GIOSUE' PISTIS, DA MORGONGIORI A MENDOZA IN ARGENTINA: LA NUOVA VITA IN FALEGNAMERIA SENZA PIU' TORNARE IN SARDEGNA

Giosuè Pistis (foto A. Mannu)


di Antonio Mannu – Progetto Migrazioni

Questa pagina, già pubblicata sul quotidiano La Nuova Sardegna, nasce dal progetto: “Migrazioni – In viaggio verso i migranti di Sardegna”, un lavoro collettivo di ricerca sulla migrazione sarda. Durante lo sviluppo del progetto sono stati sinora visitati 11 paesi. “Migrazioni” è sostenuto dalla Fondazione Banco di Sardegna, dalla Provincia di Sassari, dalla Camera di Commercio Italiana negli Emirati Arabi e dalla Visual E di Sassari. Al progetto è dedicato un sito web: www.deisardinelmondo.it

«Sono arrivato in Argentina nel 1962, tramite il Cime, un organismo che si occupava di emigrazione. Al tempo, per una manodopera specializzata, c’erano molte opportunità di lavoro in diversi paesi. Io ho scelto l’Argentina». Giosuè Pistis ha quasi 80 anni, è nato infatti a Morgongiori il 5 dicembre del 1933. Quando ha appena 18 mesi muore la madre, ha 6 anni quando viene a mancare il padre. «Allora sono andato a vivere a Uras, dalla mia zia materna, insieme alle mie due sorelle, entrambe più grandi di me. Poi, nel ’51, ci siamo trasferiti a Cagliari». Nel 1962, dopo aver lavorato da falegname per quattordici anni, Giosuè parte per l’America. «Non me ne sono mai pentito, anche se mi spiace non essere riuscito a tornare almeno una volta. Qui mi sono trovato subito bene, seppure non conoscessi per niente lo spagnolo. Però molte parole mi sembravano sarde, per me imparare è stato facile, capivo tutto, mi sentivo a casa». Giosuè vive a Mendoza, si è sposato nel 1965, ha due figli, Carlo Marcelo e Osvaldo, e diversi nipoti. Una volta arrivato a Buenos Aires ha scelto lui, senza esitare, la destinazione. «Quando siamo arrivati al porto della capitale argentina ci aspettavano e mi hanno chiesto dove volevo andare. Potevo scegliere tra Cordoba, Santa Fe e Mendoza. Ho deciso per quest’ultima perché ne conoscevo il nome. Da ragazzo avevo letto il libro “Cuore” di Edmondo De Amicis dove c’è il racconto “Dagli Appennini alle Ande”, nel quale si parla di Mendoza. Quel nome mi piaceva. Ecco perché ho scelto di venire qui». Da Buenos Aires parte in bus, a Mendoza trova ad attenderlo il signor Orlando Monti. «Mi ha accompagnato in albergo, poi subito in una grande falegnameria dove ho incontrato altri italiani. Ho lavorato lì per 10 anni». Nel ’72, in società con un’altra persona, Giosuè compra le attrezzature e apre una bottega artigiana, che resta in esercizio fino al 1976, quando un colpo di Stato porta al potere il generale Videla. L’Argentina conosce una grave crisi e una severa inflazione. «È stato un periodo difficile, di grande instabilità. Acquistavi il materiale ad un prezzo, lo lavoravi, vendevi il prodotto e incassavi denaro sufficiente a comprare una decima parte di quello in cui avevi investito al principio. Non si sapeva da dove e come ricominciare. Siamo stati costretti a chiudere». Giosuè Pistis va avanti per un periodo lavorando per conto proprio, poi trova impiego in una grossa impresa e diventa il responsabile della falegnameria. «Durante la dittatura è stata dura. Non si poteva andare in giro in gruppi, manifestare era assolutamente proibito. C’era paura, perché giravano voci di persone assassinate, anche se personalmente non sono stato testimone diretto di alcun caso specifico. Ma ho saputo da altri di persone che sono sparite e mai più tornate. Qui a Mendoza si diceva che li prendevano e li buttavano dall’aereo, o dagli elicotteri, in un lago che si chiama El Carrizal». Ora invece la situazione del paese per Giosuè è decisamente più felice. A suo parere il governo attuale è uno dei migliori che l’Ar. gentina abbia mai conosciuto. «Ha dato una certa stabilità e delle opportunità a questo paese, io la penso così. Alcuni anni fa eravamo alla bancarotta e il governo precedente aveva venduto tutto: ferrovie, l’Aerolineas e la Ypf, l’azienda petrolifera di Stato. C’è stata una fase in cui i pensionati non ricevevano quanto gli spettava da mesi, perché non c’erano i soldi, e hanno anche abbassato l’ammontare delle pensioni. Questo governo ha ricomprato alcune imprese statali, ha riportato le pensioni a un livello dignitoso e oggi il paese sta vivendo un buon momento».  Nonostante non sia più tornato in Sardegna Giosuè ha ricordi vividi e netti della sua infanzia e gioventù a Uras. Racconta del periodo della guerra, delle molte famiglie cagliaritane che si erano rifugiate in paese per sfuggire al terrore dei bombardamenti. Alcune abitavano presso gli zii. «Avevano una casa grande, quindi potevano alloggiare molte persone. C’era una famiglia che in città aveva una falegnameria, un’altra che possedeva un ristorante, una che aveva un negozio di scarpe. Gente che è rimasta per due o tre anni, sino alla fine della guerra. Quand’ero ragazzo a Uras c’erano poche occasioni di svago e divertimento. Si giocava a calcio, si andava al mare in estate, dove trascorrevamo una decina di giorni, a volte due o tre settimane. C’era il cinema e la Carlo Felice passava dentro il paese, ma non c’era molto movimento perché le automobili erano poche. Però era pur sempre la strada principale della Sardegna». Giosuè ha ricordi vivissimi anche del lungo viaggio in nave verso l’Argentina, un viaggio bellissimo. «Sono partito con la Federico C, della compagnia di navigazione Giacomo Costa, una nave comodissima, speciale. Sale da pranzo, cinema, divertimento, balli, giochi, c’era di tutto. Quando abbiamo passato l’equatore è stata organizzata una grande festa. Il viaggio è durato 17 giorni, ed è stato meraviglioso. Siamo partiti da Genova, ci siamo fermati a Cannes, in Francia, abbiamo fatto una sosta di un giorno a Barcellona, poi siamo stati a Lisbona. Abbiamo attraversato l’Atlantico e fatto tappa a Rio de Janeiro, dove siamo scesi a terra ed è stata organizzata una partita di calcio tra membri dell’equipaggio e alcuni passeggeri. Dopo un’altra breve sosta in Brasile, a Santos, abbiamo raggiunto Montevideo, la capitale dell’Uruguay. Li ci siamo fermati per un paio di giorni, perché in Argentina c’era appena stato un golpe. Il presidente Arturo Ercole Frondizi era stato deposto dai militari. Abbiamo atteso che si calmassero le acque, poi finalmente abbiamo raggiunto Buenos Aires. Ed è iniziata la mia nuova vita».

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3 commenti

  1. Salve, mi chiamo Alessio, sono sardo, e vivo a Mendoza da circa 3 mesi con la mia compagna argentina. Daianna, la mia compagna, e’ nativa di Mendoza e lavora come enologa in una delle tante cantine che ci sono in questa provincia dell’Argentina.
    Io lavoro in proprio come falegname/restauratore e costruisco mobili con le botti di rovere usate che recupero dalle cantine.
    Vorrei conoscere questo signore!…qualcuno mi puo’ aiutare?…sarebbe per me un’immenso piacere poter parlare e condividere con questa persona storie di vita, di lavoro, passioni, e chissa’ magari un giorno raccontare in un vostro articolo la storia del nostro incontro.
    Spero di ricevere qualche indicazione per riuscire a rintracciare questo signore e conoscerlo di persona.
    Grazie, cordiali saluti
    Alessio Lai.

  2. Che tipo di legno si lavora in argentina per curiosità , parlo da sardo in sardegna , grazie
    avrei anche molte altre domande ma per ora mi fermo qui non essendo sicuro di ricevere risposta, in quanto l’ultimo post di @ alessio lai e di oltre un anno fa.

  3. Vorrei conoscere questo signore!…qualcuno mi puo’ aiutare?…sarebbe per me un’immenso piacere poter parlare e condividere con questa persona storie di vita,

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