LA STORIA DELLA SARDEGNA? IN BAVIERA E A VIENNA! INTERVISTA ALLA STUDIOSA TEDESCA SABINE ENDERS SULLA SUA ULTIMA PUBBLICAZIONE

Sabine Enders


a cura di Giovanni Masala

Vincenzo Bacallar Sanna, La Sardegna Paraninfa della Pace e un piano segreto per la sovranità. 1712-1714, Stoccarda 2013, a cura di Sabine Enders, traduzioni a cura di Cesarina de Montis e Giuanne Masala (www.sardinnia.it)

Il Regno di Sardegna ha bisogno di un Re, ma di un Re che possa risiedervi personalmente… poiché, senza esagerare, il Regno di Sardegna diverrebbe sicuramente, per la presenza del suo Re, un vero paradiso terrestre… «Sì, è una frase scritta da Vincenzo Bacallar Sanna nel 1714. La Sardegna, allora, era sempre stata sotto il dominio dei viceré spagnoli. E Bacallar auspicava un miglioramento della situazione economico-sociale dell’isola. Pensava, infatti, che la realtà politica della Sardegna potesse migliorare con un proprio re che risiedesse qui in terra di Sardegna».

Può essere considerata, questa frase, un primo segnale dell’ideale indipendentista della Sardegna? «No… non direi. Anche se, naturalmente, quando il re risiede nel proprio Paese, il Paese è più autonomo. Certo è che anche Giovanni Maria Angioy ha ripreso questa frase quasi cento anni dopo rispetto a Vincenzo Bacallar Sanna».

Chi era Bacallar Sanna? «È stato uno dei politici sardi di maggior spicco nel Settecento. Nato a Cagliari nel 1669 e morto come ambasciatore della Spagna all’Aia nel 1726, è stato un grande diplomatico. È lui che nel 1714 ha dato alle stampa La Sardaigne paranymphe de la paix, in lingua francese, uscito anonimo».

Che lei ha ritrovato e pubblicato per la prima volta in lingua italiana. Come ci è arrivata lei, storica dell’arte, a questo libro? «È stato un caso. Il mio primo lavoro sulla Sardegna è il libro Vedute sarde di Jacopo Amigoni (Biblioteca di Sardegna editore, Cargeghe 2007). È uno studio sugli affreschi realizzati nel 1728 dal pittore italiano in un monastero della Baviera. Tra questi affreschi, c’è anche una veduta dell’Elefante di Castelsardo, che allora non era conosciuto. È interessante perché nel Settecento erano molto rare le vedute della Sardegna, mentre ce n’erano tante del resto d’Italia, opere di stranieri che viaggiavano in tutta Europa. Insomma: l’affresco di Amigoni era già il segno tangibile di una relazione tra la Baviera e la Sardegna. Durante le ricerche, poi, mi è capitato tra le mani La Sardaigne paranymphe de la paix, un vero e proprio pamphlet… ».

Un pamphlet? «Sì, un pamphlet per sostenere il progetto di Massimiliano II Emanuele, duca e principe elettore di Baviera che ambiva al titolo di re».

E in Sardegna c’era comunque bisogno di un re per avere l’autonomia? «Sì, senza un re era soltanto il Regno di Sardegna. La Sardegna era un Regno senza re».

Gli Stati moderni non erano ancora nati, allora… «No, e non c’erano neppure i nazionalismi. La Sardegna apparteneva da quattro secoli al Regno d’Aragona. Il re d’Aragona era anche il re di Sardegna. Ma nessun re è mai venuto ad abitare in Sardegna».

Quindi, nel 1713-14 c’è stata la possibilità concreta che la Sardegna passasse nelle mani del duca di Baviera Massimiliano II Emanuele? «Sì. Dopo la guerra di successione spagnola, era in corso la conferenza di pace di Utrecht, siamo nel 1713. Con il primo protocollo era stato stabilito che Massimiliano elettore di Baviera doveva diventare re di Sardegna. Era alleato con il re di Francia Luigi XIV, durante la guerra, e il re di Francia era disposto a dargli come compenso la dignità di re, un rango più elevato rispetto al titolo di principe».

Così non è stato, tuttavia. Ma se Massimiliano fosse diventato re, sarebbe venuto a vivere qui in Sardegna? «Lui o suo figlio. Lui, durante la guerra viveva in Francia, ci è rimasto per più di dieci anni, e non voleva più ritornare in Baviera. Forse si sarebbe davvero trasferito in Sardegna, ma questa è soltanto una ipotesi. Di certo voleva dividere il suo regno, una parte tenerla per sé, l’altra per il figlio. E forse in Sardegna avrebbe mandato il figlio… chissà?».

C’era anche un piano militare, oltre che politico, per la conquista dell’isola? «Sì, un piano segreto e anche molto dettagliato. L’ho trovato nell’Archivio di Stato di Baviera. Ma le grandi diplomazie hanno preso un’altra via… Sulla Sardegna, tuttavia, c’è ancora molto da scoprire del cosiddetto periodo austriaco o austriacista. Soprattutto dai documenti che si possono trovare in Baviera e a Vienna».

Se Massimiliano fosse diventato re di Sardegna, sarebbe cambiata anche la Storia dell’Europa moderna? «No, dell’Europa non direi, ma della Sardegna certamente sì. Lui sperava molto in questo progetto, voleva diventare re con tutto il suo cuore».

Cos’è successo, invece? «La Sardegna restò in mano all’imperatore Carlo d’Asburgo fino al 1717. Subito dopo è stata riconquistata dagli spagnoli e poi, nel 1720, ceduta ai Savoia. Il sogno del principe elettore di Baviera non si avverò nonostante l’attivo sostegno di Bacallar».

Lei è così sicura che l’autore di La Sardaigne paranymphe de la paix sia Bacallar? «Questo libro è stato sempre attribuito a due autori, Vincenzo Bacallar Sanna e Jean Rousset de Missy, un francese che mai era stato in Sardegna. Nell’Archivio di Stato di Baviera ho trovato documenti inediti dai quali si evince che Bacallar Sanna ha collaborato con l’ambasciatore bavarese a Madrid, il quale a sua volta doveva preparare la presa di Sardegna per conto di Massimiliano II Emanuele. Può darsi che il libro sia stato scritto in spagnolo e poi tradotto in francese per farlo circolare fra tutti i diplomatici del congresso di Utrecht. Il francese, allora, era l’inglese di oggi».

È l’originale del libro dov’è? «Nell’Archivio di Stato di Torino esiste una versione spagnola e finora si è pensato che si tratti di una traduzione dal francese, ma potrebbe anche essere l’originale. A Stoccarda ho fatto fare un esame calligrafico sulla base di alcuni manoscritti di Bacallar: al 95% sono dello stesso autore del libro conservato a Torino».

Un libro che è anche una preziosa descrizione della Sardegna del Settecento… «Beh, in parte sì… anche se non è proprio una descrizione. È piuttosto un pamphlet, un’arringa direi… ma che comunque racconta la Sardegna e la sua gente».

Una Sardegna ora riscoperta da una tedesca che studia un pezzo di storia sconosciuta ai sardi. Come mai? «È stato soltanto un caso. Frequento la Sardegna ormai da venticinque anni… e forse mi ha presa il mal di Sardegna! Durante le mie ricerche in Baviera, poi, ho conosciuto Giuanne Masala, nuorese, docente di sardo all’università di Stoccarda e Zurigo ed editore. È a lui che ho detto “questo libro deve essere pubblicato in italiano”. E lui ha subito accettato. Io ho scritto il saggio in tedesco, lui e Cesarina de Montis hanno curato le traduzioni».

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3 commenti

  1. Virgilio Mazzei

    Che bella sorpresa! Grazie al nostro giornale TIP vedo la fotografia della mia carissima amica Sabine Enders con in mano l’inseparabile macchiana fografica. Lei non è soltanto una ricercatrice di "cose sarde": cultura, usi e costumi, angoli remoti ma suggestivi di questa nostra meravigliosa Isola, ma è soprattutto un’amante di ciò che è sardo, che sistematicamente e professionalmente immortala nelle sue fotografie, sempre splendide artisticamente perfette. Inoltre, come il libro "LA SARDEGNA PARANUNFA DELLA PACE….dimostra, è soprattutto un’ottima scrittrice. Io conosco benissimo il libro perchè mi è stato gentilmente donato dall’autrice circa un anno fa. E’ un’opera splendida che consiglio a tutti di leggere perchè, specie i sardi, potranno conoscere meglio un periodo di particolare intresse storico-politico della nostra terra. Brava Sabine. Sei una delle nostre ambasciatitrici.

  2. Virgilio Mazzei

    Mi scuso per gli errori di battitura: leggasi PARANINFA (non paranunfa); leggasi ambasciatrice (non ambasciatitrice). Mi scuso con chi legge.

  3. Grazie a Signor Mazzei, anche a nome di Sabine, dei complimenti. E ai lettori invio un breve estratto dalla prefazione di Sabine. Saludos, Giuanne Masala (www.sardinnia.it)
    PREMESSA
    I nove anni tra il 1708 e il 1717, quando la Sardegna faceva parte del regno austro-spagnolo di Carlo d’Asburgo, dal 1711 imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, non sono stati ancora studiati del tutto. I documenti d’archivio relativi a questo periodo sono molto scarsi, soprattutto nell’isola. Il libro La Sardaigne Paranymphe de la Paix (La Sardegna Paraninfa della Pace), pubblicato in francese nel 1714, potrebbe essere una chiave d’accesso a queste vicende storiche. Tuttavia, visto che l’autore anonimo viene oggigiorno quasi sempre identificato con lo scrittore francese Jean Rousset de Missy, molti storici considerarono l’opera come un esempio precoce della letteratura di viaggio sull’isola, e perciò al libro venne data poca importanza. Occorreva dunque una traduzione italiana per farlo conoscere ad un pubblico più vasto. Il libro contiene tra l’altro una suggestiva descrizione della situazione politica dell’isola fino al 1714 e nel contempo un’arringa appassionata tesa a instaurare una nuova dinastia reale nel regno di Sardegna. Dalla curatrice del volume il politico e scrittore sardo Vincenzo Bacallar Sanna viene proposto con nuovi argomenti come autore della versione originale in lingua spagnola.
    L’obiettivo del libro è la progettata sovranità della dinastia bavarese dei Wittelsbach sull’i-sola, stabilita dai politici europei nel trattato di pace di Utrecht dell’aprile 1713. Dalle lettere finora inedite dell’inviato bavarese Louis Joseph d’Albert a Madrid conservate nell’Archivio di Stato di Baviera si intravede un piano segreto: d’Albert, assieme all’esule sardo Bacallar a Madrid, progettarono la conquista della Sardegna. Il duca di Baviera Max Emanuel aspirava ad un regno ed a una corona reale per la sua casata, e i sardi filospagnoli a Madrid ambivano a un recupero e a un miglioramento dello stato deplorevole della loro isola, amministrata sino ad allora sempre da viceré stranieri. Il progetto non poté essere realizzato ma gli scrittori e i politici sardi ne discussero sino all’inizio dell’Ottocento.
    Desidero ringraziare di cuore Giuanne Masala, editore e traduttore della presente pubblicazione italiana, che con personale partecipazione e attenzione critica sin dall’inizio ha accompagnato la nascita e la crescita di questo libro, così pure Cesarina de Montis, impegnata traduttrice del libro La Sardaigne Paranymphe de la Paix dall’originale versione francese. Un particolare ringraziamento per la loro preziosa collaborazione va anche a Riccardo Cerri, Evita Santopietro, Ruben e Riva Siedner e Cecilia Tiberti. Esprimo infine la mia gratitudine alle seguenti istituzioni e a chi a loro è preposto: Soprintendenza archivistica della Sardegna a Cagliari (dott.essa Marina Valdès), l’Archivio privato Amat di San Filippo a Cagliari (Signora Gabriella Corridori Papoff), l’Archivio del Consiglio Regionale della Sardegna a Cagliari, l’Archivio Comunale di Alghero, l’Archivio di Stato di Torino e l’Archivio di Stato di Monaco di Baviera (Bayerisches Hauptstaatsarchiv München), la Biblioteca universitaria di Tubinga (Universitätsbibliothek Tübingen), la Biblioteca universitaria e la Biblioteca comunale di Sassari.
    La Ciaccia, Valledoria, Sardegna, agosto 2011 Sabine Enders

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