SPIRITO DI MARE CON OMAR ONNIS E MARCELLO FOIS E I LORO LIBRI PER UNA SARDEGNA PROSSIMA E POSSIBILE CON MICHELA MURGIA

 

A Marceddì, Omar Onnis in primo piano e sullo sfondo Michela Murgia


di Sergio Portas

I pesci dello stagno di Marceddì  (“Spirito di mare”, musica teatro e arte, 13 e 14 luglio) saltano sul pelo dell’acqua per mangiarsi al volo moscerini e zanzare mentre Marcello Fois e Omar Onnis si scambiano battute. Impossibile aspettarsi una qualche polemica, una pur minima distinzione da questi nuoresi atipici, il primo è quello che potrebbe avvicinare di più lo stereotipa che li vuole ambedue in grazia di nascita: “balenti oltre misura”, e una qualche frase esasperata ed esagerata se la lascia pur sfuggire, mentre Omar sfoggia nell’argomentare una calma di tipo oxfordiano, neanche vantasse antenati venuti su in terra di Albione. Sono qui coi loro libri che demoliscono modi di dire e di pensare la sardità come il più delle volte è presentata, in salsa scipita per una pietanza francamente indigeribile, stantia, zeppa di luoghi comuni che hanno fatto il loro tempo, se mai hanno avuto dignità di rappresentare il vero, o almeno il verosimile. “Tutto quello che sai della Sardegna è falso”, scrive oggi Omar Onnis per Arkadia, e poi “In Sardegna non c’è il mare” aveva già detto con Laterza Marcello Fois giusto cinque anni fa. Michela Murgia che arriva a dibattito avviato e sarà qui a duettare con Diego De Silva, un altro che fa della sua appartenenza a una terra particolarissima , Napoli ed è tutto dire, una cifra sotterranea del suo scrivere ( vedi .”Non avevo capito niente” e “Mia suocera beve”)  ha scritto la prefazione al libro di Onnis. E non possiamo proprio sottacere che il 4 agosto a Nuoro, scioglierà il nodo della sua candidatura a presidente della regione Sardegna. Chiamando a raccolta gli indipendentisti di ogni schieramento. Lasciatemi dire che trovo questo suo tentativo ricco di possibilità e propositivo di un dibattito, finalmente diverso, da quello che avremmo dovuto ingoiare. Se il quadro politico italiota è logoro, quello sardo segue a stretto giro di posta. Il ventennio berlusconiano si sta incanalando e incanagliando verso un esito per nulla scontato: il carcere per il Cavaliere ( ancora per quanto?) che ha sin qui sgovernato il paese. Lo ha letteralmente congelato al periodo craxiano di mani pulite. Stessa classe dirigente, anzi peggiore liberata da ideologismi socialistoidi che facevano foglia di fico per ruberie di partito  d’ogni sorte. Uomini nuovi in ogni posto di potere che questo paese potesse esprimere, dai nani e ballerine alle ballerine e il bunga bunga. Chiesa e Confindustria accodate nella grande abbuffata. Si è votato per vent’anni con i telegiornali di Emilio Fede in prima serata. Dicono i giudici di primo grado che merita sette anni di carcere per  aver fatto prostituire ragazze d’ogni tipo ed età. Banche, grandi lavori di protezione civile, appalti, doppie tripli incarichi, tutto lecito e reiterato per anni. Chi non pagava tutte le tasse dovute era perchè lo Stato canaglia gli levava il sangue a mò di vampiro equitalia. Non che le cose siano terminate, i ministri del Cavaliere sono lì a riposizionare i loro uomini. Nel frattempo lo Stato rischia l’insolvenza per debiti e questo fa giusto la differenza. Continuare con la dabbenaggine dei governi dove i secessionisti della Lega Nord avevano potere di veto, e mettevano i loro a dirigere lo Stato che ambivano a disgregare (Castelli, Borghezio, Calderoli) non si può più. Per vent’anni lo si è fatto senza vergogna. E i razzismi omofobi e xenofobi si sono strutturati in generazioni d’italiani. Ogni tanto la “sinistra” spuntava un’elezione e si disfaceva poco dopo, incapace di portare a sintesi un progetto che, prima cosa da fare per ripristinare un minimo di democrazia, avrebbe dovuto sanare l’enorme conflitto di interessi e l’enorme concentrazione mediatica che consentiva al Cavaliere di foraggiarsi di fondi neri per miliardi delle vecchie lire ( vedi sentenza definitiva Mediaset). E ci sono Senatori della repubblica (Sergio de Gregorio) che hanno già messo a verbale che venivano comperati per fare il “salto della quaglia”.  Ora che ci sia un elettorato che di tutto ciò ha coscienza non lo dico io ma quei milioni di voti che sono andati ai “cinque stelle”. Non si saprà magari bene cosa vogliono fare di diverso, Il loro Beppe sarà magari colpito da sindrome bonapartistica, ma almeno tutto quello di cui prima discorrevamo è lontano dal loro procedere politico come il diavolo e l’acqua santa. Sono voti in libertà che, a torto o a ragione, difficilmente torneranno nell’ambito della cosiddetta sinistra, colpevole almeno di insipienza politica, di aver lasciato fare (La bicamerale di D’alema a simbolo di imbecillità che non può essere perdonata mai nei secoli). Fin qui il Partito Democratico ha limitato i danni con l’invenzione delle primarie. Ma le resistenze al suo interno sono feroci perchè chi ha fatto per una vita intera il “politico”, così vuole morire a costo di portarsi dietro i filistei, Sansone docet. Sel e comunisti sardisti e rossomoristi e via cantando di aprire le porte dei loro partitini alla società civile neanche ci pensano. Se li tengano tutti e continuino così, come nei vent’anni passati. E allora se Michela Murgia ci viene a dire che lei, con Progres e altri bravi nuovi ragazzi, hanno un progetto altro per la Sardegna, che come i cinque stellati grillini non solo manda tutta la classe dirigente che ci ha portato a questo bel risultato: affanculo come è giusto che sia, ma ti spiegano che la loro politica è volta a rendere la regione monda da industrie inquinanti, speculazioni edilizie, servitù militari e poligoni per missili d’ogni tipo, che nel loro programma è vietato ai leader di inchiavardarsi per decenni in posizioni di potere. Insomma che la Sardegna sovranista o indipendente che sia, con loro mai riproporrà politiche di sfascio benissimo conosciute, le abbiamo ancora dietro le spalle che premono con il loro carico di inanità. Non dovremmo quindi dare un’apertura di credito a Michela, non dovremmo credere che è un servizio alla nazione sarda quello che sta facendo. Si a Beppe Grillo e al suo progetto sfascista e tutti i dubbi per Michela e il progetto di una Repubblica sarda in divenire? Che sarà tale solo se i sardi lo vorranno? Perchè una levata di popolo vorrà lavorare a riprendersi la politica che spetta gli per antonomasia? E cosa ancora dovranno aspettare i sardi per provare ad incamminarsi in questo percorso, una volta tanto condivisibile e ambizioso. Se non ora quando? Quando quello che resta dei vecchi partiti personali completerà lo scempio in corso? Quo usque tandem Catilina abutere patienta nostra? Con i voti ai cinque stelle i sardi hanno mandato a dire che la loro pazienza si è esaurita. Col voto a Michela Murgia diranno, se lo vorranno, che la Sardegna è loro, che la vogliono diversa da come è stata negli ultimi anni d’italiota unità, che non ne vogliono sapere di una classe dirigente che si sta suicidando trascinandosi dietro posti di lavoro e equità sociale. Che questo sistema di partiti sardi clonati sul livello nazionale ha fatto tutti i danni possibili.  Di autoregolarsi non hanno la possibilità,  dovrebbero auto suicidarsi dominati come sono dai “signori della politica”, quelli che sanno il “bene della gente”, che “danno la linea” e sono rispettosi del “quadro politico”. La Murgia spariglia e spariglierà, sa parlare e scrivere bene e non ha bisogno di nulla dimostrare, né è in cerca di notorietà, anzi questo passo le inimicherà frotte di benpensanti e di specialisti del pensiero becero. Una ventata di freschezza a cui abbeverarsi col sano entusiasmo di chi vede dietro di sé solo le macerie di un procedere che ha fatto il suo tempo. Non se ne può più di partiti targati col nome del “capo”, i famigerati leader che attirano voti come il miele le api e“su muntonasciu” le mosche.  Sono andato a dare un’occhiata al manifesto politico di Progres: dice di democrazia e di non violenza, di partecipazione e responsabilità politica e civile, di pieno e effettivo multilinguismo: bello questo: ” noi siamo culturalment
e aperti, socialmente inclusivi e contrari al nazionalismo”. Michela Murgia farà da cassa di risonanza a queste parole d’ordine che parlano a tutti, quelli in Sardegna che voteranno e i sardi de “su Disterru” che faranno il tifo. Io, lo confesso, ho qualche remora a scambiare la bandiera dei mori con l’albero eradicato verde d’Arborea, ma non ho dubbi sul nuovo che sceglierei per la Sardegna se avessi residenza lì: Michela Murgia e i nuovi sardi, quelli che lo scelgono di esserlo e di diventarlo, sardi, perché aderiscono a un progetto comune di vivere nell’isola,che siano nati a Guspini o a Berchidda è solo un dettaglio.

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