MAX LEOPOLD WAGNER A CINQUANT'ANNI DALLA SUA SCOMPARSA: UN CONVEGNO A PISA IL 1° DICEMBRE CON L'ASSOCIAZIONE "GRAZIA DELEDDA"

 
di Simone Pisano

Il grande linguista Max Leopold Wagner morì a Washington D.C. il 14 Luglio del 1962. A cinquant’anni dalla sua morte molte delle sue opere sulla lingua sarda non sono state superate e alcune, anzi, costituiscono veri e propri capolavori della letteratura specialistica nell’ambito della linguistica romanza. A parte poche, fortunate eccezioni , manca un’adeguata, obiettiva riflessione critica sull’opera di Max Leopold Wagner che, sebbene partisse da iniziali ingenue posizioni romantiche viziate dal residuale clima positivistico nel quale si era formato, può essere considerato ancora oggi il vero fondatore della Linguistica sarda. Non si può fare a meno di pensare, credo, che se non avessimo i testi di Wagner (uno su tutti il Dizionario Etimologico Sardo) molto più frammentarie sarebbero anche le conoscenze su molte parlate sarde; conoscenze che, oggi, non solo sono un valido punto di partenza per chiunque si occupi di sardo, ma costituiscono anche uno strumento irrinunciabile per tutti gli studiosi di linguistica romanza. Molte delle “accuse” che si rivolgono oggi al linguista bavarese probabilmente cadrebbero se si cominciasse a considerare l’opera del Wagner come frutto del suo tempo. Sarebbe assai più utile vedere, come solo recentemente si è tentato di fare, quali sono stati i limiti delle indagini del Wagner che, in maniera analoga a quanto accadeva a altri grandi linguisti del periodo, era mosso da un criterio di netta demarcazione di tutto ciò che considerava realmente “sardo” tralasciando altri aspetti della realtà linguistica della Sardegna. Il Wagner ebbe scarsissimo interesse, per esempio, per le varietà galluresi e per il sassarese e non si curò mai neppure delle altre varietà alloglotte (tabarchino a Carloforte e Calasetta, catalano di Alghero) che, pure, avrebbero meritato di essere documentate attentamente, specialmente in quel momento storico. Al Wagner, d’altra parte, si deve la netta consapevolezza che il sardo sia un qualcosa d’altro rispetto alle varietà italo-romanze e che, anzi, le parlate sarde debbano essere classificate, nell’ambito del mondo neo-latino, come assolutamente autonome. Vero è che la presunta arcaicità delle parlate sarde è basata esclusivamente su fatti fonetici e lessicali, ma è anche altrettanto vero che il linguista bavarese si riproponeva di soffermarsi su due settori altrettanto interessanti della lingua, ancora oggi poco studiati: la morfologia e la sintassi. E alla morfologia dedicò un saggio (pubblicato nel 1938-1939 sulla rivista pisana L’Italia Dialettale, fondata da Clemente Merlo e oggi diretta da Franco Fanciullo) nel quale si analizza sinteticamente la morfologia verbale e nominale del sardo in una prospettiva storica e dialettologica e nel quale emerge chiaramente come, specialmente la morfologia verbale, non possa essere sbrigativamente catalogata come “arcaica” ma debba essere considerata non immune da processi di innovazione magari dovuti a fenomeni analogici interni al sistema e indipendenti da “influssi esterni”. Con questo convegno si intende dare un contributo alla conoscenza di Max Leopold Wagner anche presso i non addetti ai lavori e, soprattutto, stimolare la discussione critica intorno a questa importante figura di studioso.

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Un commento

  1. Beniamino Ghiani

    Manca il Prof. Giovanni Masala, Come mai?

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