scomposta, bella senza un velo di presunzione. Una sera decisi di invitarla a prendere un caffè fuori e lei, con mio grandissimo stupore accettò e prendemmo insieme un caffè svizzero  tedesco, di quelli lunghi! Yvonne aveva un posto di prestigio a Basilea e ogni venerdì uscivamo insieme finchè non è esplosa la classica  scintilla. Nel 1979, per la prima volta, venne in Sardegna e quel viaggio, di fatto, suggellò la nostra unione che dura da 33 anni.  Abbiamo avuto due splendidi figli,Sandra, medico all’ospedale cantonale di Lucerna,  e Massimo, oggi responsabile di vendita in una grande rivendita di una delle più grandi marche italiane, l’Alfa Romeo. Sono diventato nonno di due bellissimi bambini, Leandro di 7 anni e Chiara di appena 1 anno e posso dire che sono il mio orgoglio e la vita sia mia che di Yvonne.
Torniamo alla Svizzera dei primi anni della sua emigrazione. Non era l’unico sardo e, infatti, iniziava a crearsi una vera e propria comunità di sardi in Svizzera.  Già, nel  ‘92 si era formato un gruppo di sardi. A Emmerbruke, a Lucerna, non esisteva un circolo sardo prima di questo anno! C’erano circoli a Losanna, Basilea, Bodio…  uniti sotto il nome di “Lega Sarda”. Noi rilevammo i mobili, che abbiamo ancora oggi, del circolo di Chaffusen che aveva chiuso i battenti. A Lucerna, in quel periodo, c’erano 15-20 sardi.  Domenico Scala, allora presidente della Lega,  venne a trovarci e pian piano si formò, non senza problemi, il circolo di Lucerna. La gelosia e l’invidia, purtroppo, son la rovina di noi sardi! Nel nostro circolo, ahimè, imperavano al punto che non avevo nemmeno voglia di frequentarlo! Molti pretendevano che si parlasse solo in sardo altrimenti il nostro non sarebbe stato un circolo. Ma com’era possibile? C’erano galluresi che  non si capivano con i nuoresi o cagliaritani. Insomma, molte difficoltà!

Dov’era la vostra sede? Non c’era. Ci vedevamo al ponte di Emmembruke, vecchia missione cattolica; si chiamava  così per un  ponte di legno di collegamento sul fiume e, dopo l’alluvione del 2005, è stata “trasformata” nel Centro Papa Giovanni.

Come e quando è diventato presidente del Circolo? Il nostro primo presidente fu Silvio Deidda, di Gairo, sposato con una spagnola e con l’hobby della cucina! La nostra era stata, nei primi tempi, una gestione alla buona, fatta senza conoscere nessun criterio di statuto. Pian piano siamo cresciuti e nel ’94 abbiamo fatto la prima assemblea con Domenico Scala.  Abbiamo cominciato a darci le cariche e siamo andati avanti per circa due anni; poi molti di noi son tornati in Sardegna o si son trasferiti in altri cantoni o zone d’Italia. Alla fine mi proposero di diventare presidente: non lo volevo fare, in un primo momento, perché sapevo che sarei  andato incontro a tanti problemi e dispiaceri. Alla fine, accettati. Ero giovane e molto attivo e ho avuto la fortuna di conoscere delle persone più anziane che mi hanno incoraggiato e dato  ottimi consigli in particolare Salvatore,un sassarese che gestiva un ristorante sardo dove spesso diventava il nostro punto di incontro. Correva l’anno 1995 .

Quanti soci contava il circolo di Lucerna al momento del riconoscimento? In quel periodo eravamo più o meno ottanta. Mi ricordo tutto come se fosse oggi. Domenico Scala e sua moglie Laura vennero  a Lucerna  Era Agosto  e Domenico aprì  la sua valigetta e tirò  fuori un foglio dove Luca Deiana, l’allora assessore al lavoro, riconosceva a tutti gli effetti il Circolo Sardo Forza Paris di Lucerna. Al momento dell’inaugurazione, alla quale parteciparono anche Luca Deiana e sua moglie, non avevamo  ancora una sede  a Lucerna ma a  Alpnach Dorf .Con i primi contributi da parte della Regione, abbiamo iniziato a sistemare la nuova sede.

Nei primi anni di vita del Circolo che facevate? Cantavate e ballavate il ballo sardo? Arrostivate porcetti? Esatto! Era nella nostra tradizione, nei nostri costumi! Molti di noi erano pastori e appena vedevano una pecora diventavano pazzi perché ci ritrovavano la loro terra. Come a me oggi, quando mi capita di vedere un edificio dove ho lavorato mi viene da pensare: “ecco, qui c’è un pezzo della mia gioventù ,della mia vita.”  Per portare avanti le attività, inizialmente noi del direttivo  ci siamo autofinanziati, chi con  50 chi con  100 franchi. Le nostre prime attività erano di tipo socio culturale. Son venuti a trovarci diversi esponenti politici tra cui Aldo Aledda che poi pubblicò il libro sui sardi nel mondo. Tra gli argomenti di maggiore interesse c’era quello delle pensioni: molti anziani che si apprestavano a tornare in Sardegna volevano sapere come erano le pensioni in quel periodo per poter organizzare il rientro a casa e per questo abbiamo invitato molti esperti del settore. Poi, ovviamente, si facevano le feste, le feste sociali, che spesso comprendevano il famoso porcetto! Eravamo oltre cento soci ed era meraviglioso stare insieme tra musica, balli e…la mia chitarra!

Magari si dilettava anche in “su cuncordu lussurzesu”? Tu ci scherzi! Conosco molto bene su cuncordu e i suoi rappresentanti, Giovanni Ardu, Mario Corona, Graziano e Antoni Migheli. Quando hanno iniziato a cantare c’ero  pure io. Non avevamo nemmeno idea di cosa fosse un coro. Ti racconto come ebbe inizio questa storia. La sorella di Antonio Migheli  era insegnante di musica all’avviamento professionale, dove io ho fatto le scuole. Così al matrimonio della sorella di Migheli, ci mettemmo a cantare, naturalmente tutto fuori misura,  e lei ci aveva insegnato le giuste tonalità  che andavano a comporre il coro. Da buon contralto, per un ben periodo di tempo, in occasione della Pasqua rientravo a Santu Lussurgiu e mi cimentavo a  cantare, insieme a loro, i brani in gregoriano!

Insomma, la musica sarda è proprio nel suo sangue! Eh già, suono anche l’organetto e la fisarmonica. Con la  fisarmonica improvviso ma  ho fatto la scuola di organetto per un anno e mezzo. E poi, ovviamente, c’è la mia chitarra a 12 corde. Ma quando sento organetto e fisarmonica impazzisco: ascolterei musica e guarderei balli sardi per ore!

Quale e la cosa più importante che pensa di aver fatto come presidente del Circolo di Lucerna?   Sapere tenere unito un pugno di Sardi,  per quanto possibile, e cercare di diffondere e difendere  sempre e comunque la nostra identità. E’ molto difficile ma penso di essere sulla giusta strada. Ecco, se riesci ad amalgamare  un paio di cose, il tempo di darà ragione altrimenti  è inevitabile che si sfaldi.

Pensa che l’invidia di cui si parlava prima sia una delle cause di rottura?  Non è solo quella. Il punto è che noi sardi siamo diventati un pochino pantofolai. Mi capita molto spesso di  partecipare ad altre riunioni e manifestazioni di altre associazioni di emigrati italiani. I sardi non li vedi mai! Si rintanano in casa con le loro pantofole e tv e addio. Ora, quando si fanno le feste sociali ci siamo ridotti a 30, massimo 40 persone dai gloriosi  100-120 che eravamo.

In quasi vent’anni di attività quale è stata, di fatto, la prima grande difficoltà? Difficoltà ce ne son sempre e comunque. Non puoi pensar di far tutto  da solo in  un circolo: servono persone che ti aiutino, diano consigli e siano disposti a lavorar gratuitamente per un progetto comune. Devo tantissimo ad Yvonne che funge anche da segretaria del circolo ma non basta mai, il direttivo mi dà senza dubbio una grande mano  ma le problematiche organizzative,burocratiche in concomitanza con la nostra Regione ci  allontanano dai nostri progetti. Potrei continuare per ore e raccontarti molte cose che, per  voi giornalisti, sarebbe come mangiare Pane e Saba.

Come vede il discorso relativo al taglio dei fondi regionali? Spesso è questione di punti di vista: trovo  che a volte i contributi spettanti  ai circoli, dati dalla Regione siano mal utilizzati. Se la Regione vuole che un circolo esista, cammini, vada avanti con proposte di attività,  qualunque esse siano, e vuol farci ambasciatori di questa ottava meraviglia del mondo chiamata Sardegna, ha il dovere di metterci nelle più logiche condizioni di poter esercitare questo importantissimo ruolo. Non voglio certamente essere polemico ma penso che certe cose debbano esser dette. I nostri politici dovrebbero capire che non possono aspettare i mesi dopo Giugno per far arrivare i contributi a Circoli e Federazioni. Non dico che sia inutile ricevere i contributi anche a Settembre ma questo crea delle grosse difficoltà nella gestione. Chi vive in Svizzera sa benissimo di cosa parlo: gli affitti, per esempio, vanno puntualmente pagati a  fine mese se non si vuol rischiare lo sfratto e finire sotto una cattiva luce! Io ho la fortuna di poter pagare l’affitto quando voglio, a fine mese, dopo due mesi, a metà anno o fine anno. Ma non tutti i circoli hanno questa fortuna! Come fai se non hai la possibilità di pagare?

In Svizzera, secondo la sua esperienza, è possibile che un circolo riesca ad autofinanziarsi? In Svizzera non è possibile. Ci abbiamo provato con diverse iniziative ma con scarsi successi. Sta di fatto che comunque il finanziamento è al 75% , il resto devi metterlo tu. Quello che manca va portato dentro con altre attività feste, pic nic eccetera dove gioca tanto la partecipazione della gente. L’unico introito sicuro è quello delle tessere Il tesseramento costa 20 franchi e 5 vanno alla Federazione. Andare avanti così è difficile, molto difficile.

Secondo Lei la Regione “sfrutta” a dovere la presenza dei circoli? Ci si rende pienamente conto del valore aggiunto che potrebbe rappresentare la presenza di un’associazione sarda in capoluoghi europei e mondiali?  Secondo me no. Dal momento che  la Regione eroga questi  contributi,deve per  forza farli valere a pieno titolo lasciando ai Circoli e alle Federazioni il compito di promuovere e soprattutto svolgere  attività, congressi , conferenze… insomma manifestazioni di un certo spessore che abbiano prima o poi una ricaduta nella economia locale sarda. Purtroppo la situazione attuale non ci concede molte speranze,come sai al momento è tutto bloccato e ritorniamo al solito discorso.  Un circolo  non può andare avanti così! Gli stai togliendo il pane! Avere un circolo per aprire e chiudere la porta senza avere la possibilità di organizzare e svolgere le  primarie attività  è come guardare un ramo secco.  I funzionari regionali sanno benissimo che valore aggiunto rappresentiamo! Hanno partecipato a diverse manifestazioni,  ai nostri  congressi,  l’ultimo dei quali nel 2010, nel prestigioso hotel Astoria, uno dei più rinomati della bellissima città di Lucerna  ma, probabilmente, non se ne rendono ancora conto. Nel 1996 organizzammo un grande evento, “Sardegna quasi un continente”, coinvolgendo le istituzioni  di Lucerna e speravamo, visto il grosso successo, di replicare! Soprattutto in un periodo come questo, dove la necessità di destagionalizzare il turismo in Sardegna sta diventando sempre più pressante, noi dei circoli sardi potremmo dare una grossa mano d’aiuto. Purtroppo i tempi e i fondi a disposizione non son più quelli di una volta!

Parliamo invece del nuovo ruolo che ricopre: affianco alla presidenza del Circolo, da pochi mesi è a capo della Federazione Svizzera. Avrebbe  mai pensato di ricoprire questo incarico? Anche in questo caso, per raccontare è necessario dare atto al passato. Quando sei presidente di un circolo devi partecipare alle riunioni indette d al Consiglio Nazionale della Federazione. Quello è stato il primo passo.  Poi cominci a conoscere  i diversi presidenti di ogni circoli nonchè  i componenti  che ricoprono il ruolo di delegati e così di seguito. Nel  2006, mi pare,ci furono le dimissioni del vice presidente della federazione, l’amico Gianpaolo Orgulesu, di Bodio, mentre Domenico Scala ne assumeva la presidenza. Anche Francesca Fais, presidente del circolo di Losanna, si candidò come vice presidente ma, a votazioni concluse democraticamente fui eletto. Così ho iniziato a frequentare la Federazione,a conoscere meglio i circoli fino all’anno scorso. È stato un bellissimo periodo e lo è tuttora,  mi ha permesso di allargare le mie conoscenze  che altrimenti non avrei avuto la possibilità incontrare e di frequentare. Ti si  apre un mondo diverso!

A proposito di Francesca Fais, cosa ha condizionato secondo Lei la scelta di dar le dimissioni? C’era da sempre un forte attrito. Lei è una donna di grande intelligenza ma, secondo me, aveva  perso un po’ di contatto con i circoli, con i presidenti. Non ti so dire il perché. Proponeva delle idee su un binario che correva troppo veloce, idee sicuramente innovative ma lontane dai nostri ideali. Devi considerare che sia nell’ufficio di Presidenza che nel CN, la maggior parte aveva passato i 60 anni o giù di lì e perciò si creavano spesso delle divergenze. C’era poca comunicazione: da buon  presidente devi cercare un rapporto amico con tutti ed è quello che mi sono proposto di fare. Da vicepresidente a Presidente il passo è molto  breve, sempre che tu lo voglia; per me è stata quasi una prassi. L’ho fatto per amore di patria, per gli amici che ci sono e per quelli che purtroppo non ci sono più come Elena e Italino, due personaggi che hanno dato tanto per il mondo dell’emigrazione e che non dimenticheremmo mai. Ho  fatto le mie valutazioni. Non ho detto subito sì , volevo consultarmi con mia moglie, la mia consigliera speciale, che, però, non è mai stata d’accordo. Dirigere un circolo è di  per sé abbastanza impegnativo, immagina una Federazione, soprattutto in un momento difficile come quello che stiamo passando.

Quali saranno i suoi  primi impegni come Presidente di Federazione? Sicuramente quello di stabilire un rapporto stretto con i circoli, favorire la partecipazione nelle diverse sedi e migliorare la comunicazione reciproca per lavorare congiuntamente alla stesura di un calendario di attività che promuovano la Sardegna. Ho una persona speciale al mio fianco, mia moglie Yvonne e quello che negli anni è diventato un gruppo di amici fidati in grado di superare l’invidia sarda e ogni pensiero negativo. 

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

3 commenti

  1. Antonio, ti faccio i miei auguri per la tua costanza a favore della comunità sarda Svizzera, condivido le difficoltà che si vivono per portare avanti i nostri circoli sardi è lo scarso riconoscimento che se ne ha dalla Regione sarda per il nostro operato.

  2. sono molto orgogliosa di te.tua sorella Elena.Perche’so che tutto ciò che fai lo fai col cuore

  3. Graziano Picchioni

    sinceramente non capisco le sue odi e sonetti. mi sembrano scoordinati e senza significato. mi spiace. graziano

Rispondi a anna maria sechi Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *