HO INDAGATO SULLA SARAS E ORA VIVO IN INDIA: DAL FILM INCHIESTA "OIL", LA VICENDA DI MASSIMILIANO MAZZOTTA

di Davide Fara

Ha osato realizzare un film-inchiesta sulla Saras. Da quel momento in poi la sua vita è cambiata. Ora Massimiliano Mazzotta, salentino  trapiantato a Milano, vive a Goa, in India.  L’azienda dei Moratti l’ha citato in giudizio chiedendo un risarcimento per “danno d’immagine’. Ma ‘Oil, questo il titolo del film, è riuscito comunque a circolare attraverso i canali alternativi. E ha vinto premi importanti: al Festival ‘Cinema ambiente’ di Torino, e all’’Ecologico film festival’ di Nardò. E la Saras ha continuato a far parlare di sé. Per via di “nubi” che ogni tanto compaiono sui suoi impianti, o di denunce di privati cittadini. E nonostante la prudenza dei politici e degli amministratori sardi denunciata anche di recente da Vincenzo Migaleddu, dell’Isde (International Society Doctor for Environment),  l’Associazione dei medici per l’ambiente. Abbiamo raggiunto Mazzotta a Goa. In una lunga conversazione via Skype ci ha raccontato la sua battaglia, che ancora non è finita.

Come procede la sua causa con i Moratti? “Credo bene. Se hanno chiesto informalmente di chiudere in bonis, è certamente positivo”.

Cioè? “E’ successo che nelle varie cause civili promosse contro di me ho avuto degli esiti in sede cautelare che definiscono la mia opera ‘lecita’. Anzi descrivono il mio lavoro come fatto secondo regole ‘deontologiche congrue’. L’udienza presso il garante della privacy ha definito il mio lavoro ‘encomiabile’, ‘d’interesse pubblico nazionale’. Insomma, il contesto si è modificato rispetto a quando la Saras ha avviato l’azione”.

Cosa chiedevano? “Il sequestro del film e il risarcimento del “danno d’immagine” sostenendo che “Oil” era tendenzioso nella forma e nei contenuti. Hanno sollevato problemi sulle scelte della regia, dicendo che si violava la loro privacy e hanno anche sostenuto che alcune interviste erano state estorte con l’inganno. Mentre io ho sempre documentato i permessi e mi sono sempre presentato come giornalista d’inchiesta. Per cui il mio messaggio, ha detto il garante, non è stato distorto”.

E lei cosa chiede alla Saras? “Nulla, noi ci stiamo semplicemente difendendo. Sono loro che hanno sollevato la causa. Se la abbandonano dovranno certamente pagare i danni e le spese processuali”.

Perché anche i danni? “La mia vita è cambiata da quando ho girato ‘Oil’. Non vivo più da quando ho fatto quel film. Avevo un’attività a Porta Venezia a Milano, e sono dovuto ‘scappare’ dall’Italia. Ora vivo a Goa, in India”.

Cosa ha causato questo cambio di vita? “Sono successe delle cose ‘strane’. Che chiaramente non posso imputare ad una connessione diretta con la mia vicenda del film ‘Oil’. Ma se ti cade il soffitto della casa, ti rompono più volte la vetrina del negozio, ti portano via lo scooter, perde il tubo del common rail della macchina con il rischio che s’incendi in corsa… credo che non sia facile per nessuno convivere con queste situazioni…”

Che difficoltà ha incontrato durante la realizzazione di ‘Oil’? “Molte. È un film nato per caso, dopo una vacanza a S. Margherita di Pula. È lì che ho scoperto il colosso Saras e per me, milanese d’adozione, è stato naturale occuparmene. Ho trovato molta solidarietà da parte dei sardi. Il paese di Sarroch era diviso in due, tra chi voleva che se ne parlasse e chi intimava il silenzio. Una ragazza, Luisa, una barista, è stata cacciata dal lavoro perché ha promosso una visione pubblica nel locale. Il rapporto tra la politica e i dirigenti della Saras è strettissimo. Controllano la situazione a tutti i livelli in maniera trasversale. Per esempio, ricordo che un secondo prima della proiezione del film agli universitari di Cagliari, nella sala Cosseddu dell’Ersu (l’Ente regionale per il diritto alla studio universitario, ndr) il direttore ha bloccato tutto. La Saras allora spingeva sul fatto che c’era una causa in corso. Ma la cosa più difficile è stato portare il film ‘fuori’ dalla Sardegna.. “.

Ha sbattuto contro una grande potenza… “Hanno fatto una pulizia mentale per cui è davvero difficile parlare in termini obiettivi della questione. Hanno persino fatto realizzare un fumetto indirizzato ai bambini delle scuole elementari, dal titolo ‘Gaby alla scoperta della Saras’. Gaby è un gabbiano bianco che entra nella politica di espansione e nella filosofia del gruppo Moratti che ha invaso non solo una delle più belle zone costiere della Sardegna, il Golfo degli Angeli, ma anche la testa delle persone. Ora lo dovranno fare anche in sede giudiziaria. Non so come finirà, ma è chiaro che sarò io, questa volta, a chiedere i danni”.

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