I CARTELLI IN LIMBA E LA SARDOFOBIA: VIETATI I TOPONIMI BILINGUE, LO STATO LI METTE FUORI LEGGE


di Maria Adelasia Divona

Per certuni i confini della nostra grande Isola sono un limite all’immaginazione, cosicché se gli si mostrasse la luna vedrebbero solo il dito che la indica e non riuscirebbero a riempirsi della sua immensità. E’ così per quanti della loro sardità vedono solo il limite, e non la grandezza di secoli di storia e di cultura, e che messi davanti ad un atto intimidatorio reagiscono sminuendo l’importanza della questione.

Nello specifico, il riferimento è alla diatriba sui cartelli indicanti i toponimi bilingue all’ingresso e all’uscita dei Comuni sardi sollevata da una circolare del Ministero delle infrastrutture e Trasporti che impone agli enti locali di adeguarsi alla normativa statale. Tale circolare, datata 9 luglio 2013, dichiara sostanzialmente fuori legge i cartelli stradali riportanti il nome dei comuni in sardo di pari dimensioni e analoghi a quelli apposti in lingua italiana, e ne dispone la rimozione e la eventuale sostituzione con cartelli più piccoli e a sfondo marrone (quelli usati a scopo turistico, per intenderci) ledendo di fatto una serie di norme dalla Costituzione in giù che giova ricordare.

L’art. 6 della Costituzione afferma che la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. L’art.6 Cost. trova la sua esplicitazione nella L. 482/1999 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” che all’art. 2 recita: “in attuazione dell’art. 6 Cost. e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il SARDO”. Già prima del recepimento della normativa nazionale la Regione Sardegna si è dotata di una propria legge, Lr 26/1997 per la “Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna”, in cui tra gli altri, all’art. 24 vengono previsti interventi per il ripristino dei toponimi in lingua sarda.

La querelle, sollevata da una interrogazione al Ministro Lupi da parte dell’On. Mauro Pili, ha avuto tra gli internauti due ordini di proteste: da un lato chi rivendica l’uso della lingua sarda a difesa della nostra specificità storico-linguistica sancita dalla Costituzione, dall’altro chi rivendica la propria italianità spinta e richiama l’uso del solo italiano con le motivazioni più varie: 1) perché è comprensibile per ciascuno di noi; 2) perché altrimenti i turisti si perdono (sic! tra poco mi sa che non correremo neanche più quel rischio…); 3) perché l’italiano è la lingua più bella del mondo; 4) perché il sardo è una lingua ristretta senza sfumature, e via dicendo.

Credo che la questione dei cartelli evidenzi per l’ennesima volta il problema del nostro atteggiamento davanti al conclamato attentato alla nostra identità. Spesso sono stata portata a pensare che i Friulani, nelle loro rivendicazioni identitarie, abbiano una marcia in più rispetto ai Sardi, e l’ennesima dimostrazione l’ho avuta nel leggere le reazioni scomposte, più o meno popolari, degli italianisti a oltranza rispetto alla lingua da usare per i nostri toponimi. In questo articolo http://eurofurlan.wordpress.com/2013/07/26/la-friulanofobie-e-fas-mal-si-a-di-curale/ si parla di “friulanofobia” da parte dello Stato Italiano, e della recente sentenza della Corte Costituzionale che si è pronunciata contro un provvedimento nell’ambito della spending review del Governo Monti, che imponeva alle scuole di minoranza friulana di non applicare la deroga sul numero degli studenti per avere un dirigente, deroga che invece veniva concessa alle minoranze tedesche e slovene in regione. La Consulta ha ravvisato “una non giustificata discriminazione della lingua e della comunità friulana”, giacché il provvedimento statuiva un principio gerarchico tra lingue minoritarie di serie A e di serie B.

Da noi, negli scorsi giorni, si sarebbe potuto parlare di sardofobia, o di limbafobia, visti i tentativi di rivendicare la primigenia della lingua italiana sul nostro territorio. Non è così: nasciamo Sardi, in sardo, e diventiamo Italiani, assimilandone la lingua. Possiamo certamente scegliere cosa essere, ma naturalmente siamo, o meglio, dovremmo essere, bilingue (io compresa, che di sardo ho solo una competenza passiva): non è una capitis deminutio, ma un valore aggiunto, soprattutto nello sviluppo cognitivo dei bambini. Parafrasando per il sardo la chiosa dell’articolo in friulano, mi viene da dire: la sardofobia fa male, ma si può guarire. Basta informarsi, documentarsi, liberarsi di luoghi comuni e pregiudizi e applicare le leggi come dovuto. Per conoscere e adoperare più lingue. Per avere più diritti. Per essere più cittadine e cittadini, e più persone. Per essere dei Sardi consapevoli, insomma.

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5 commenti

  1. non ho mai capito il perché e il momento dell’italianizzazione dei nomi

  2. Ma NON è vero, dai, non fare disinformazione!!!! la circolare del Ministero dice una altra cosa, e cioè che i cartelli devono essere in entrambe le lingue e che non ci possono essere cartelli SOLO in sardo. E comunque la parte principale riguarda i colori dei cartelli per inizio e fine centro abitato.
    Non c’è scritto da NESSUNA parte che non si può mettere la scritta in sardo.
    Per favore, in tempi di incertezze, diamo le notizie vere.

  3. Gentile Gigi, accusarmi di fare disinformazione dopo essersi fermato al solo titolo dell’articolo non le rende onore. Il titolo di per se può apparire fuorviante perché, come spesso accade comunemente nella stampa, intende attirare l’attenzione di chi legge. In realtà, se avesse dedicato un po’ di attenzione al testo si sarebbe reso conto che da nessuna parte affermo che “non si può mettere la scritta in sardo”. Come da circolare, io scrivo che l’atto “dichiara sostanzialmente fuori legge i cartelli stradali riportanti il nome dei comuni in sardo di pari dimensioni e analoghi a quelli apposti in lingua italiana, e ne dispone la rimozione e la eventuale sostituzione con cartelli più piccoli e a sfondo marrone (quelli usati a scopo turistico, per intenderci) ledendo di fatto una serie di norme dalla Costituzione in giù”. Se poi si fosse sforzato di capire lo spirito dell’articolo, avrebbe colto che la questione dei cartelli era solo la scusa per fare una riflessione sulla questione linguistica, che personalmente considero parte integrante della nostra identità di Sardi, e che gode di una tutela costituzionale travalicata dai Sardi stessi.

  4. Ho trovato l’articolo molto interessante proprio per le riflessioni proposte. Detto questo, sarebbe così difficile scrivere in un unico cartello in entrambe le lingue? inoltre, quanti soldi si risparmierebbero?

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